Il clan Schettino non è mafia. E’ quanto stabilito nella sentenza della Corte d’Appello di Potenza che ha assolto dall’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso tutti gli imputati del processo “Ruska” che, al Tribunale di Matera, si era concluso con la condanna.
Restano solo i singoli reati, di droga ed estorsioni. Dei circa 143 anni di carcere comminati in primo grado ai principali 9 indagati, sono saltati più della metà, 80.
Pene comunque pesanti, 63 anni in totale.
Il presunto boss Gerardo Schettino vede la sua condanna ridursi da 25 anni e mezzo a 15. Colui che era accusato di esserne il braccio destro, Domenico Porcelli, passa da 26 a 12.
Dieci anni a testa la nuova pena per Nicola Lofranco e Piero di Domenico, con uno sconto di nove anni per ognuno. Sette anni in secondo grado per Mario Lopatriello e Maurizio Poci, in primo condannati rispettivamente a 16 e 13.
E scende da due anni e 8 mesi a 2 anni anche la pena per il figlio del presunto boss, Giuseppe Schettino, che ha però riportato una condanna più pesante in un processo parallelo che ancora attende la fissazione dell’appello.
Tornano liberi e senza condanna Michele Puce, in primo grado condannato a 16 anni, e Maria Montano, per cui è stata annullata una pena a sei anni.
Assolti ai rispettivi reati contestati anche Pavel Federkiewicz e Massimo Calò, in primo grado condannati a 2 anni e 8 mesi a testa.
Un nuovo punto da cui partire: il gruppo che ruotava intorno all’ex carabiniere convertitosi alla mala non era “mafioso”.