L’energia eolica in Basilicata investe non solo il ruolo dei municipi, della Regione e dei governi, ma soprattutto gli interessi privati delle società e dei procacciatori di affari che popolano questo settore industriale. Inquietanti sono i risvolti, ancora non approfonditi ed analizzati, circa il ruolo della politica locale e regionale ponendo interrogativi sulla produzione di energia che resta tuttavia limitata ed ancora solo sulla carta. Una situazione questa, riconducibile all’uso, in gran parte speculativo, dei forti incentivi pubblici statali e regionali per realizzare gli impianti con meccanismi di finanziamento che non hanno tenuto conto della produzione energetica effettivamente realizzabile pur in assenza di velocità medie del vento che in Basilicata sono basse (uno studio dell’ENEA individuava nella regione poche località idonee all’installazione di torri eoliche). In assenza del Piano Energetico Nazionale, si è così volutamente prodotta una deregulation della programmazione regionale, cannibalizzata dalle società eoliche attraverso l’uso della carta bollata ed i ricorsi alla giustizia amministrativa. Un vero e proprio “assalto alla diligenza” dei contributi pubblici ottenuto senza preoccuparsi delle effettive ricadute per il territorio e soprattutto del potenziale di energia stimata e prodotta.
Il quadro analitico che la Ola offre alla lettura, fotografa una situazione ancora in evoluzione con una geografia della regione che subirà radicali trasformazioni nei prossimi dieci anni, attraverso il PIEAR (Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale), che prevede di realizzare una foresta di acciaio di oltre 1.600 torri eoliche, spesso ricadenti in ambiti protetti ed in zone montane rilevanti dal punto di vista paesaggistico, dopo aver abolito, su ricorso delle società eoliche, le norme regionali per il corretto inserimento dell’eolico sul territorio.
I megawatts prodotti attraverso la sola fonte eolica nei prossimi anni ( 1.500 MW) colmerebbero di oltre 8 volte il fabbisogno energetico regionale, senza considerare le altre fonti di energia. Sconcerta constatare come la programmazione regionale abbia assecondato questo disegno speculativo consentendo ad esempio di realizzare con una semplice DIA (Dichiarazione di Inizio Attività, in aggiunta agli impianti definiti di tipo industriale, impianti di 1 MW di potenza (una sola pala eolica potrebbe alimentare un comune di piccole dimensioni), senza analizzare il conseguente devastante effetto domino.
L’Osservatorio Ambientale OLAWATCH mostra come in alcuni comuni lucani siano stati previsti anche più impianti eolici. Solo apparentemente gli uffici regionali della Regione Basilicata hanno tentato di opporre “dinieghi” (vedi tabelle), soccombendo in modo scontato alla potentissima lobby eolica che riesce ad ottenere oltre 1.500 MW dei 3.447 MW totali richiesti. Cifra comunque elevatissima ove si pensi all’ubicazione degli impianti ed alla loro resa produttiva destinata a restare una “cattedrale nel deserto”. Senza entrare nel merito delle scelte di programmazione, ci limitiamo a segnalare i nomi di molte di società eoliche riportate nelle tabelle allegate che, è bene sottolineare, possono non essere quelle attualmente operanti. Nel corso di questa vicenda emerge infatti come i diritti inizialmente acquisiti da molte società (quasi sempre si tratta di srl) attraverso la concessione di terreni e di autorizzazioni regionali, siano stati venduti ad altre società più grandi o loro prestanomi. Anche questo aspetto andrebbe analizzato caso per caso, situazione per situazione, comune per comune, senza escludere che vi possano essere state condotte speculative e/o illegali. Un gioco di scatole cinesi spesso ignorato dalle visioni “fatate” di chi ancora crede che “l’energia alternativa è bella ed è buona”, perché etichettabile come pulita e sostenibile ed alternativa al nucleare, dimenticando di analizzare la produttività energetica ed economica ma soprattutto i costi sociali ed ambientali che essa comporta.