“Di certo non aderisco al Pd del quale non condivido la politica delle riforme voluta da Renzi e sottolineo che l’ultimo congresso di Sel ha tradito quelle che erano le idee iniziali basate sulla creazione di un soggetto plurale e democratico. Se la mia posizione non coincide con quella di chi oggi rappresenta Sel, ciò deriva da diversità politiche che non ho mai nascosto”. Questo il fulcro del discorso del consigliere regionale, Giannino Romaniello, che in una conferenza stampa ha precisato le ragioni del suo voto, in Aula, a favore alla risoluzione approvata per chiedere l’impugnativa dell’art.38 dello ‘Sblocca Italia’ e le motivazioni del suo abbandono di Sel, facendo riferimento a ‘posizioni divenute ormai inconciliabili’. L’etica in politica è fondamentale e la sinistra, ora più che mai, ha bisogno di luoghi e sedi dove confrontarsi sulla base di contenuti e non di concezioni astratte e di facciata”.
“La mia sofferta decisione di abbandonare Sel, formazione politica di cui sono stato promotore, è il frutto di una decisione scaturita da un rapporto ormai logoro, sia a livello nazionale che con la direzione regionale, è l’esito di un modo diverso di fare politica. Un rapporto inconciliabile rivelatosi tale già all’epoca delle elezioni regionali con due prese di posizione nettamente differenziate: quella del partito da una parte e quella del sottoscritto sempre più caratterizzata dalla concezione che non può esistere il ‘partito personale’, il partito del leader fatto di gruppi contrapposti, non è plausibile che vi ‘sia un uomo solo al comando’. La politica ha il dovere di recepire quanto portato avanti dai movimenti e di trasformarlo in azione concreta con il confronto sul contenuto ed il merito ed analizzando le scelte compiute. L’errore strategico di Vendola è stato quello di chiudersi nel recinto che aveva costruito, consolidando ‘un gruppo di tifosi’, piuttosto che di sostenitori politici che stanno al merito delle questioni e guardano con costanza ed attenzione ai problemi centrali. Va bene l’adesione al partito anche on-line, ma la militanza resta punto fermo per un partito aperto a tutti che vuole stare tra la gente e capirne esigenze ed aspettative: democrazia e partecipazione, non testimonianza. Nell’arco di un anno – ha detto il consigliere – oltre il 40 per cento dei compagni della Basilicata hanno abbandonato Sel, avendo evidentemente visioni e ‘ambizioni’ politiche non consone con il vertice. In tanti, attraverso la rete, hanno chiesto le mie dimissioni da consigliere regionale, giustificandole con il fatto che ero stato eletto con i voti di Sel. Ebbene a costoro rispondo che la lista dei candidati era composta da persone della società civile, oltre che di Sel, e che i risultati ottenuti sono i risultati dei candidati, la scelta è stata sulla persona, lo dimostrano le 3.000 preferenze di chi ha condiviso le mie idee programmatiche”.
“Stare al merito, dunque – ha proseguito Romaniello – così come ho fatto per la questione petrolio. L’impugnativa, sia chiaro, non è una funzione taumaturgica, ma solo una parte di un problema molto più complesso, essa da sola non basta. Il presidente Pittella ha sbagliato nel trasformare il confronto in una partita di calcio, non basandosi, piuttosto, su una fase ampia e reattiva di discussione il cui punto nodale non è solo l’impugnativa. Il nodo centrale della questione è e resta quello concernente l’assioma di non cedere di un passo rispetto agli accordi precedenti circa la quantità di estrazioni. La questione primaria, quindi, resta il no all’aumento e non soltanto chi decide, Roma o Potenza. Le motivazioni che mi hanno spinto a votare sì alla risoluzione proposta per chiedere l’impugnativa è fondata su tre punti essenziali presenti nel documento: il tavolo della trasparenza, il chiedere con forza la necessità di potenziare il ruolo dell’Arpab e l’invalicabilità assoluta della soglia dei 154.000 barili”.
“Dopo l’accordo del 1998 e prima di quello del 2006, andava fatta una profonda riflessione circa la situazione che si stava delineando. La politica è stata latitante, non preoccupandosi più di tanto di ciò che stava accadendo. In previsione di una politica energetica che guardi sempre più ad una graduale fuoriuscita dal petrolio, io propongo con tutta evidenza che il 30 per cento delle risorse rivenienti dal petrolio siano utilizzate per implementare il welfare locale, garantendo il sostegno ed il diritto alla vita dei cittadini che devono trovarsi nella condizione quotidiana di poter fare la spesa. Non ho alcuna difficoltà a sottolineare come il mio pensiero è stato influenzato da quanto stabilito nel documento del Comune di Avigliano in merito alle modalità di affrontare le problematiche legate alle estrazioni ed alle possibili soluzioni meno invasive. La priorità dello sviluppo di un territorio deve essere decisa dal territorio stesso, magari con l’importante ausilio di un Piano energetico regionale. L’articolo 38 va, dunque, impugnato a meno che non vengano ripristinate le prerogative e, quindi – ha continuato Romaniello – i poteri oggi in capo alla Regione. Sempre in ossequio alla trasparenza è bene che anche le riunioni dei capigruppo consiliari vengano rese pubbliche per ben comprendere le diversità di posizioni che non sempre vengono, poi, alla luce”.
“Nell’abbandonare Sel – ha concluso Romaniello – nessun rancore, le posizioni politiche nazionali e regionali assunte, nonché i comportamenti e le dichiarazioni, sono ormai inconciliabili per cui ne traggo la necessaria decisione di uscita dal partito come già fatto da tanti altri compagni. La mia attività politica sarà sempre a sostegno delle battaglie per affermare i valori ed i diritti come ho fatto in tutti questi anni di militanza sindacale e politica. Lo farò nei luoghi e nelle sedi, non necessariamente di partito, esistendo a sinistra un vasto mondo di associazioni che sicuramente è interessato a confrontarsi nel merito delle questioni e provare a dare risposte concrete per la loro positiva risoluzione”.