“Con la Camera di Consiglio tenutasi ieri al Tar per la Basilicata è cessata l’efficacia del Decreto Presidenziale n. 43/2016 con cui era stata concessa la sospensione provvisoria dei provvedimenti emanati dalla Regione ed impugnati da Eni: pertanto le Diffide regionali hanno riacquistato efficacia ed in quanto pienamente valide devono essere ottemperate”.
Lo comunica il Dipartimento Ambiente ed Energia della Regione Basilicata.
“Al termine della discussione in Camera di Consiglio fissata per la decisione in ordine alle misure cautelari avanzate da Eni, cui ha partecipato la dirigente generale del Dipartimento Ambiente ed Energia avv. Carmen Santoro che aveva espressamente richiesto di essere audita, il Tar ha ritenuto non pronunciarsi sulla domanda cautelare ed ha comunicato che avrebbe proceduto alla emanazione di Sentenza breve.
La Regione ha fortemente evidenziato la insussistenza dei presupposti previsti dagli articoli 55 e 56 del c.p.a. “pregiudizi gravi ed irreparabili” ed “estrema gravità ed urgenza”, per la concessione della misura cautelare richiesta da Eni in quanto i presunti pregiudizi invocati dalla società ricorrente, configurabili esclusivamente in danni aziendali patrimoniali, certamente non presentano la connotazione dell’irreparabilità e devono ritenersi recessivi a fronte dei danni gravi ed irreparabili che potrebbero derivare all’ambiente e alla salute, sottolineando che l’interesse pubblico alla salute costituzionalmente garantito deve ritenersi prevalente e non può affievolirsi a fronte di interessi esclusivamente privati
La Regione ha evidenziato che il serbatoio V220-TB-001B privo di doppio fondo non garantisce la tutela e la salvaguardia ambientale e che l’ENI non ha fornito alcuna prova certa sulla integrità e sicurezza del serbatoio, tant’è che ha tentato di provare la tenuta del serbatoio con il metodo Tracer Tight”.
L’avvocato Santoro ha evidenziato che il metodo Tracer Tight è un metodo per il monitoraggio (indiretto) e non certamente una misura preventiva o risolutiva di una eventuale perdita; ne consegue che tale misura di monitoraggio non può considerarsi in alcun modo alternativa a una misura strutturale e preventiva, ovvero sostitutiva della realizzazione dei doppi fondi nel serbatoio V220-TB-001B, ragion per cui la Regione ha diffidato Eni “dall’ esercire i serbatoi privi, allo stato attuale, di doppi fondi quali V220-TB-001°/B/D garantendo la conformità dell’esercizio utilizzando esclusivamente il serbatoio V220-TB-001C che allo stato attuale risulta l’unico dotato di doppi fondi”.
Consigliere regionale Gianni Rosa (Fdi-An): “L’inquinamento al COVA c’è stato! Lo apprendiamo da una conferenza stampa. Ma noi vogliamo che Pittella venga a parlarne in Consiglio”. Di seguito la nota integrale.
L’inquinamento c’è stato! Ora si può solo salvare il salvabile. Ma queste affermazioni di Pittella, che abbiamo appreso per la prima volta in conferenza stampa poiché il Presidente ha tenuto all’oscuro il Consiglio regionale dei risultati delle analisi, non fanno altro che ingenerare altri dubbi e preoccupazioni.
Infatti, sono emerse numerose incertezze circa la distribuzione dei contaminanti nel sottosuolo: prima si parla genericamente di acque sotterranee, poi di falda acquifera. E’ coinvolta la falda? Non è coinvolta? Che rischio c’è che l’inquinante arrivi ai fiumi? I giornalisti presenti l’hanno chiesto più volte. Ma le riposte hanno evidenziato non poche esitazioni.
Poiché noi non ci accontentiamo delle mezze verità, abbiamo presentato un’interrogazione a risposta immediata al Presidente della Giunta in cui chiediamo di acquisire informazioni tecniche più precise circa la struttura idrogeologica del sottosuolo nell’area del Cova e quindi: la profondità delle acque sotterranee interessate dall’ inquinamento, l’eventuale coinvolgimento della falda acquifera, la direzione di flusso dell’inquinante.
I risultati di 7 campioni hanno rilevato una contaminazione delle acque sotterranee, con l’avvenuto superamento dei parametri di riferimento, per le concentrazioni di ferro, manganese e idrocarburi policiclici aromatici.
Continuano a rassicurarci sull’assenza di inquinamento nel Pertusillo. Gli sversamenti non avrebbero raggiunto le acque dell’invaso. E noi vogliamo crederci. Ma, con queste informazioni superficiali, come possono tranquillizzarci anche sul fatto che non sia solo questione di tempo affinché, l’ormai accertata presenza di sostanze inquinanti nell’area del Centro Olio e all’esterno del perimetro dell’impianto stesso, raggiunga l’invaso?
Noi vogliamo sapere quali misure questo Governo regionale aveva predisposto in passato per scongiurare un rischio poi, puntualmente, manifestatosi e quali misure si vogliono predisporre nell’immediato per impedire una diffusa contaminazione delle acque e dei sedimenti.
Ovviamente, secondo noi, la Regione in questi anni è rimasta immobile. Sappiamo, infatti, che solo di recente hanno scoperto una rete di drenaggio, finora sconosciuta, di cui, a distanza di settimane, non conoscono ancora la proprietà. Figurarsi se hanno mai pensato ad uno sversamento, cosa alquanto prevedibile.
Speriamo che la nostra interrogazione sia l’input che faccia riflettere il Governo regionale su come procedere per effettuare un’analisi precisa dell’inquinamento che si è verificato. Se Pittella, invece di fare come al solito e snobbare il Consiglio, glielo avremmo fatto presente prima. La mancanza di una conoscenza precisa della struttura idrogeologica del sottosuolo si traduce nella mancanza di idonei strumenti per attivare le misure di contenimento e per predire la diffusione dell’inquinante nei corpi idrici superficiali e sotterranei. Anche se questo il Governo regionale dovrebbe già saperlo. Dovrebbe.