Aldilà degli allarmanti proclami (ufficiali e non) che parlano di “erosione della costa”; aldilà delle campagne pseudo-ambientaliste finalizzate a pilotare l’opinione pubblica su questo “problema”, vi sono dati autorevoli ed ufficiali che dimostrano che è un falso problema.
Dal “Dizionario Enciclopedico” della UTET (edizione anni sessanta) risulta che la superficie territoriale dell´Italia è di 301.224 kmq. (Ha. 30.122.400).
In data 5.9.1995 un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno riportava la seguente notizia: “Sorpresa, l´Italia si è allungata: è cresciuta l´Italia negli ultimi vent´anni, e non solo di popolazione… ma anche per territorio. Dal 1975 al 1995, infatti, la superficie del nostro Paese è aumentata di ben 62 Kmq.
Nuove terre emerse? Mari che si ritirano? L´Istat non lo spiega…”. (v. allegato)
Andando più indietro nel tempo e consultando attentamente la suddetta fonte, l\’Annuario Statistico Italiano, si rilevano le seguenti variazioni di superficie del territorio nazionale:
Anno 1951 = Ha . 30.105.483
” 1959 = ” 30.121.769
” 1969 = ” 30.125.053
” 1974 = ” 30.126.234
” 1979 = ” 30.126.342
” 1984 = ” 30.127.761
” 1989 = ” 30.128.664
” 1993 = ” 30.130.863;
con un evidente incremento complessivo di 25.380 ettari, pari a 253,8 Kmq.
Quindi, a meno che non abbiamo occupato un po´ di Francia, di Austria o di Svizzera, questo “dilatarsi” dello Stivale si può spiegare solo con un generale avanzamento del litorale che lo circonda, e non può certo conciliarsi con il tanto proclamato “arretramento” del medesimo; che, semmai, qualora ci fosse, ne avrebbe provocato la “riduzione”, e giammai la “dilatazione”.
La conferma che l´espandersi del territorio proviene dalla costa, e non da altro, si deduce esaminando le singole regioni (dalla stessa fonte e per lo stesso periodo) e confrontando quelle interne con quelle costiere. Per esempio, risulta che mentre il territorio dell´Umbria (regione interna) di Ha. 845.604, è rimasto invariato, il territorio della Basilicata (regione costiera) è passato da 998.733 Ha. (1951) a 999.227 Ha. (1993): con un incremento di 494 ettari.
Questa è la verità sulla costa ionica lucana: 494 ettari di territorio in più (rispetto al 1951) dovuti, ovviamente, ad un avanzamento continuo e progressivo della fascia ionica. Così come risulta anche dalle mappe dell´Ufficio Tecnico Erariale.
Dall´impianto del Catasto (1930) alle ultime verifiche degli anni `90, la linea di costa lucana (esclusi i tratti relativi ai delta fluviali) è avanzata in media di 150 metri; e più esattamente: di 40 m. a Metaponto, 180 a Scanzano, 350 a Policoro, 300 metri a Nova Siri, con un incremento complessivo di 435 ettari (v. grafici e tabelle).
Lo studio di Schmiedt e Chevallier del 1959 va ancora più indietro nel tempo e testimonia un avanzamento di 2.000 metri in 2.500 anni (v. mappa allegata);
Per capire meglio il fenomeno (quello vero) dell´evoluzione della linea di costa, descrivo qui nel dettaglio ciò che accade lungo il tratto lucano. La fascia jonica, si sa, è una pianura di origine alluvionale, che si è formata ed è cresciuta grazie al millenario apporto solido dei 4 fiumi del versante jonico: Agri, Basento, Bradano e Sinni. Una corretta valutazione del processo evolutivo di un litorale richiede l´esame contestuale per lunghi tratti, osservandone l´evoluzione per lunghi periodi. Occorre inoltre tener presente i due distinti momenti del processo stesso: prima fase, deposito ed accumulo del materiale trasportato dalle piene nella zona del delta fluviale; seconda fase, per l´effetto di onde e correnti marine quello stesso materiale viene “asportato” dalle foci (da qui l´apparente erosione) e distribuito e depositato su lunghi tratti: verso un modellamento uniforme del litorale, producendo effettivo avanzamento del litorale. La prima fase si svolge nei
pochi giorni delle piene; la seconda richiede diversi anni.
A causa delle numerose dighe sorte negli ultimi 40 anni (almeno due per ognuno dei suddetti 4 fiumi), l´apporto solido si è ridotto notevolmente, e quindi si è praticamente arrestata la fase di accumulo presso le foci. Ma la fase di distribuzione, che, ripeto, richiede tempi lunghi, è ancora in atto. Per cui sono tuttora riscontrabili entrambi i due contrapposti fenomeni: erosione, presso i delta fluviali, e progressione, lungo i tratti intermedi tra una foce e l´altra. E´ chiaro che questa seconda fase continuerà – verso una relativa (ed auspicabile) stabilizzazione della linea di costa – fino a quando non saranno eliminate le residue prominenze, ancora esistenti in prossimità delle foci.
Il descritto smussamento dei delta fluviali – che, ripeto, è una fase del naturale processo di rimodellamento della linea di costa – viene invece scambiato per accidentale erosione. Come ad esempio sta facendo l´ENEA della Trisaia, che, avendo installato, proprio alla foce del Sinni, una condotta di scarico che si inoltra nel mare, lancia l´allarme “erosione che mette a rischio la stabilità della condotta”. Condotta incautamente allocata su un delta fluviale di recente formazione: area destinata a scomparire, o quanto meno a ridursi ed assestarsi.
A proposito di questa condotta, trascrivo testualmente quanto è riportato in uno “Studio” del 1998 della Facoltà d´ingegneria dell´Università della Basilicata (G. Spilotro ed altri). A pag. 17 c´è scritto: “Uno studio più recente, sempre relativo alla foce del fiume Sinni è stato condotto da alcuni ricercatori dell´ENEA (B.Anselmi ed altri, 1986). I profili batimetrici ricavati nell´ambito del predetto studio, tracciati lungo la condotta di scarico dei rifiuti radioattivi, hanno mostrato come la tendenza all´arretramento sia iniziata già nel 1970,…”
Di fronte ad una tale sconcertante Enormità, mi chiedo di cosa dovremmo noi lucani preoccuparci di più: del fatto che la cosiddetta “erosione” possa far franare quella maledetta condotta, oppure che l´ENEA della Trisaia continui a scaricare a mare i suoi veleni radioattivi ?. Ed infine mi chiedo: come mai si protesta tanto per le scorie che stanno per arrivare, e non si dice niente per quelle che, tramite quella condotta, ci avvelenano da diversi anni?
C´è da dire inoltre che quella parte di apporto solido che va a depositarsi in riva al mare: da una parte allunga lo sviluppo planimetrico del corso d´acqua, con ripercussione sull´andamento altimetrico (riduzione delle pendenze ed incremento del processo di sedimentazione lungo il corso stesso); dall´altra provoca l´interramento dei fondali, sia del tratto terminale del fiume che di quello marino. Lungo il fiume Po, per esempio, questo fenomeno sta avendo gravissime ripercussioni sulla navigazione. A causa dell´accentuato interramento dei fondali è ormai impossibile ripristinare l´originario tirante d´acqua di 3-4 metri (il minimo indispensabile per assicurare il transito di navi fluviali marittime). Le Regioni Emilia Romagna e Veneto spendono ogni anno decine di milioni di euro per il dragaggio dei fondali (col sistema degli appalti, naturalmente), per mantenere la residua e precaria efficienza del Sistema Idroviario Padano Veneto.
A tal proposito, nell´agosto ´93 l´ing. Mario Zaniboni scriveva: “Il Po, per esempio, dai tempi dell´impero romano si è addentrato nell´Adriatico per parecchi chilometri (oltre 50); considerato che questo mare, alla latitudine del Po, è largo poco più di 200 chilometri e che la sua profondità massima è di 40 metri, si può anche temere, a distanza di tempo, per il suo futuro e per quello dei porti di Venezia e di Trieste”.
Insomma la cosiddetta “erosione della costa” è un falso problema, inventato di sana pianta. Il vero problema invece è l´erosione del suolo: diffusissimo su rilievi e versanti ed in forte incremento negli ultimi anni. La pioggia scioglie la terra, la trascina a valle e la deposita nel fiume. Con l´accumularsi e lo stratificarsi dell´apporto alluvionale, gli alvei si ostruiscono, si innalzano, diventano pensili e i fiumi straripano. Le alluvioni, sempre più ricorrenti, sommergono qualsiasi forma di vita animale, vegetale e industriale. A volte l´alveo è talmente ostruito, che il fiume cambia corso: è accaduto diverse volte in Pianura Padana, e di recente anche in Sardegna. Distrugge agricoltura ed insediamenti. Riduce le pianure fluviali in un mare di detriti.
Nel lontano 1400, nel descrivere il sempiterno fenomeno dell´erosione del suolo, Leonardo da Vinci diceva “L´Acqua disfa li monti e riempie le valli, e ridurrebbe la Terra in perfetta sfericità s´ella potesse.” Fenomeno naturale, globale e sempiterno della idro-erosione del suolo. Fenomeno tra i più rilevanti ed influenti sulla evoluzione morfologica della crosta terrestre. Fenomeno che a volte però assume dimensioni notevoli e tempi accelerati, e provoca il dissesto idrogeologico del territorio. Come sta accadendo in Basilicata.
E´ questo il nostro vero, reale e preoccupante problema. E´ l´accelerato processo di erosione del suolo, che rende sempre più “pendulo” lo “sfasciume” lucano. Altro che erosione della costa, ripascimento delle spiagge e tutte le Balle inventate, su commissione, dalla Subcultura tangentizia lucana (e italiana).
Tricarico, gennaio 2000 Nicola Bonelli
la tabella n. 1 elenca le particelle catastali: inesistenti al momento dell´impianto (1930) e introdotte in mappa a seguito di verifiche d´ufficio nel periodo 1964-79, con la motivazione: “provenienti dalle acque”;
la tabella n. 2 elenca le particelle catastali: esistenti al momento dell´impianto (1930), ma variate in aumento a seguito di verifica d´ufficio negli anni successivi.
Tabella n. 1
Anno introd. Foglio – partic. Superf.: ettari Comune
1964 76 – 210 6,40 Montalbano
1964 73 – 131 32,14 “
1964 70 – 127 46,32 “
1964 69 – 105 38,56 “
1964 18 – 23 55,60 Policoro
1965 13 – 83 1,75 “
1965 13 – 82 12,08 “
1965 13 – 81 34,62 “
1965 12 – 98 7,08 “
1965 5 – 196 21,67 “
1965 5 – 164 5,68 “
1964 63 – 20 16,86 Rotondella
1966 63 – 19 16,74 “
1969 51 – 47 27,88 Nova Siri
1969 48 – 149 13,38 “
Totale Ha. 336,76
Tabella n. 2
Fogl. – partic. Superf. 1930 Verif. success. Increm. Comune
52 – 3 Ha. 33,76 Ha. 79,65 Ha. 45,89 Pisticci
131 – 9 ” 9,96 ” 31,04 ” 21,08 “
133 – 7 ” 11,46 ” 39,72 ” 28,30 “
50 – 22 ” 14,16 ” 16,20 ” 2,33 Bernalda
50 – 26 ” 4,54 ” 5,12 ” 0,58 “
Totale Ha. 96,18
La somma dei totali di entrambe le tabelle, pari a 432 ettari (336 + 96) corrisponde alla superficie complessiva dei terreni formatisi nel periodo 1930-70 lungo il tratto lucano della costa ionica. Quindi delle due l´una: o il l´Ufficio Tecnico Erariale ha raccontato una montagna di bugie in 80 anni di esistenza, oppure la fantomatica “erosione della costa ionica” è una gande baggianata.
ATTENZIONE!: I documenti ufficiali sopra menzionati, di Catasto e ISTAT, ed allegati vari, sono in mio possesso ed a disposizione di chiunque voglia consultarli.
Il fenomeno erosivo verificatosi in queste ultime settimane lungo la costa ionica, non è da collegarsi al fenomeno naturale di rimodellamento, di medio lungo termine sopra descritto, né le due cose si contraddicono.
Le cause dell´attuale erosione vanno ricercate tutte negli interventi antropici, lungo il litorale, degli ultimi venti anni e nelle caratteristiche della recente mareggiata: intensità e soprattutto direzione.
E´ importante capire le cause: particolari e contingenti che hanno prodotto quel disastro, prima di decidere interventi che possano rivelarsi controproducenti.
Da parte mia, dopo aver fatto ieri un sommario sopralluogo a Metaponto lido, credo di aver capito quali sono le cause. E credo anche che la soluzione è altrove e non nella testa del Prof. Spilotro.
Non sono assolutamente interessato né a salvare delle mie proprietà lungo la costa né a realizzare qualsivoglia interventi. Parlo da semplice cittadino, un po´ stanco di assistere a scempi, autorevoli e spreconi, sul territorio lucano.
Geometra Nicola Bonelli di Tricarico