L’improvviso ripensamento dell’Eni rispetto al progetto del pozzo Pergola 1 nel territorio di Marsiconuovo, sino a ieri considerato indispensabile per il programma di estrazione petrolifera in Val d’Agri, sino ad affermare che i ritardi avrebbero compromesso l’intera presenza Eni nel comprensorio, e ora incomprensibilmente considerato rinviabile, sia pure di mesi, richiede un nuovo pressing della Regione e della politica (regionale e parlamentari) perchè il Governo chiarisca la sua strategia per il settore non limitandosi ad annunci di vendita di quote societarie Eni. E’ una sollecitazione che riguarda direttamente il Presidente Pittella che a Matera ha ribadito la posizione ufficiale della Regione: oltre 154mila barili al giorno non si può andare, dopo aver respinto tutte le richieste che giacevano al dipartimento ambiente “perché non sono sostenibili” (specie le trivelle nel mar Jonio). Purtroppo a questo punto e all’interno della complessa situazione internazionale del petrolio che continua a registrare quotazioni sino a 65 dollari al barile (sui mercati Usa ha sfiorato i 60 dollari) non basta più dire semplicemente no a nuove estrazioni. Se la Basilicata – come confermato dai dati della recente assemblea annuale dell’Unione Petrolifera Italiana – resta protagonista del contesto produttivo italiano, avendo contribuito lo scorso anno per il 69% della produzione complessiva di greggio (pari a 4 mln di tonnellate, +1%) e per circa il 16% di quella di gas naturale (1,5 mld di metri cubi, +15,8%), ha il diritto-dovere di chiedere al Governo come intende procedere in attuazione dello Sblocca Italia in materia energetica e come pensa di alleviare il carico fiscale sul greggio che da noi ha raggiunto e superato i 60% del prezzo finale «con ulteriori aumenti già programmati fino al 2021 – accusano i petrolieri – per 3 miliardi di euro pari a circa 12-14 centesimi al litro in conseguenza delle clausole di salvaguardia e coperture varie già delineate”. La partita che si sta giocando sullo scacchiere mondiale del petrolio tra Paesi produttori – arabi e non – Usa, grandi compagnie, industrie di raffinazione e lobby finanziarie, rischia di “strozzare” la piccola regione petrolifera sulla quale più facilmente scaricare tensioni ed interessi internazionali. In tutto questo l’Eni deve dar conto al Governo e contestualmente a Regione e comunità locali.