Dopo l’operazione che ha portato all’arresto a Bari del giudice De Benedictis e dell’avvocato Chiariello, che secondo l’accuso ricevevano mazzette per sentenze favorevoli a mafiosi l’avvocato materano Leonardo Pinto ha inviato un intervento alla nostra redazione che pubblichiamo di seguito: “Corruzione, vera piaga sociale”. Di seguito la nota integrale.
L’arresto a Bari, per corruzione, dell’Avv. Giancarlo Chiarello e del Giudice De Benedictis (che ha prestato servizio presso il Tribunale Penale di Matera), mi ha profondamente turbato. Il magistrato, colto in flagranza di reato, al momento dell’arresto ha dichiarato: “mi vergogno”; non si conosce la reazione dell’avvocato.
Da sempre sono convinto ed affermo che, se l’avvocato “sta al posto suo” e pretende la corretta applicazione della legge, il magistrato è costretto a non debordare dal binario delle sue delicate funzioni.
Concordo con il Procuratore Gratteri quando afferma che i magistrati guadagnano bene e che bisogna essere feroci nei loro confronti quando ricevono soldi e regalie. Io aggiungo che nei confronti di avvocati corruttori di magistrati bisogna essere ancora più feroci n quanto il loro dovere professionale è quello di fare in modo che i giudici non sbaglino e non quello di farli sbagliare attraverso il c.d. pactum sceleris.
Il “sistema” corruttivo, costituito necessariamente da corrotti e corruttori, agisce in spregio ai valori della Costituzione e, prima ancora di rappresentare violazione di norme penali, rappresenta la peggiore piaga sociale che ostacola la crescita e lo sviluppo dei territori: è un cancro che logora la vita umana.
Il corrotto non esiste senza il corruttore; quest’ultimo, prima del corrotto, va bandito dal consorzio umano, perché socialmente pericoloso.
Se l’avvocato non deve corrompere, il magistrato, oltre a non farsi corrompere, deve mantenere le distanze da avvocati notoriamente spregiudicati e millantatori che promettono facili carriere, trasferimenti, vacanze e soggiorni gratuiti.
Il delitto di corruzione in atti giudiziari è un reato odioso perché ferisce mortalmente il “sistema giustizia” annullandone prestigio e credibilità.
Anche per De Benedictis e Chiariello vale la presunzione di innocenza, ma questo, per quanto mi riguarda, non ci esime dal dovere di condannare fermamente l’accaduto che mi ha profondamente segnato sia come cittadino che come operatore della giustizia. Ovviamente non bisogna generalizzare; infatti, va dato atto che esistono avvocati e magistrati di tutto rispetto, che da sempre svolgono le loro funzioni con estremo rigore.
La brutta vicenda di Bari crea disagio e disorientamento nell’opinione pubblica; rappresenta tuttavia motivo di sollievo perché si è avuta la prova che l’Istituzione Giudiziaria ha gli anticorpi necessari per colpire al proprio interno comportamenti devianti.
Anche l’Avvocatura, oggi più che mai, deve mostrare tutto il vigore necessario per isolare ed espellere dall’ordine forense le “mele marce” che disonorano la toga, cioè i commercianti e mezzani, come li definiva Calamandrei; i “piazzisti di cravatte”, gli spregiudicati e millantatori di sentenze addomesticate.
Leonardo Pinto
Arrestati a Bari il giudice De Benedictis e l’avvocato Chiariello: mazzette per sentenze favorevoli a mafiosi. Nascosti 1,3 milioni di euro in tre zaini
La Procura di Lecce ha arrestato in carcere stamane il magistrato presso l’ufficio gip di Bari Giuseppe De Benedictis e l’avvocato Gianfranco Chiariello.
Secondo la ricostruzione della Dda di Lecce, guidata dal procuratore Leonardo Leone de Castris, De Benedictis e Chiariello avrebbero stretto da tempo un accordo corruttivo in base al quale, in cambio di somme di denaro – consegnate anche davanti a un bar davanti a Palagiustizia – il magistrato emetteva sentenze favorevoli.
L’indagine è stata condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Bari. Dopo una perquisizione del 9 aprile De Benedictis si era dimesso dalla magistratura, nella speranza di non essere arrestato. In quell’occasione il gip aveva incassato una mazzetta di 6mila euro.
I particolari dell’inchiesta
E’ stato sorpreso a ricevere una busta piena di banconote da un avvocato: il giudice barese Giuseppe De Benedictis è stato arrestato e condotto in carcere dai carabinieri del Nucleo investigativo di Bari. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere ha riguardato anche l’avvocato barese Giancarlo Chiariello e altri soggetti, alcuni dei quali esponenti della criminalità organizzata del capoluogo pugliese e del foggiano, che sarebbero stati agevolati con il ridimensionamento di misure cautelari. L’inchiesta è stata portata avanti dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce – coordinata dal procuratore Leonardo Leone de Castris – dalla quale il 9 aprile è partito l’ordine di perquisizione di De Benedictis, che era stato pedinato mentre, alle 8 del mattino, si recava nello studio dell’avvocato Chiariello.
In quel luogo, il magistrato e l’avvocato, si sarebbero incontrati più volte, così come nell’ascensore del palazzo, nell’ufficio del giudice e in un bar davanti il palazzo di giustizia. Nella mattina del 9 aprile – stando a quanto ricostruito dai pm – De Benedictis si sarebbe recato dal legale per riscuotere il prezzo della corruzione per avere disposto gli arresti domiciliari nei confronti di Antonio Ippedico, arrestato per associazione mafiosa.
Subito dopo, il magistrato si è recato nel suo ufficio dove erano state precedentemente installate delle videocamere nascoste, che hanno consentito ai carabinieri di osservare in diretta l’apertura della busta che gli era stata consegnata nello studio dell’avvocato, contenente banconote per circa 6mila euro. De Benedictis è stato interrogato nell’immediatezza e ha ammesso di avere ricevuto quel denaro. Subito dopo ha presentato richiesta di lasciare la magistratura. Nel corso della perquisizione, effettuata nell’abitazione del magistrato, sono state trovate somme di denaro nascoste nelle prese elettriche, in cifre variabili tra 2mila e 16mila euro, per un totale di 60mila, che gli inquirenti ritengono essere il prezzo della corruzione.
Contestualmente alla notifica delle ordinanze di custodia cautelare, vengono effettuate numerose perquisizioni a carico di soggetti detenuti per reati di mafia nonché di presunti favoreggiatori, indagati a piede libero. Le indagini si sono avvalse di numerose intercettazioni telefoniche e delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, i quali hanno portato alla luce l’esistenza di un sistema corruttivo, tra magistrato e avvocato, in base al quale in cambio di somme di denaro il giudice emetteva provvedimenti favorevoli agli assistiti del legale.
Stando a quanto hanno riferito i pentiti, l’esistenza di tale sistema era molto noto nel mondo criminale della Puglia centro-settentrionale. Nel corso delle indagini, i carabinieri hanno ascoltato conversazioni nelle quali De Benedictis e Chiariello discutevano delle modalità migliori per motivare i provvedimenti di alleggerimento delle misure cautelari e si mettevano d’accordo sulla quantificazione delle somme da chiedere agli interessati. In alcune circostanze, sono state seguite in diretta anche le operazioni di conteggio del denaro.
Tra le persone indagate dalla procura di Lecce c’è anche il figlio trentenne dell’avvocato Chiariello, Alberto (anch’egli avvocato), nella cui abitazione sono stati trovati 1,3 milioni di euro nascosti in tre zaini. In totale gli indagati sono 12 e per tutti la pm Roberta Licci aveva chiesto la custodia cautelare in carcere, La gip di Lecce Giulia Proto, però, ha ritenuto che l’applicazione della misura cautelare fosse necessaria solo per tre di loro: oltre a Chiariello e De Benedictis, Danilo Pietro Della Malva, arrestato per aver fatto parte di un gruppo criminale dedito al narcotraffico e ritenuto il principale corruttore. La giudice ha rilevato per tutti la possibilità che possano commettere reati dello stesso genere.
Le altre persone indagate sono: Marianna Casadibari, avvocata barese e collaboratrice di studio dell’avvocato Chiariello; Nicola Soriano, appuntato dei carabinieri in servizio presso la sezione di pg della Procura di Bari; Roberto Dello Russo, indagato per narcotraffico nell’ambito di un’inchiesta di cui De Benedictis si era occupato come gip; Antonio Ippedico, esponente della “Società foggiana”, indagato in un’inchiesta della Dda di Bari e arrestato; Pio Michele Gianquitto, indagato per trasferimento fraudolento di valori e arrestato su ordine del gip De Benedictis; Paolo D’Ambrosio, avvocato co-difensore di Ippedico insieme a Chiariello; Matteo Della Malva, zio di Danilo Pietro e la compagna di quest’ultimo Valeria Gala. Le ipotesi di reato, contestate a vario titolo agli indagati, sono: associazione a delinquere, corruzione in atti giudiziari, rivelazione di segreti d’ufficio e atto contrario ai doveri di ufficio.
“La magistratura ha gli anticorpi necessari per individuare al suo interno le criticità e colpire i comportamenti devianti”: lo ha dichiarato la Procura di Lecce, in relazione all’inchiesta per corruzione, che ha portato all’arresto di un giudice e un avvocato di Bari. “È opinione di questa Procura della Repubblica che la collettività, sia pure nel comprensibile disagio e disorientamento determinato dalla vicenda, possa trovare motivo di sollievo nella circostanza che proprio l’istituzione giudiziaria possieda gli anticorpi necessari per colpire i comportamenti devianti, e abbia, ancora una volta nella nostra regione, dimostrato di saper guardare al proprio interno e individuare le più gravi criticità – è stato chiarito – E’ oggi più che mai necessario che, insieme all’avvocatura, tutti gli uffici giudiziari proseguano nel proprio impegno volto ad assicurare un servizio efficiente e trasparente per la collettività”.
Nella foto il giudice Giuseppe De Benedictis