Dopo la morte dell’immigrato Belmaam Oussama nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Palazzo San Gervasio l’attivista Maurizio Tritto torna a denunciare le criticità del centro e annuncia di aver presentato un esposto alla Procura di Potenza. Di seguito la nota integrale.
“Le Prefetture rappresentano la massima espressione territoriale della presenza dello Stato. Ciò che viene richiesto a questa Spett.le Procura, diviene di fatto il semplice auspicio di un comune cittadino di poter continuare ad aver fiducia in tale Ufficio Istituzionale, anche in presenza di eventuali colpe o errori, sulle quali però venga opportunamente fatta chiarezza.”
Con queste parole ho concluso il mio terzo esposto sulla vicenda Centro permanente per rimpatri di Palazzo San Gervasio, protocollato Martedì 6 Agosto 2024, basato su quattro punti in cui segnalo possibili incongruenze che dal 2018 potrebbero indicare responsabilità della Prefettura di Potenza. In particolare, la richiesta di ulteriori indagini depositata presso la Procura di Potenza, è volta all’accertamento dei fatti riguardanti la prima e la seconda gara d’appalto per la gestione del Cpr, evidenziando dubbi sui realistici requisiti dichiarati dalle Società aggiudicatrici.
Nel terzo punto, denominato “il caso sedativi”, viene chiesto di verificare se la Prefettura di Potenza abbia effettivamente adempiuto al suo ruolo di controllo che risulterebbe essere deficitario rispetto ad alcune dichiarazioni e a quanto riportato dalle inchieste di “Striscia la Notizia” sulla somministrazione coercitiva di psicofarmaci.
Nel quarto punto, quello sul decesso del Sig. Osaro Uhnmwangho trattenuto nel Cpr di Palazzo San Gervasio, si chiede di accertare i fatti per stabilire se la morte sia attribuibile ad incuria. In quest’ultimo punto non rivolto esclusivamente alla Prefettura di Potenza, sicuramente già attenzionato dalla Procura anche se denunciato con estremo ritardo da chi ne era a conoscenza e che invece avrebbe avuto il dovere di rivolgersi immediatamente alla Magistratura, viene chiesto di accertare se non vi siano stati eventuali depistaggi. Attualmente sono 27 le persone indagate che per la Procura di Potenza, a vario titolo, si sarebbero rese responsabili di gravissimi reati. Fra queste sono annoverati imprenditori, medici, personale delle Forze dell’Ordine, Avvocati, personale sanitario.
Dall’egregio lavoro d’indagine fino ad ora svolto dalla Magistratura di Potenza, non risultano però quelle che a mio avviso potrebbero essere eventuali “disattenzioni” della Prefettura di Potenza, mancanze che potrebbero essere considerate causa o concausa di quanto accaduto fra quelle mura con reti e filo spinato, con gabbie simili ai quelle dei canili, dove persone private della loro libertà e recluse in condizioni disumane, continuano beffardamente ad essere chiamate “ospiti”.
Questo che speravo essere il mio ultimo atto dopo anni di denuncia, dopo due lunghi scioperi della fame ed iniziative tese all’informazione, a seguito della recentissima notizia del decesso di un altro giovanissimo ragazzo diciannovenne su cui auspico venga riposta la massima attenzione, non segna affatto per me il punto finale di una vicenda nata nel paese in cui io vivo, un piccolo Comune della Basilicata sul cui territorio è stata edificata la “Guantanamo Italiana”, promettendo di essere fonte economica-lavorativa per una Comunità silenziosamente indifferente che forse, per tali motivi, ha ceduto di fronte alla difesa dei diritti umani con la complicità delle Istituzioni locali e di gran parte della classe politica.
Quella struttura che non può essere definita in altro modo che un lager, in cui si evidenza tutta la vergogna incostituzionale dello Stato, oggi più che mai dovrebbe essere chiusa cautelativamente e poi per sempre, così come dovrebbero essere chiusi tutti gli altri Cpr d’Italia, annullando anche la nascita di progetti oltreconfine pensati da menti che accattano consenso con la propaganda dell’intolleranza. Non nego che questa lotta iniziata in modo quasi solitario, mi abbia messo a dura prova. Il rischio che ho corso nell’inimicarmi molti dei miei concittadini e chiunque avesse interessi, non è mai stato calcolato.
Tale rischio, che però non è nulla rispetto ciò che hanno subito e continuano a subire le persone lì rinchiuse, è sempre stato consapevolezza che quando si lotta, si può vincere, si può perdere ma, comunque è sempre facile essere feriti. A breve saranno sul piede di guerra mediatico in molti. Non sarebbe però più tollerabile che ancora una volta, sul grido di dolore o sull’ultimo sospiro di un essere umano, venga fatta strumentalizzazione senza che segua alcuna azione pensata per la chiusura definitiva di quel luogo non luogo, la cui esistenza non può più essere in alcun modo giustificata.