Nella giornata di martedì 14 settembre nelle province di Potenza, Benevento, Catania, Palermo, Siracusa, L’Aquila, Siracusa, Bari, Reggio Calabria e Asti, si è dato COfSO all’esecuzione dell’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di undici persone, tutte gravemente indiziate di aver preso parte attiva alla grave rivolta consumatasi il 9 marzo dello scorso anno presso la Casa circondariale di Melfi, nel più ampio contesto dei moti di protesta avverso le misure restrittive imposte dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, che a livello nazionale, in quegli stessi giorni, hanno interessato molti altri istituti detentivi del Paese.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza e svolte dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile del capoluogo lucano, con il supporto e la collaborazione dei Reparti della Polizia Penitenziaria, attraverso una attenta e meticolosa ricostruzione di tutte le fasi della protesta, hanno permesso di risalire, a livello di gravità indiziaria, all’identità di tutti e quarantaquattro i detenuti coinvolti a vario titolo nella grave sommossa, durante la quale personale sanitario e vari agenti della Polizia penitenziaria, in servizio presso l’istituto melfitano, rimasero sequestrati per circa nove ore.
Grazie all’immediato intervento delle Autorità di Pubblica Sicurezza e al dispositivo delle Forze dell’ordine fatto convergere sul posto, nonché all’impegno profuso dalla Polizia Penitenziaria di Melfi, fu, a suo tempo, possibile pervenire alla liberazione degli ostaggi riconducendo i rivoltosi nelle camere detentive, a seguito di una lunga trattativa durante la quale i fautori della sommossa avevano provveduto anche alla stesura di un documento di richieste e rivendicazioni.
La presenza sul posto di personale specializzato in indagini antimafia della Polizia di Stato, ha permesso in sinergia con la Polizia Penitenziaria del carcere di Melfi, di pervenire nell’immediatezza dei fatti e già nel COfSO della notte all’acquisizione di una serie di elementi indiziari e di procedere con il successivo necessario sviluppo investigativo alla individuazione e compiuta identificazione di tutti i partecipanti alla gravissima azione di rivolta, rispetto a cui la Direzione Distrettuale Antimafia ha ipotizzato i reati di sequestro di persona a scopo di coazione e di devastazione.
I destinatari dell’ordinanza, adottata dal Tribunale del riesame di Potenza in accoglimento dell’appello interposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza avverso il rigetto della originaria richiesta cautelare da parte del Gip che, pur ravvisando il grave profilo indiziario, aveva concluso per il difetto di esigenze cautelari, si identificano in:
1. ABAIGBE Junior Ewan, nato il 23.01.1991 il 23.01.1991;
2. ALBANO Salvatore Davide, nato a Pollena Trocchia (Na) il 27.10.1991;
3. BOTTONE Michael, nato a Torino l’i 1.09.1993;
4. FIORENTINO Emanuele, nato a Bari il 27.06.1979;
5. GIANNOTTA Emanuele, nato a Taranto il 24.08.1982;
6. LOTITO Silvestro, nato a Bari il 20.04.1988;
7. MAROTTA Vittorio, nato a Napoli il 10.06.1986;
8. MUROLO Paolo, nato a Napoli il 18.12.1986;
9. SELVAGGIO Giuseppe, nato a Mazzarino (Cl) il 29.09.1971;
10. SICILIANI Lorenzo, nato a Napoli il 29.07.1987;
11. TIZZANO Francesco, nato a Foggia il 20.01.1972;
Si precisa che l’ordinanza cautelare adottata dal Tribunale del Riesame di Potenza, in conformità alle richieste della Direzione Distrettuale Antimafia, è stata adottata nei confronti di tutti e quarantaquattro gli indagati, e che per le trentatrè posizioni residue si è tuttora in attesa degli sviluppi dei ricorsi per cassazione proposti dai rispettivi difensori.
Di Giacomo (S.PP.): Inchiesta su rivolta a Melfi finalmente ribalta tesi di agenti “violenti”
“L’inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Potenza che ha portato all’arresto di 11 persone, appartenenti a gruppi criminali campani e pugliesi, già detenute e protagoniste della rivolta nel carcere di Melfi del 9 marzo del 2020, in cui alcuni agenti di polizia penitenziaria e personale sanitario vennero sequestrati per nove ore nelle celle, finalmente ribalta la tesi volutamente diffusa nell’opinione pubblica dopo i fatti di Santa Maria Capua Vetere che il personale penitenziario è fatto di “picchiatori” di detenuti. Il nostro auspicio è che diventi un caso nazionale per ristabilire la verità e per rivedere diverse situazioni come quella dell’inchiesta di San Gimignano dove gli agenti per aver contrastato le rivolte sono tuttora indagati”. Ad affermarlo è il segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo sottolineando che “come ha ammesso il Procuratore distrettuale antimafia di Potenza, Francesco Curcio in conferenza stampa, per la prima volta in Italia sono contestati a detenuti i reati di sequestro di persona a scopo di coazione e devastazione. Apprendiamo dunque che quanto denunciamo da tempo, inascoltati, trova conferma attraverso il prezioso lavoro di magistrati ed inquirenti che hanno ricostruito tutta la dinamica e le fasi della protesta. Quanto accaduto nel carcere di Melfi nella “stagione delle rivolte” è avvenuto in numerosi istituti penitenziari italiani che hanno visto gli agenti abbandonati a se stessi per difendere lo Stato come hanno potuto. Non si dimentichi che lo Stato a Melfi è stato costretto a trattare con i violenti della rivolta per ottenere la liberazione dei nostri colleghi. Altrettanto significativa – aggiunge Di Giacomo – è la notizia dell’archiviazione disposta dagli stessi magistrati potentini dell’inchiesta sulle presunte violenze commesse da agenti della polizia penitenziaria durante il trasferimento, avvenuto pochi giorni dopo, di alcuni indagati per la rivolta dal carcere di Melfi ad altri istituti penitenziari. Il Procuratore ha messo in evidenza che “sono state fatte indagini per accertare eventuali responsabilità degli agenti, sono stati ascoltati i detenuti che hanno presentato denuncia e sono stati esaminati i certificati medici. Non sono stati rilevati riscontri a sostegno delle accuse di violenza”.
Non ci resta che esprimere un plauso al lavoro svolto dai magistrati che fa giustizia di troppe falsità ed accuse mosse contro gli agenti penitenziari”.