Raffaele Tantone, Consigliere nazionale Psi e componente della segreteria Psi Basilicata, in una nota esprime alcune valutazioni sulla contestata ” Trans adriatic pipeline”, a tutti nota come Tap. Di seguito la nota integrale.
Tantone (PSI): “Non TAPpiamoci gli occhi”. Di seguito la nota integrale
Nello scorso consiglio nazionale sono stato l’unico a votare contro un ordine del giorno presentato dai compagni pugliesi, riguardante la Trans adriatic pipeline a tutti nota come Tap.
Ho votato contro intanto perchè come la maggior parte dei membri del consiglio, ho appreso dell’esistenza di tale ordine del giorno solo nell’ultimo intervento della mattinata ed immediatamente prima di votazione.
In seguito ho riascoltato i lavori del consiglio su radio radicale(sempre preziosa), quindi le mie sensazioni iniziali sono state confermate, si tratta di un documento che sostanzialmente contiene qualche affermazione di principio buttata qua e là, sull’importanza del gas e della sicurezza energetica, inframezzata dall’utilizzo di parole come “ottuso o miserabile” per qualificare gli avversari.
Obiettivamente utilizzare tale linguaggio non contribuirà a rasserenare il clima, ma soprattutto costituisce un errore strategico per il partito, perché a prescindere da quanto abbiano torto i manifestanti, come socialisti non possiamo limitarci ad approvare incondizionatamente la Tap, “auspicando la creazione della più alta sede istituzionale possibile di confronto e verifica dei reali interessi della popolazione interessata(?)”come scritto dai redattori del testo.
Semmai da riformisti dovremmo considerare che nello stesso periodo in cui la Tap è stata pensata e costruita, cioè dal 2003 al 2016, il consumo di gas è diminuito di quasi il 20% e cioè di 14 miliardi di mc.
In secondo luogo dovremmo sforzarci di elaborare una strategia energetica che incroci le direttrici della sostenibilità territoriale e sociale, prendendo atto che la porzione di territorio che va da Melendugno (Le) a Viggiano(Pz) è larga circa 250 km, ma ospita alcuni degli impianti industriali più inquinanti d’Europa come la centrale Termoelettrica Enel di Brindisi o l’Ilva e la raffineria Eni di Taranto.
Inoltre non possiamo ignorare che nello stesso fazzoletto di terra, vi è il giacimento di idrocarburi in terraferma più grande d’Europa, posizionato al di sotto del bacino idrico che serve l’acquedotto più grande d’Europa, precisamente a Viggiano (Potenza) l’Eni produce quasi 90mila barili al giorno di petrolio, mentre la francese Total sul monte a fianco a Tempa Rossa si accinge ad estrarne altri 50mila barili, ebbene nel medesimo territorio ci sono 3 delle principali dighe che forniscono acqua agli acquedotti lucano e pugliese.
Da ultimo come socialisti dovremmo chiederci, s’è razionale costruire la Tap per importare 10 miliardi di mc di gas annui dal mar Caspio, ed allo stesso tempo costruire un oleodotto ed allungare per decreto la banchina del porto di Taranto , per permettere di esportare all’estero tramite mega petroliere quasi 30 milioni di barili del petrolio prodotto in Italia.
Orbene le contraddizioni citate, sembrano corrispondere solo a logiche improntate alla subordinazione delle risorse naturali al profitto economico di breve periodo di alcuni grandi gruppi industriali, evidenziando la mancanza di una politica economica nazionale, che contemperi gli interessi in campo in una prospettiva sociale, ambientale ed economica di medio lungo periodo.
Perché nello scontro fisiologico tra i legittimi interessi dei grandi gruppi industriali e gli interessi deboli non organizzati dei singoli cittadini, politica e istituzioni devono essere capaci di creare le condizioni per realizzare il giusto equilibrio per tutelare l’ambiente che, in estrema sintesi, è la precondizione di qualunque politica di sviluppo.
Inoltre è opportuno ricordare,come sui temi ambientali si avverte con maggiore forza la mancanza di un dibattito politico, sui limiti ed i conflitti d’interesse fra lo stato inteso come regolatore e tutore della salute dei cittadini, rispetto allo stato azionista di aziende come Eni ed Enel o di altre spa che erogano servizi pubblici.
Da ultimo, come riformisti non possiamo non confrontarci sulla necessita di modifica delle procedure normative che riguardano l’autorizzazione alla realizzazione degli impianti e delle opere impattanti, poiché quelle attuali nella sostanza non garantiscono il coinvolgimento delle popolazioni, ed inoltre gli uffici pubblici che dovrebbero controllare spesso non hanno personale adeguato ad analizzare progetti di tale complessità.
Concludo dicendo che proprio sulle procedure di Valutazione d’impatto ambientale si è provato ad intervenire con le norme approvate nel decreto Sblocca Italia, ebbene tale impostazione ha dimostrato di aver fallito, anzi ha contribuito ad aprire una falla politica per lo scorso governo, di fatti tale flusso d’opinione, da piccolo torrente qual’era prima del referendum contro le trivelle del 17 aprile 2016, è divenuto un’onda impetuosa nel referendum del 4 dicembre.
Infine mi auguro che questo breve contributo possa contribuire ad aprire un dibattito su questi temi all’interno del partito, poiché i socialisti avrebbero gli strumenti culturali e politici per elaborare soluzioni e strategie di cui l’Italia ha tremendamente bisogno.