Lettera da Fontamara di Nicola Bonelli
Crollo attuale…e crolli futuri dei ponti lungo la ss 407 Basentana. Territorio a rischio per mancata vigilanza ed errata manutenzione.
Il recente crollo del ponte Basentana, avvenuto lo scorso 2 marzo all’altezza di Calciano, veniva da tutti i giornali inserito tra i gravi danni prodotti dal nubifragio e descritto come fatto imprevedibile, addebitabile alla eccezionale piena del Basento. Alcuni internauti di facebook l’hanno invece citato come “cronaca di una morte annunciata”.
Fortuna ha voluto che, essendo state costruite in tempi diversi, le due carreggiate fossero indipendenti tra loro. Non avendo quindi il crollo dell’una influito sulla stabilità dell’altra, è stato riaperto il traffico almeno su una carreggiata. Ma non è certo, come vedremo in appresso, che in futuro possa risolversi sempre così.
Ho più volte segnalato, nel 1995 e nel 2000, ad ANAS, Regione, Provincia, Prefettura, ecc., che entrambi i viadotti di “Calciano 1” (Cal.1), sito al Km 32, e “Calciano 2” (Cal.2), sito al Km 37, erano in condizioni di rischio: a causa dello scalzamento delle fondazioni di alcuni piloni e la “venuta a giorno” dei relativi pali di fondazione, con foto che ne evidenziavano la situazione.
Pur confondendo fischi per fiaschi sulle cause che l’avevano determinata, anche l’Autorità di bacino evidenziava nel 2003 la stessa situazione sotto il viadotto Cal.1: con foto di plinti scalzati e pali fuori terra.
Va pure detto, comunque, che l’Autorità di bacino è la maggior responsabile della mancata ed errata manutenzione lungo i nostri Sventurati fiumi. Infatti, con un suo recente e cervellotico intervento, ha sprecato 200mila euro ed ha prodotto un maggior disastro, lungo il Basento. in zona Giardini di Grassano,
Tornando ai viadotti, i fenomeni erosivi in alveo sono prevedibili e molto frequenti nei corsi d’acqua a fondo mobile (di sabbia e ghiaia) qual è appunto il Basento. Le cui piene sono, tra l’altro, caratterizzate da forte apporto solido, che proprio nel tratto di Calciano inizia a depositarsi.
Gli accumuli di materiale deviano la corrente e la “costringono” sotto una sola campata. Il restringimento della sezione di deflusso provoca l’aumento di velocità dell’acqua, che a sua volta provoca l’escavazione del fondo alveo: fino a scalzare le fondazioni ed a scoprirne i pali sottostanti.
I pali di fondazione sono fatti per rimanere assolutamente interrati. Quando vengono allo scoperto e sono sottoposti all’azione erosiva dell’acqua e del materiale che essa trasporta, finiscono prima o poi per essere demoliti.
In casi del genere, oltre una doverosa manutenzione del corso d’acqua, gli interventi utili sono le c.d. soglie di fondo (briglie trasversali) studiate in modo che la quota del fondo alveo non scenda sotto una certa soglia, appunto. In alternativa si adotta il c.d. anello autoaffondante: struttura circolare in cemento armato intorno ad ogni plinto. In caso di abbassamento del fondo alveo, l’anello si adatta alla nuova quota e tiene i pali di fondazione sempre al riparo dalla corrente.
Tenere fuori terra i pali di fondazione in un corso d’acqua, è come piazzare della dinamite intorno a loro, collegata ad una miccia a lenta combustione. E’ solo questione di tempo. Quei pali saranno inesorabilmente distrutti, con il conseguente cedimento dell’opera soprastante.
Questo è quanto accaduto al pilone crollato del viadotto di Calciano 2: i tratti di testa dei pali di fondazione (per un’altezza di mt. 1-1,5), esposti per lungo tempo all’azione della corrente, sono stati demoliti. Ripeto: la causa di quel crollo è stato l’effetto demolitore della corrente.
Le fondazioni scalzate ed i pali scoperti sono comparsi sotto entrambi i viadotti, sin dagli anni ottanta. Si sarebbe potuto sin d’allora rimediare in modo definitivo realizzando due soglie di fondo, lunghe da una sponda all’altra, cioè a fronte di tutte le campate: n. 22 di “Cal.1”; n. 14 di “Cal.2”.
Ma nel 1985 l’ANAS realizzò due briglie parziali, a fronte di tre sole campate per ciascun viadotto. Opere che già dopo qualche anno furono aggirate ed abbandonate dalla corrente, a causa degli accumuli di materiale sopra descritti. Da allora in poi il fiume continua a divagare, spostando l’erosione da una campata all’altra.
Mentre il viadotto Cal.2 è rimasto abbandonato al suo destino, dal 1995 in poi, l’ANAS è intervenuta più volte per il Cal.1: non con briglie in alveo ma con opere di consolidamento intorno ai plinti di fondazioni. Con gabbioni, macigni, micropali e tanta improvvisazione, hanno fatto e rifatto interventi, senza mai venire a capo del problema. Interventi che la corrente scombussola, travolge, distrugge e spazza via, e che nel loro insieme si sono rivelati un inutile spreco di risorse.
Al colmo della stravaganza, di recente hanno realizzato delle robuste sovrastrutture in cemento armato che collegano tra loro alcune coppie di plinti delle due carreggiate.
Sembrano fatte apposta per far sì che in caso di cedimento di una carreggiata possa venir giù anche l’altra. Ma che bravi!!!
Dopo il recente crollo, la Procura della Repubblica di Matera ha avviato un’indagine sulle cause che l’hanno provocato, dando incarico per la perizia tecnica a due professori dell’Università di Basilicata. Sono entrambi laureati in ingegneria. Tengono però a precisare che di mestiere fanno i Ricercatori. Continuano infatti: – a ri-cercare non si sa bene che cosa; – a programmare verifiche tecniche: magari sulla parte residua e interrata dei pali sottostanti la pila crollata. Forse penseranno che il venir meno della parte che manca sia dovu-to a carenze esecutive della parte che resta. (?)
E non è escluso che, dopo 40 anni e passa di uso e collaudo continuato di quei viadotti, la ricerca di costoro arrivi a mettere in dubbio la stabilità dei 70 piloni che li sostengono. Se durante la rimozione della parti crollate, (pali, plinto, pilone e travi) avessero isolato ed esaminato i resti delle testate dei pali, si sarebbero resi conto dell’effetto demolitore della corrente fluviale. Invece si è proceduto, alla rimozione del tutto, senza alcun discernimento. E’ stato come procedere all’autopsia di un cadavere passandolo per il tritacarne.
L’altro problema gravissimo – che assilla quei due viadotti ma viene trascurato dall’ANAS – riguarda la soletta su cui posa il manto stradale. Mentre plinti, piloni e travi presentano uno stato di conservazione tale da garantire altri cento anni di vita, la soletta si presenta in stato di degrado: calcestruzzo deteriorato e ferro scoperto e arrugginito. Urge un intervento di manutenzione straordinaria, altrimenti molti settori sprofonderanno. Così come del resto è già accaduto qualche anno fa ad uno dei settori del viadotto Cal.2.
Concludendo, è auspicabile che L’ANAS vigili con più attenzione sui due viadotti; – che intervenga con giudizio e competenza. Certo, la loro mole richiede alti costi di manutenzione. Ma, evitando crolli e rifacimento di interventi inutili, si può ottenere un notevole risparmio.
E’ sperabile inoltre, da parte dei Governanti regionali: – che destinino maggiori risorse alla conservazione dell’esistente, alla manutenzione delle strade che già abbiamo; – che riducano lo spreco per appalti mangia soldi; – per nuove strade, improvvisate e improbabili, che franano in corso d’opera; – che sono una vergogna della Tecnica. Come ad esempio quel folle pozzo senza fondo chiamato “Cavonica”.
Che rammentino di essere stati eletti per tutelare l’Interesse Generale della comunità, e non per fare da guardiani al Palazzo regionale, e per offrire copertura ad abusi, raggiri e mistificazioni, che vengono perpetrati proprio in quel palazzo.
Che la smettano di offendere la comune intelligenza, addebitando i disastri alluvionali alla Calamità naturale. Anche le pietre sanno che è tutta conseguenza della malagestione regionale: per mancata pulizia degli alvei e nessun riguardo alla loro sezione di deflusso.
Nel martoriato Metapontino, per esempio, il Basento è ormai una boscaglia ed ha una sezione di deflusso ridotta a meno di un terzo di quella necessaria per contenere le sue portate idriche di ritorno annuale. Per questo subisce l’inondazione 2-3 volte all’anno. La sezione di deflusso (ampiezza e capienza dell’alveo) è un parametro tecnico importante per il calcolo della portata idrica. Ed è contemplata dalle regole dell’Idraulica e dalle leggi sui corsi d’acqua.
Ma per alcuni Cialtroni di dirigenti, cui sono affidati i nostri fiumi: “la sezione di deflusso è una stronzata”. Ripudiano ed ostacolano ogni forma di prevenzione -specie se a costo zero come l’attività estrattiva- e perseguono il disastro e la somma urgenza: vi arrivano più risorse e si azzera il controllo. Allegria!!!!
Sono dei Mistificatori, che, per soffocare l’estrazione fluviale, sostengono che il prelievo di inerti fluviali è la causa dell’erosione costiera: una madornale falsità, sostenuta anche da Studiosi dell’UNIBAS, da Replicanti culturali e Marpioni in tuta mimetica, che pascolano sotto Mamma Regione.
E comunque, in vista di nuovi fondi in arrivo, e prima che si dia corso allo spreco, la domanda nasce spontanea: a cosa sono serviti i 150 milioni di euro finora spesi per “sistemare” il Basento, visto che il povero fiume è ancora tutto da sistemare???
Nicola Bonelli