Movimento difesa del cittadino: “La produzione casalinga della salsiccia, la “lucanica”. Di seguito la nota integrale.
Una delle tradizioni ben radicata in Basilicata, la produzione casalinga della salsiccia. Molte regioni, però, se ne contendono l’origine. I milanesi sono i difensori più accaniti della Luganega (questo è il nome che danno a questo meraviglioso prodotto di salumeria): secondo una loro leggenda, fu la regina milanese Teodolinda ad inventarne la ricetta. Ma, per fortuna, ci sono Cicerone, Marziale e Varrone che ne attribuiscono a noi lucani il merito: secondo i loro scritti, la “lucanica”, introdotta a Roma dalle schiave lucane, era una carne tritata, insaccata in un budello, così chiamata perché i soldati avevano imparato come prepararla proprio dai lucani. Successivamente, Apicio fornì una ricetta per prepararla e, da allora, “lucanica”o luganega divenne sinonimo di “salsiccia”. Bene, dopo aver spiegato il perché la chiamo lucanica e non salsiccia, andiamo a presentare le caratteristiche di quella prodotta in Basilicata. La nostra salsiccia lucana viene prodotta dalla spalla dei suini allevati in forma casareccia. La carne viene dapprima snervata a mano e poi macinata a grana grossa in trafile a punta di coltello da 16mm. La carne viene, poi conciata con sale e spezie: nel nostro caso, non viene utilizzato il pepe nero, bensì i semi di finocchietto selvatico, che le conferiscono un profumo e un aroma del tutto particolari. Infine, l’impasto viene insaccato in un budello naturale ed avviato alla stagionatura. Nella prima metà del secolo, almeno dalle nostre parti, non erano ancora diffuse le macchinette trita carne per cui la polpa di salsicce e soppressate era tagliuzzata a mano fino a ridurla a dadini. Si trattava, ovviamente, di un lavoro massacrante che impegnava le donne per un paio di giorni. Una volta preparata la pasta col sale e le spezie, iniziava la lunga e fastidiosa operazione dell’insaccaggio.
Il maiale è stato per secoli la dispensa dei contadini lucani e non solo: la sua macellazione, rigorosamente fatta in casa è un rito antico al quale partecipava tutta la famiglia. Una festa, forse cruenta, che ha segnato e scandito la vita di un’intera regione. Quasi tutti avevano il porcile, ove ricoveravano ed allevavano il maiale con gli avanzi di cibo pasturati con la “caniglia”, la crusca, che una volta al giorno, generalmente nel primo pomeriggio, era una processione interminabile di donne con in testa l’ondeggiante secchio della “iotta” da svuotare una sorta di contenitore ad angolo fra due lati del “porcile” e rialzato per non far traboccare la brodaglia ove si avventava, voracissimo, il porco, con gran soddisfazione del proprietario che lo vedeva ingrassare giorno dopo giorno e già pregustava salsicce, soppressate, prosciutti e tutto il ben di Dio che dall’animale si ricava.
Quando il maiale superava il quintale, generalmente fra dicembre e febbraio, ci si preparava all’uccisione della bestia, anche perché il freddo dell’inverno era l’ideale per la conservazione della carne e la stagionatura dei salumi.
Nelle foto alcune immagini della preparazione casalinga della salsiccia lucana, un insaccato unico nel suo genere, cosi come unica l’area geografica del Parco Nazionale del Pollino dove portiamo avanti una delle tradizioni della nostra regione.
Portare avanti le nostri tradizioni locali è essenziale per non perdere le origini della nostra cultura contadina.