Giovedì 23 settembre 2021 le Associazioni dei consumatori della Basilicata e, fra queste anche l’ADOC di Basilicata, sono state invitate da ENI ha visitare il centro di monitoraggio GEA (Geomonitoraggi Emissioni Ambientali) del COVA di Viggiano.
Prima della visita gli esperti dell’ENI hanno illustrato, in modo esauriente e chiaro, il metodo di monitoraggio dei parametri degli inquinanti emessi dal COVA.
La quantità di dati trattati è impressionante.
Dopo l’esauriente esposizione gli esperti dell’Eni hanno risposto alle molte domande rivolte loro dai rappresentanti delle Associazioni dei consumatori. Hanno confermato la prosecuzione del progetto di monitoraggio ambientale con le api e con il coinvolgimento degli allevatori mediante collari “intelligenti” di cui sono state dotate le mucche durante la transumanza. Poi, a piccoli gruppi, i rappresentati delle associazioni hanno visitato il centro di controllo GEA.
La struttura è tecnologicamente molto avanzata, le persone impegnate nel monitoraggio sono una decina. Sui molti monitor scorrono fiumi di dati. Chiunque può rendersi conto della complessità del lavoro che viene svolto.
Tuttavia, un monitor ha attirato la nostra attenzione, il monitor con la dislocazione delle centraline di monitoraggio.
In tutto cinque quelle dell’ENI distanti dal centro del COVA circa un chilometro e mezzo e distanti circa due chilometri una dall’altra.
Il direttore del centro ci ha spiegato che ogni centralina rileva i dati in un’area molto limitata e le centraline sono disposte in modo da intercettare la direzione dei venti che spirano nella zona.
Così, incuriositi da tanta tecnologia, noi dell’ADOC di Basilicata, abbiamo chiesto se le centraline avessero mai superato i limiti di legge nell’emissione degli inquinanti, se sì, con quale frequenza e per quanto tempo.
La risposta, dopo qualche esitazione, è stata affermativa.
Ci sono picchi di emissione che superano la soglia di legge nelle emissioni di inquinanti e si verificano, in media più di 12 volte l’anno e, alcune volte, anche per alcuni giorni consecutivi.
Altro dato che ci ha colpito è stata la quantità di biossido di zolfo (SO2) immessa in atmosfera.
Sul pannello era riportata l’emissione progressiva giornaliera e segnava circa 132 kg di SO2 a metà giornata (circa l’una) quindi, nell’arco di 24 ore l’emissione (è una nostra ipotesi) dovrebbe aggirarsi intorno ad un quarto di tonnellata al giorno.
I tecnici non ci hanno indicato il raggio d’azione delle centraline lasciandoci intendere che la zona monitorata sia relativamente circoscritta e molto prossima alla centralina stessa.
Per non sbagliare noi abbiamo ipotizzato che il monitoraggio degli inquinanti potesse interessare un area con raggio di almeno 100 m dalla centralina.
Per semplicità di calcolo la nostra attenzione si è fermata al biossido di zolfo, non perché sia il più pericoloso degli inquinanti emessi dal COVA ma solo perché non ci sono stati dati i tabulati e quindi utilizziamo i soli dati che siamo riusciti a memorizzare.
Che cosa si può desumere da queste poche considerazioni?
La nostra ipotesi che il COVA emetta almeno 2 tonnellate di S02 al giorno. Banalmente se la circonferenza dell’area monitorata e di circa 9500 m e ogni centralina cattura l’emissione che si estende su 200 m della circonferenza con un valore di 52 kg di biossido di zolfo al giorno il valore da noi calcolato è vicino alla realtà.
Ovviamente, più distanti dal punto di emissione si trovano le centraline minore sarà la quantità di inquinante rilevato.
Che cosa provoca la dispersione di ossido di zolfo nell’ambiente?
Per farvi un’idea ecco cosa comporta l’esposizione prolungata al biossido di zolfo: effetti dannosi a carico dell’apparato respiratorio come tracheiti, bronchiti, polmoniti e la dispersione in atmosfera contribuisce all’acidificazione delle precipitazioni con effetti tossici sui vegetali, l’acidificazione dei corpi idrici e l’impatto nocivo sulla vita acquatica.
Abbiamo chiesto agli esperti Eni di monitorare anche le zone esenti da inquinamento del COVA per avere dati di confronto ma ci hanno risposto che non possono farlo perché non hanno la disponibilità delle aree su cui installare le centraline. Allora proponiamo all’ENI di aggiungere qualche centralina in prossimità delle fonti di emissione degli inquinanti (cioè nell’area interna al COVA) posizionate in modo da raccogliere i dati sulla reale attività dell’impianto perché, com’è ovvio, più ci si allontana dalla fonte di inquinamento più gli inquinanti si diluiscono e si disperdono nell’ambiente.
Alla fine della visita, l’ENI ci ha offerto un lunch e alcuni gadget.
Grazie di tutto ENI.