Tavolo Verde Basilicata: “Lo sfasciume dell’emergenza idrica”. Di seguito i particolari.
Nonostante la Basilicata sia una regione con una capacità di invaso di circa un miliardo di metri cubi di acqua destinata a uso plurimo (potabile, agricolo, industriale, ecc.), e nonostante disponga nel sottosuolo di una riserva stimata fra 200 e 350 milioni di metri cubi, si è ridotta miseramente in un pietoso stato di emergenza idrica, al punto da non riuscire ad assicurare alle comunità nemmeno l’acqua per bere. Secondo i nostri governanti, l’unica causa sarebbe la mancanza di pioggia.
Tuttavia, questa affermazione è palesemente falsa, al punto da non convincere nemmeno i bambini delle scuole materne, che, al pari dei genitori, vivono il disagio causato dall’emergenza, aggravato anche dalla chiusura delle scuole. Una situazione degna del Terzo Mondo o di alcuni paesi dell’Africa centrale.
La verità è un’altra: se alcuni paesi della Basilicata, fra pochi giorni, si troveranno a consumare acqua prelevata dal fiume Basento, dalla qualità quantomeno dubbia, è perché il 50% delle acque invasate si perde lungo le condotte. Lo stesso discorso vale per le acque destinate al servizio irriguo, gestito dal Consorzio di Bonifica, che condivide la pessima gestione con l’Ente Acquedotto Lucano, responsabile delle risorse potabili.
Questi due enti strumentali sono ben noti come centri di potere della vecchia e nuova classe politica che, secondo un vecchio e saggio compagno di partito, “hanno dato più da mangiare che da bere ai potentini e più da indebitarsi che risollevarsi agli agricoltori delle aziende ricadenti nel comprensorio dell’ente consortile regionale lucano.”
Di fronte a questo dramma sociale ed economico, la risposta di chi gestisce la “cosa pubblica” è sempre la stessa: “Non ha piovuto e purtroppo non piove ancora. Stiamo facendo il possibile: siamo in emergenza.”
Quando Tavolo Verde Puglia e Basilicata denunciava il disservizio irriguo del Consorzio di Bonifica e le gravi perdite nelle reti idriche, comprese quelle potabili, non arrivavano risposte. Quando si rivendicava la necessità di un progetto speciale interregionale tra Puglia e Basilicata, da finanziare con i fondi del PNRR, il Governo Meloni, con un apposito decreto di fine anno, istituiva l’Agenzia delle Acque del Sud, privatizzandone in parte la gestione ed escludendo di fatto le regioni dalla gestione del “bene comune acqua”, con il tacito consenso del presidente Bardi.
Il risultato? Un’emergenza nell’emergenza, aggravata dalla limitata capacità di programmazione della Basilicata, dai lunghi tempi di progettazione e da quelli, ancora più lunghi, per la cantierizzazione delle opere.
Quando, nel mese di febbraio, si proponeva un piano di emergenza che includesse opere per la captazione delle acque sotterranee e la realizzazione di piccoli e medi invasi, anche privati e complementari ai grandi bacini, i centri di potere dell’Acquedotto Lucano e del Consorzio di Bonifica – ormai al soldo del “Generale Governatore” Bardi – rispondevano che prima o poi sarebbe piovuto e che sicuramente avrebbe aiutato il “Dio dei cieli.”
Nel frattempo, le popolazioni sono costrette a utilizzare acqua di dubbia qualità, non certificata da un ente accreditato presso il ministero competente. Allo stesso modo, l’agricoltura nelle aree irrigue, così come in altre zone, continua a soffrire questa emergenza nell’emergenza, con gravi conseguenze sui già fragili bilanci aziendali. Di contro, la Tecnoparco continua a utilizzare l’acqua del Consorzio di Bonifica per portare avanti la sua lucrosa attività, sversando nel Basento i materiali di risulta dei processi chimici.
Chissà quale sarà la qualità di quelle poche acque che, impoverite ulteriormente nella portata naturale, fluiranno verso il mare?