Il capoluogo con la maggior superficie di
verde urbano è Matera con 60.236.090 metri quadrati, di cui 59.229.010
riferiti a verde storico. A seguire Roma con 48.165.476 metri
quadrati, Trento (47.991.834m2), Milano (24.993.706m2), e Torino
(19.840.807m2). Agli ultimi posti, invece, Isernia (103.957m2),
Crotone (231.735m2) e Imperia (252.950m2). È quanto emerge da un
report del Centro Studi Enti Locali (Csel) elaborato per l’Adnkronos.
Se questi dati sono condizionati anche dalla dimensione dei capoluoghi
di provincia, il capoluogo con la maggior incidenza percentuale di
densità di verde urbano è Sondrio (30,76%) seguito da Trento (30,4%) e
Monza (21,97%). Agli ultimi posti, invece, si trovano Enna (0,09%),
Caltanissetta (0,12%) e Crotone (0,13%). In totale sono 33 i
capoluoghi di provincia che hanno una incidenza percentuale di densità
di verde urbano inferiore all’1% su una media nazionale che si
stabilisce al 3,09%. Superiori al 10%, invece, sono 12 capoluoghi.
Oltre a quelli già citati, rientrano in questo ultimo gruppo Cagliari,
Gorizia, Pescara, Milano, Trieste, Pordenone, Torino, Matera e Como.
Tra i capoluoghi di Regione, è possibile osservare una differenza
marcata tra Nord e Sud. I comuni dell’Italia settentrionale, in
genere, hanno una incidenza percentuale maggiore di verde urbano sulla
superficie comunale. Quelli del Mezzogiorno, generalmente, ne hanno
una minore. All’ultimo posto di questa classifica, c’è l’Aquila con lo
0,4%. A seguire, Campobasso (1,04%), Perugia (2,32%), Bari (2,48%),
Venezia (2,65%) e Aosta (3%). Gli altri capoluoghi sono tutti sopra la
media nazionale che si attesta al 3,09%. Al primo posto si trovano
Trento (30,4%), Torino (15,26%), Trieste (14,65%), Milano (13,76%) e
Cagliari (10%). Tutti gli altri hanno percentuali comprese tra il 3% e
il 10%.
Ma di che tipo di verde urbano si tratta quello presente nei nostri
capoluoghi di Regione? Trento, il capoluogo con la densità percentuale
di verde urbano maggiore sulla superficie comunale, è coperto per il
90,5% da aree boschive; Torino, per il 42,12%, da verde storico;
Trieste, per il 33,17%, da verde incolto; Milano, per il 41,44%, da
Grandi parchi urbani. (segue)
(Lab/Labitalia)
ISSN 2499 – 3166
(Labitalia) – Rispetto alle aree verdi attrezzate, è l’Aquila (ultima
tra i capoluoghi di Regione nel rapporto tra densità di verde urbano e
superficie comunale) ad avere la percentuale più alta (79,68%). Al
secondo posto, Bari (31,48% su una densità di superficie comunale che
incide per il verde urbano nella misura del 2,48%), e Milano (28,63%).
Le aree sportive all’aperto occupano una minor superficie di verde
urbano. Fatta eccezione per Firenze, la cui superficie di aree
sportive all’aperto è del 20,24% del proprio verde urbano (che
rappresenta l’8,01% della superficie comunale), gran parte degli altri
capoluoghi (15) sono sotto il 4% (la media nazionale). All’ultimo
posto troviamo Roma con lo 0,12%.
Nonostante le criticità legate al consumo di suolo il patrimonio
ambientale italiano, seppur a rischio, è il più ricco d’Europa e tra i
primi al mondo per biodiversità. Conta anche 3.663 alberi monumentali
ai sensi della Legge n. 10/2013 e del Decreto 23 ottobre 2014. La
Regione con il maggior numero di alberi monumentali è la Sardegna con
410 esemplari, regione che purtroppo in questi giorni ha dovuto far
fronte a numerosi incendi che hanno colpito proprio alcuni dei suoi
olivastri millenari. Sul territorio sardo è presente anche l’albero
più antico: un ulivo millenario di Luras che conta quasi 4.000 anni
d’età, è alto 12 metri e ha una superficie di circa 600m2.
Oltre alla Sardegna, spicca il Friuli Venezia-Giulia con 344 alberi
monumentali, l’Abruzzo con 298 e la Lombardia. Dalla parte opposta
della classifica, la Regione con il minor numero di alberi monumentali
è la Toscana con 78 alberi monumentali seguita da Calabria (101),
Emilia-Romagna (103) e Valle d’Aosta (110). Tra i capoluoghi di
provincia italiani è la Basilicata la Regione con la media più alta
pro-capite (dati Istat riferiti al 2019) di verde urbano con 473,10
m². Staccati notevolmente, si trovano il Friuli Venezia-Giulia (34,9),
l’Umbria (21,2), l’Emilia-Romagna e il Veneto (entrambi 17,2). Agli
ultimi posti, invece, si trovano Molise (1,7) Puglia (4,4) e Liguria
(4,6). Il verde urbano dei capoluoghi di provincia è composto per il
23,2% da aree boschive, per il 21,3% da verde storico vincolato ai
sensi del Dlgs. n. 42/2004, per il 10,5% da grandi parchi urbani, per
il 10,5% da verde attrezzato, per l’8,2% da aree di arredo urbano, per
il 4% da aree sportive all’aperto, per il 3,4% da giardini scolastici,
per il 2% da cimiteri, per l’1,9% da forestazione urbana, per lo 0,4%
da orti urbani e per lo 0,2% da orti botanici. (segue)
(Lab/Labitalia)
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(Labitalia) – Nell’ultimo anno, sono stati persi mediamente più di 15
ettari al giorno, vale a dire quasi 2 metri quadrati al secondo. Dati
preoccupanti, sia dal punto di vista ambientale che per i riflessi
economici, infatti, sono recentemente emersi dal rapporto 2021 sul
‘Consumo di suolo in Italià presentato dal Sistema Nazionale per la
Protezione dell’Ambiente (Snpa). L’indagine ha rivelato che, nell’arco
dell’ultimo anno, sono stati persi 56,8 km2 di suolo (in media, più di
15 ettari al giorno) corrispondente a quasi 2 metri quadrati al
secondo. Assistiamo, quindi, a una progressiva di aree naturali e
agricole e, qualora questa tendenza non rallentasse entro il 2030,
potrebbe portare ad un costo complessivo compreso tra gli 81 e i 99
miliardi di Euro. Un costo pari a circa la metà del ‘Pnrr’ e su cui,
tuttavia, il Piano – a dispetto della forte vocazione ‘green’ – non
sembra destinato ad incidere con decisione. La questione viene
marginalmente affrontata con un generico impegno, da parte del
Governo, “ad approvare una legge sul consumo di suolo, che affermi i
principi fondamentali di riuso, rigenerazione urbana e limitazione del
consumo dello stesso, sostenendo con misure positive il futuro
dell’edilizia e la tutela e la valorizzazione dell’attività agricola”.
Gli aumenti maggiori dell’ultimo anno emersi dal rapporto di Snpa si
rilevano in Lombardia, nelle pianure del Nord e in Veneto. Tale
fenomeno resta, comunque, molto intenso lungo le coste siciliane e
della Puglia meridionale e nelle aree metropolitane di Roma, Milano,
Napoli, Bari e Bologna. Inoltre, elevati gradi di trasformazione sono
osservabili lungo quasi tutta la costa adriatica. I valori percentuali
più elevati del suolo consumato sono in Lombardia (12,08%), Veneto
(11,87%) e Campania (10,39%). A meno di 100 giorni dalla conferenza
delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Cop26 a Glasgow, stiamo
assistendo a cambiamenti climatici sempre più estremi con il rischio
di raggiungere velocemente un aumento di 1.5°C in tutto il mondo.
Scenario che implicherebbe conseguenze gravissime per i nostri
ecosistemi e la nostra vita. Da qui, la necessità di portare avanti
uno sforzo condiviso a livello mondiale per segnare passi decisi verso
una maggiore sostenibilità ambientale.
In questa direzione, rileva Csel, sono stati fatti dei passi avanti
dall’Italia rispetto al passato ma sono ancora numerose le criticità
da superare, soprattutto in certe aree del Paese. Secondo l’ultimo
rapporto Istat sul territorio (2020), l’Italia ha registrato
miglioramenti in diversi ambiti dal punto di vista ambientale,
nonostante permangano criticità relative all’inquinamento atmosferico
o al trattamento delle acque. Gran parte di questi passi in avanti è
ascrivibile sia a normative più stringenti promosse soprattutto
dall’Europa (in particolare le Direttive n. 851 e 852, 849 e 850 del
2018 recepite dall’Italia con i Decreti legislativi n. 116, 118, 119 e
221 del 2020), sia ad azioni amministrative in gran parte portate
avanti a livello locale. La salvaguardia del polmone verde è
fondamentale e, per questo, è importante preservare il verde urbano
delle nostre città.
Ago 16