In copertina due uomini dell’Arma rappresentati con i colori tipici dell’araldica dei Carabinieri, il rosso e il turchino. Il rosso vuol dire amore ardente coraggio e sacrificio per la Patria, il turchino è il simbolo di fedeltà, valore, giustizia e amore di patria. E poi da gennaio a dicembre un viaggio lungo dodici mesi con la carabina, lo stile vittoriano, i corazzieri, la doga, l’alamaro, la bandoliera e la giberna, la fascia scarlatta, il mantello, la lucerna, il basco, la gazzella, il 112 e i simboli disposti in ordine cronologico di tutti i corpi speciali. E’ dedicato ai simboli dell’Arma il calendario 2017 dell’Arma dei Carabinieri, presentato dal comandante dei Carabinieri del comando provinciale di Matera Roberto Fabiani nel corso di una conferenza stampa, nella quale è stata illustrata anche la nuova agenda 2017 del corpo militare.
Michele Capolupo
Di seguito le curiosità e le tavole descrittive del nuovo calendario dei Carabinieri.
Le tavole del Calendario, ideate e realizzate sotto la direzione artistica di Silvia di Paolo, con le note critiche di Philippe Louis Daverio e la prefazione scritta dall’artista e filosofo Gillo Dorfles, sono state presentate al pubblico insieme, ai temi della nuova edizione dell’Agenda 2017.
Il Calendario, divenuto ormai un oggetto di culto, ha raggiunto una tiratura di 1.300.000 copie, di cui quasi 10.000 in altre lingue (inglese, francese, spagnolo, tedesco e arabo), indice sia dell’affetto di cui gode la Benemerita, sia del valore dei suoi contenuti, che ne fanno un prodotto editoriale apprezzato, ambito e presente nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro, a testimonianza del fatto che “in ogni famiglia c’è un Carabiniere”.
Nato nel 1928, dopo l’interruzione post-bellica dal 1945 al 1949 il Calendario tornò a vivere nel 1950 e da allora è stato puntuale interprete, con le sue tavole, delle vicende dei Carabinieri e della stessa Storia d’Italia.
La pubblicazione ha una rilevanza particolare per la famiglia dell’Arma, costituendo motivo di coesione attorno a un oggetto semplice eppure significativo, poiché ispirato ai valori nei quali si riconosce ogni carabiniere, da un capo all’altro d’Italia.
Il tema del Calendario 2017 è incentrato sui “Simboli dell’Arma”, che sono la rappresentazione visiva dell’essenza dell’Istituzione. Essi si susseguono nelle tavole mostrandoci i diversi stili con cui l’arte grafica si è evoluta nel tempo, a partire dall’anno di fondazione dei Carabinieri, il 1814.
L’Agenda 2017, in un formato moderno e funzionale e con l’inserto dedicato alla “Musica nell’Arma”, ci presenta un dettagliato excursus storico sui complessi musicali dell’Arma, dalla mitica Banda alle varie Fanfare.
Il calendario dei Carabinieri anche quest’anno è frutto di una accurata e innovativa ricerca estetica su aspetti culturali che uniscono l’attenzione alla Storia dell’Arte ai segni distintivi e alla storia dell’Arma”, sottolineando il richiamo “ai valori morali che da sempre sostengono e contraddistinguono la sua opera al servizio delle nostre comunità, di ogni cittadino e specie di chi ha più bisogno. Valori che devono essere perpetuati e riaffermati nel tempo perché costituiscono la base morale di un modo di sentire fondante e insopprimibile, che fa dell’Arma una forza coesa, affidabile ed efficiente”, un’istituzione “…moderna e dinamica, protesa al futuro che guarda con giustificato ottimismo e rinnovato vigore”.
Seconda di Copertina
Trovo il Calendario Storico di quest’anno particolarmente coinvolgente: l’Arma si racconta attraverso i propri elementi distintivi, ognuno dei quali assurge a valenza simbolica, reinterpretandoli negli stili grafici che si sono succeduti nel tempo, a partire dalla data della sua fondazione, simboli che parlano dei Carabinieri, Carabinieri che costituiscono un simbolo. Un’idea brillante anche perché l’Arma, così come l’arte grafica, costituisce una presenza costante, discreta ma incisiva ed efficace nella quotidianità del nostro mondo. Sfogliandone le pagine, sono riemerse antiche emozioni che mi legano all’Arma, risalenti a quando, ancora fanciullo di otto anni, a passeggio con mia madre a Trieste in quella che oggi è Piazza dell’Unità, per la prima volta, vidi due Carabinieri. Mi vennero incontro sorridenti, mi regalarono una semplice carezza. Non conoscevano i passi che avrei mosso nel mondo ma io inconsciamente colsi quello che avrebbero rappresentato nella mia vita: figure dall’immenso calore umano, protettive e rassicuranti….mai temute! Divenuto più grande, compresi che, in
quel momento, avevo riconosciuto nella stupenda uniforme dei Carabinieri il segno del patriottismo italiano, dopo la liberazione di Trieste dall’Impero austro-ungarico. Qualche anno dopo, in un parco di Firenze, ancora loro che procedono verso me. Questa volta per salvarmi da un’aggressione di alcuni malviventi. Questa la loro essenza: ci sono quando uno ne ha bisogno. Indimenticabili i ricordi del sacrificio di tanti Carabinieri caduti in Italia e all’estero in missioni di pace, devoti al loro servizio nell’Arma: restano sempre nel cuore con l’immagine di eroici angeli custodi dell’umanità. Li ho sempre rivisti nei momenti salienti della vita della Nazione, presenze silenziose ma con un preciso significato che, peraltro, proprio come un manifesto pubblicitario, con grande semplicità e concretezza, si rivolgono e hanno cura di tutti, nessuno escluso.
Gillo Dorfles
Il Calendario di quest’anno vuole ricordare le mutazioni delle abitudini e dei gusti che hanno sostenuto i due secoli di Storia vissuti dall’Arma dei Carabinieri. Le illustrazioni che accompagnano i vari mesi dell’anno ne costituiscono una piccola guida. Contribuiscono a risvegliare la memoria d’un passato di impegno e di coraggio, di generosità e di dedizione, che contribuì alla formazione dell’identità attuale della Nazione e perdura rinvigorito nell’Italia d’oggi. Nacque allora nella società ottocentesca il concetto di “avanguardia” nella vita come nelle arti. Questo concetto tuttora è guida delle scelte più impegnative del mondo evoluto.
Philippe Louis Daverio
Prefazione
I simboli sono rappresentazioni estetiche dell’essenza; essi colgono in profondità meglio il cuore delle cose. E’ dunque ai propri simboli che l’Arma dedica l’edizione 2017 del Calendario Storico, presentandoli attraverso i diversi stili con i quali l’arte grafica si è manifestata nel tempo, a partire dal 1814, anno di nostra Fondazione. La grafica, la più diffusa e comune delle espressioni visive, fatta di linee e colori definiti e chiari quanto attenti ai cambiamenti della società, è parsa strumento artistico idoneo a rappresentare il modo di essere Carabiniere, cittadino e soldato della legge, vocato alla prossimità e al servizio di ciascuno e di tutti, sempre interprete del suo tempo, con il cuore e la mente al futuro.
I due Carabinieri in copertina, inseriti nell’aura rossoblu dell’Arma, l’uno con l’uniforme bisecolare e l’altro con quella attuale, ambedue espressione di presenza attiva, vicina e amica, garanzia di sicurezza e tangibile segno di fedeltà, vegliano alla tutela della nostra gente e dei nostri agglomerati urbani. Nel classico carattere “Bodoni” di inizio ‘800, è l’abbreviazione “CC” della parola “Carabinieri” che, sul suggerimento del grafico Armando Milani, apre il percorso artistico: l’una racchiude al suo interno il contributo dell’ultracentenario, raffinato intellettuale e artista, Gillo Dorfles, che ringrazio per l’affettuosa vicinanza e la profondità del pensiero, e il giudizio critico, dotto, arguto e avvincente, di Philippe Daverio, anche quest’anno prestigioso collaboratore del nostro progetto culturale e artistico insieme alla bravissima Silvia Di Paolo; l’altra contiene la mia presentazione. Quindi la sequenza delle tavole mensili, tutte sviluppate con lo stesso criterio: a destra la tavola che riprende il simbolo dell’Arma prescelto e, a sinistra, nella stessa grafica, la pagina correlata contenente notizie storiche sul simbolo e sul segno d’arte che lo raffigura. La tavola di Gennaio non poteva che essere dedicata alla Carabina, dalla quale l’Arma prende il nome, realizzata in una grafica ottocentesca; fa da scenario la città di Torino dove i Carabinieri sono nati con le Regie Patenti del 13 luglio 1814. In quella di Febbraio, nello stile Vittoriano, per noi Umbertino, tipico della seconda metà dell’800, campeggia, altero e maestoso, l’Elmo dei Corazzieri con, sullo sfondo, la Firenze
capitale d’Italia che, nel 1868, li tenne a battesimo. A Marzo è l’Art Nouveau, raffinata espressione artistica e culturale di fine ‘800, a rievocare, con le sue forme sinuose ed eleganti, la Daga del Carabiniere. Per Aprile, il tratto sobrio e raffinato del Wiener Werkstätte, in voga ai primi del ‘900 in una Vienna cuore pulsante della cultura europea, esalta
l’Alamaro dei nostri colletti. Il Futurismo, pressoché coevo e più italiano, fa da cornice, nel mese di Maggio, alla Bandoliera e alla inscindibile Giberna, segni inconfondibili del Carabiniere in servizio. La Banda Rossa dei pantaloni, ulteriore arcinoto e antichissimo nostro segno, viene proposta nel mese di Giugno nello stile Bauhaus degli anni ’20 del secolo scorso, in uno scenario originalissimo ed evocativo. Nella doppia pagina centrale la Fiamma, con un segno grafico contemporaneo, è proposta in una elaborazione geometrica nitidissima, cristallina come l’Arma; essa filtra la luce chiara e intensa della passione e della dedizione del Carabiniere, trasformandola nei colori della Bandiera, a testimonianza del quotidiano e generoso impegno per l’Italia e gli Italiani. La narrazione prosegue nei mesi di Luglio e Agosto con due elementi uniformologici: il Pennacchio rosso-blu della Grande Uniforme Speciale, a simboleggiare con i suoi colori il coraggio e la fedeltà, e il Mantello, foderato di saglia rossa; immagini dell’Arma tra passato, presente e futuro. A rappresentarli, rispettivamente, gli stili Art Déco e Razionalista, espressioni della grafica degli anni ‘30 e ’40 del ‘900. Le rotonde forme dell’Optical Art degli anni ‘60 disegnano, per Settembre, la Lucerna, emblematico copricapo del Carabiniere dalle origini. La tavola in stile Hippie degli anni ’70 del mese di Ottobre è dedicata al Basco: le sue diverse colorazioni richiamano i reparti che lo indossano, dal blu tradizionale, al rosso dei Cacciatori, all’amaranto dei Paracadutisti, al nero della Linea Mobile, al celeste dei Carabinieri delle missioni ONU e al verde di quelli Forestali. La Saetta e il numero di emergenza 112, espressioni visive del nostro Pronto Intervento, vengono illustrati nell’inconfondibile stile Pop degli anni ’80 nella tavola di Novembre; sono segni di efficienza che, rapidi e incisivi, si dirigono verso l’abitato per garantirne la sicurezza. La grafica contemporanea del mese di Dicembre propone il polso di un Carabiniere il cui orologio ci rivela cos’è l’Arma: l’insieme armonico, di tutti i suoi Carabinieri – richiamati dai gradi in cerchio della pagina a fianco – che animano, compatti, le sue componenti, evidenziate cronologicamente dai Simboli che le contraddistinguono, dall’ultrabicentenaria Territoriale, alla nuova Forestale. Esse, come perfetti ingranaggi di un organismo performante e vibrante, con la loro efficacia, autonoma e sinergica, rendono l’Arma così attenta, efficiente e utile e le consentono di guardare al futuro con ben riposta fiducia. Nella tavola finale, sublimata dalla pagina a fianco che rende il tradizionale, doveroso omaggio alle decorazioni concesse alla nostra Bandiera e ai nostri Eroi, si ribadisce, con una tecnica affatto moderna e avveniristica, l’imprescindibile valenza dell’elemento umano che, per il Carabiniere, viene prima di ogni altro, professionale e tecnico.
In carattere “Helvetica”, il più diffuso al mondo, le parole Etica alla base e, quindi, Onore, Integrità, Rispetto, Competenza, Impegno, Efficienza, Coesione, Serenità, Tradizione, Fedeltà e, infine, Fede, attraverso gli elementi orizzontali delle “E” che li accomunano, costituiscono i pioli di quella scala di virtù e qualità, ideata ancora da Milani, che conducono alla Fiamma dell’inconfondibile Berretto rigido nero, che le racchiude tutte: faro che illumina lo sguardo, l’orizzonte, il pensiero e l’azione, come dev’essere fuoco che scalda il cuore, del Carabiniere.
Traspare il volto, assorto, impegnato e sereno, dello stesso giovane commilitone che in copertina, si affianca a quello più anziano, ispirato dagli stessi valori.
GEN. C.A. TULLIO DEL SETTE , COMANDANTE GENERALE
DELL’ARMA DEI CARABINIERI
GENNAIO
La Carabina
Il 16 giugno 1814, circa un mese prima delle Regie Patenti istitutive del Corpo dei Carabinieri Reali, era già stato deciso e preordinato ogni dettaglio del futuro organismo, assecondando l’urgenza che Vittorio Emanuele I aveva imposto a tutta l’attività di Governo dal suo arrivo a Torino. Era stato formulato un “Prospetto di Istruzione Provvisoria per il Corpo dei Carabinieri Reali”, alla base di ogni successiva regolamentazione. Era già stato deciso, quindi, il nome, derivato dall’arma che avrebbero avuto in dotazione gli uomini da arruolare: la carabina. Ufficialmente, la scelta dell’arma venne formalizzata con le ”Determinazioni” del 9 agosto successivo, primo atto normativo del nuovo “Corpo”, con la precisazione che i Carabinieri a cavallo sarebbero stati dotati di carabina e quelli a piedi di fucile “della qualità la più leggera”.
Entrambe le armi erano a pietra focaia, ad avancarica, derivate dal modello francese del 1777 e prodotte dalla fabbrica piemontese di Valdocco. Sembra incredibile come in appena due mesi fosse stato possibile concepire il nuovo, inedito Corpo dei Carabinieri, studiarne le ttribuzioni, reperire le armi idonee, assegnare le destinazioni e fissare l’ordinamento territoriale, stabilirne l’uniforme e, infine, le “incumbenze”. Il Re sabaudo aveva fretta di ridare ai suoi possedimenti di terraferma una connotazione interamente piemontese dopo la parentesi napoleonica e la provvisoria “tutela” austriaca affidata il 25 aprile 1814 a Parigi, dal Maresciallo Principe Karl Philipp Schwarzenberg. La data del 13 luglio 1814, un mercoledì, in cui vennero promulgate le Regie Patenti istitutive del Corpo dei Carabinieri Reali, non è casuale: quel giorno, all’alba, il Generale Bubna, alla testa della guarnigione austriaca che da tre mesi gestiva il governo militare del Piemonte, lasciava Torino. Vittorio Emanuele I poteva finalmente affidare la sicurezza del neonato Stato ai Carabinieri, da lui segretamente ideati.
Lo stile ottocentesco
Finita la bufera napoleonica nel 1814, Vittorio Emanuele I, re di Sardegna e duca di Piemonte, se ne tornò dall’isola a Torino e istituì il Corpo dei Carabinieri Reali “per assicurare il buon ordine e la pubblica tranquillità” al reame. Nello stesso periodo si stavano abbandonando gli stili rigorosi e declamatori del neoclassicismo e si esaltava un gusto ben più tranquillo e eclettico dove tutto
doveva ricomporsi in una pacifica armonia.
Iniziava l’era borghese d’Europa. L’immaginario collettivo voleva dimenticare i fasti delle colonne e dei timpani e preferiva uno stile garbato e severo, quasi per un certo verso domestico e paterno. Eccolo il leone che regge la carabina del ritrovato benessere, della sperata sicurezza dopo l’avventura e il pericolo!
Ph.L.D.
FEBBRAIO
Lo Stile Vittoriano
L’Italia si unisce con il noto testo dell’Articolo Unico della legge 17 marzo 1861, dato a Torino, nel quale “Vittorio Emanuele II, re di Sardegna, Cipro e Gerusalemme, duca di Savoia, Genova, ecc., ecc., ecc., principe di Piemonte, ecc., ecc., assume per i suoi successori il titolo di re d’Italia”. Come disse Garibaldi, l’Italia era fatta, era ora di fare gli italiani. E il re, temendo le sommosse torinesi, se ne andò a stare a palazzo Pitti dove aveva trascorso gli anni dell’infanzia essendo sua madre Maria Teresa di Toscana: Firenze divenne capitale d’Italia fino alla presa di Roma del 1870, la quale con la legge del 3 febbraio 1871 fu fatta capitale definitiva. I fasti di Firenze avevano avuto la fortunata conseguenza di far sorgere il 7 febbraio 1868 il Reggimento dei Corazzieri, uno squadrone per la Guardia d’Onore selezionato di 80 Carabinieri, di statura non inferiore al metro e novanta centimetri e capaci di cavalcare cavalli alti al garreseoltre un metro e settanta. Corrispondevano in pieno al gusto energico e celebrativo dell’Italia Risorta dove l’elmo brillante quanto la corazza ricordavano le glorie antiche della penisola. Tuttora costituiscono la Guardia del Presidente della Repubblica come prima erano stati nel medesimo Quirinale la Guardia del Re. Nella continuità hanno mutato i cavalli in potenti moto Guzzi. Ma allora ebbero la prima pubblica apparizione per le nozze del principe ereditario Umberto con Margherita di Savoia, alla quale si deve lo stile detto“umbertino” che fu la versione italiana di quello vittoriano britannico, tutto stoffe, fiori e questione di gran dame.
I CORAZZIERI
Eredi di una tradizione che risale ai tempi di Emanuele Filiberto di Savoia (1528-1580), sotto il cui comando, ordinati
in una compagnia di Guardie d’Onore, si distinsero nella battaglia di S. Quintino (10 agosto 1557), gli attuali
Corazzieri vennero istituiti il 7 febbraio 1868 in Firenze, per l’occasione dei festeggiamenti per le nozze del Principe
Umberto di Savoia con la cugina Margherita di Savoia. Tratti inizialmente dalle Legioni Carabinieri di Firenze,
Bologna e Milano, la loro primitiva denominazione fu “Carabinieri Guardie del Re”, trasformata in “Carabinieri
Guardie del Presidente” con l’avvento della Repubblica e divenuta il 24 dicembre 1992 “Reggimento Corazzieri”.
L’evoluzione ordinativa del reparto è stata accompagnata dalla progressiva adozione di una duplice linea uniformologica solenne idonea a rappresentare, con un’eleganza rimasta ineguagliata e la severa magnificenza della sua originaria impronta, l’altissimo profilo del suo servizio d’onore e di sicurezza.
MARZO
ART NOUVEAU
Agli orpelli talvolta esagerati d’uno stile ottocentesco che voleva comprendere tutti i gusti precedentemente esistiti reagì un’innovazione stilistica, da Londra a Parigi, dalla Germania all’Italia. Non poco aveva contribuito la scoperta delle culture esterne all’Europa, dalla Cina al Giappone. Nacque così uno stile nuovo che si ispirava alla poetica della natura e alla riscoperta del grande artigianato. Le linee si facevano morbide e naturali, i colori accattivanti. Fu chiamato Liberty in Inghilterra dal nome del primo negozio che lo promosse, Art Nouveau in Francia perché si sentiva innovativo come la Tour Eiffel inaugurata nel 1889, Jugendstyl in Germania per via della rivista che lo propagandava e Floreale in Italia
in relazione ai decori che promuoveva. Ne fu interprete eccellente il praghese Alfons
Maria Mucha, pittore boemo che iniziò la carriera a Vienna e divenne protagonista dell’affiche a Parigi con i suoi disegni affascinanti e sinuosi.
LA DAGA
La “daga” è stata l’arma bianca caratteristica
dell’Arma dei Carabinieri sin dalla sua fondazione.
Un primo riferimento si trova nella “Determinazione
sovrana” del 9 agosto 1814, in cui si parla di una “sciabola corta” per i militari a piedi, essendo prevista una “sciabola lunga” per quelli a cavallo. Essa aveva le seguenti caratteristiche:
lunghezza totale mm 760, lunghezza della lama mm 592, larghezza della lama al tallone mm 36, larghezza della lama
nel mezzo mm 32, peso Kg 1,325. La “daga” venne radiata nel 1985, avendo il Ministero dell’Interno rilevato che non potesse configurarsi
come arma da guerra, in quanto non più impiegabile in operazioni belliche. Ne è stata tenuta solo qualcuna nelle armerie da usare per le solennità. Le 35.875 daghe risultanti in dotazione nel 1985 vennero in parte cedute a pagamento ai militari che desideravano conservare uno dei più bei cimeli dell’Arma, in parte furono acquisite dai collezionisti e dagli storici delle discipline militari, senza contare gli “amici dell’Arma”, numerosissimi, che ebbero un’occasione irripetibile per esprimere affetto ai Carabinieri salvando dalla distruzione un pezzo autentico della loro Storia.
APRILE
Il passaggio da un secolo all’altro si svolse cent’anni
fa nell’inconsapevolezza della tragedia bellica
che si profilava sull’orizzonte: Vienna viveva
in una creativa eleganza gli ultimi anni dell’Impero
al quale fino a cinquant’anni prima era appartenuta
una parte importante d’Italia. Furono anni di formidabile musica, di grande letteratura e di raffinate invenzioni visive. Le arti decorative stavano assumendo una importanza parallela a
quella della grande pittura e dell’architettura.Nacquero così le Wiener Werkstätte, le officine viennesi pioniere d’un nuovo design dove le linee si stavano semplificando e si facevano geometriche e razionali in un gusto dall’equilibrio perfetto.
Gli Alamari in uso dalle origini
Gli Alamari da Carabiniere vennero previsti in fase di organizzazione del Corpo, il 23 giugno 1814, su proposta del Capitano Camillo Beccaria, convinto che l’ornamento avrebbe chiaramente indicato l’appartenenza alla nuova Istituzione, costituita da giovani militari “per saviezza distinti”. Il termine è di origine spagnola (alamar), proveniente a sua volta dall’arabo, col significato
di cordone. La prima normativa concernente questo prestigioso
elemento distintivo è contenuta nel Regolamento dell’8
novembre 1814, che ne prescriveva l’applicazione al colletto e ai paramani, in ricamo d’argento per gli Ufficiali e in filo bianco per Sottufficiali e Carabinieri. Gli Allievi Carabinieri, istituiti con Regie Patenti del 12 ottobre 1822, non portavano alamari.
La forma attuale deriva dalla Determinazione Regia del 25 giugno 1833. Dopo quella data, gli alamari da Carabiniere non
hanno subito che minime variazioni, restando invariata la differenza tra quelli da Ufficiale e da Sottufficiale. In un sola circostanza le differenze vennero a cessare: quando, nei primi mesi della Grande Guerra (1915/1918), furono adottati per tutti quelli da Carabiniere, essendo ritenuti troppo vistosi e facilmente individuabili dal nemico gli alamari in ricamo d’argento.
MAGGIO
Futurismo
Il futurismo fu il primo sogno e al contempo la speranza vitale
d’una Italia che si scopriva protagonista della modernità.
L’industrializzazione in tutta la penisola stava procedendo
con risultati talvolta esaltanti. Era appena stato completato
il traforo del Sempione e Parigi si trovava ormai a poche
ore da Milano. L’automobile e l’aereo, l’elettricità e la
trasmissione radiofonica aprivano scenari fino ad allora impensabili. Lo spirito d’avanguardia non colpiva solo gli opifici; mutò alla radice il concetto delle arti, del teatro e della pittura. Il secolo nuovo s’illuminava di scenari inattesi e sorgeva il mito del movimento e della velocità.
Crescevano e si rinnovavano le città. Fu questo l’entusiasmo riassunto da Filippo Tommaso Marinetti nel Manifesto del Futurismo del 1909, e fu questo lo stimolo per una grafica rinnovata dove il segno si combinava in piena libertà con le lettere e i numeri. Nello stesso anno Guglielmo Marconi riceveva il premio Nobel per la fisica.
Giberna – Bandoliera
La bandoliera: non esiste altro componente dell’uniforme che possa vantare un impiego ininterrotto, addirittura bisecolare;
tanto il giovane Allievo Carabiniere, quanto l’anziano Appuntato e il Brigadiere la indossano allo stesso modo e con lo stesso orgoglio dei loro lontani precursori, consapevoli della responsabilità che deriva loro, sul piano dell’immagine,
dal recare sulla propria spalla, quotidianamente, un simbolo di gloriosa tradizione. Il termine “bandoliera” non
figura nella “Tabella degli Effetti di Vestiario, Piccolo Arredo, Armamento e Bardatura” del 1822, ma ne viene
indicata la funzione quale “centurone di buffala bianca” al quale andava agganciata la giberna sul “cui coperchio
è fissata al centro una granata in ottone”. All’altro cinturone che reggeva la daga dei Carabinieri a piedi
andava “unita una placca in ottone, della larghezza di nove centimetri e due millimetri, e di altezza di sei
centimetri e sette millimetri, sormontata questa dallo stemma reale, in argento”(*). Nel Regolamento del
1832 vengono citati per la prima volta “La giberna d’ordinanza” e la “bandoliera di giberna di cuoio
bianco”. Della giberna non viene descritto l’uso, ritenendo scontato che se ne conoscesse la destinazione, ossia di contenitore delle munizioni. (*)Le bandoliere per i militari a piedi erano due portate a croce: una sulla spalla sinistra con la giberna; l’altra sulla spalla destra con la “daga”, quest’ultima, sovrapposta all’altra, aveva la placca da
collocare nel punto di incrocio sullo sterno. Quelli a cavallo avevano pure due bandoliere, ma portate ambedue sulla spalla sinistra e senza alcuna placca.
A TRACOLLA DA DUE SECOLI
GIUGNO
BAUHAUS 1919-1933
E nacque nel 1919 nella Germania distrutta dalla sua propria volontà bellica e ormai per breve tempo democratica il desiderio d’una modernità trasversale che si coagulò negli insegnamenti del Bauhaus, una scuola tecnica che divenne il crogiolo di formazione
architettonica e decorativa più sperimentale d’Europa. Vi si mescolavano architetti come Walter Gropius che la dirigeva e pittori come Paul Klee e Vassily Kandinsky che ne stimolavano la creatività.
Fu fondamentale per loro il superamento degli orpelli decorativi combinando in modo estremamente colto la funzione degli oggetti e degli spazi con il razionalismo delle linee, con il gioco attento dei colori.
Il loro fruttuoso esperimento fu interrotto dall’avvento
del nazismo ma gettò un seme che si sparse per tutto ’Occidente e fiorì durante la ricostruzione del secondo dopoguerra.
La fascia scarlatta in uso dal 1832 Inconfondibile elemento d’identità formale per i Carabinieri è la banda scarlatta alla cucitura esterna dei pantaloni, unica per i militari a piedi, doppia per quelli a cavallo. La sua adozione
risale al 23 febbraio 1832, quando, al posto dei pantaloni
aderenti, vennero prescritti quelli demi-collants (semi aderenti) in panno “bigio”. Prima di quella data, i pantaloni, indicati col termine “calze”, erano di colore turchino in inverno e giallo chiaro d’estate (prodotti in “nanchino”, una stoffa cinese), privi di banda, con due bottoncini per parte della stessa stoffa al fondo. Attualmente, la sola uniforme ordinaria degli Ufficiali, dei Luogotenenti e dei MaSUPS non
ha la banda. Questa è stata, dal 1832, uno degli elementi uniformologici distintivi del Carabiniere, tant’è che non era prescritta per gli Allievi, i quali, non avendo ancora prestato il giuramento, non erano ancora Carabinieri.
LUGLIO
ART DÉCO
Il primo dopoguerra era stato vissuto in modo particolarmente gioioso a Parigi. La città ancora si ricordava le due grandi Esposizioni Universali del 1889 e del 1900. Ne progettò una nuova per il 1925 dedicata principalmente alle arti decorative, agli oggetti e ai mobili che determinavano la qualità della vita quotidiana all’interno delle abitazioni. Nacque un gusto rinnovato che invase il mondo intero e che prese il nome abbreviato di Art Déco. Le linee si facevano geometriche, i colori scintillanti, il gusto allegro e coinvolgente.
I manufatti avevano l’ambizione di offrire qualità ad una porzione sempre più ampia della società. Per la prima volta nella Storia si
reputava che un gusto condiviso avrebbe tenuto coeso tutto il mondo occidentale, quello antico e quello nuovo oltre Atlantico.
Ph.L.D.
IL PENNACCHIO
Il pennacchio da Carabiniere, previsto originariamente in colore turchino di piuma liscia, alto tre decimetri, assunse i tradizionali colori rosso e turchino per effetto del ‘Regolamento sopra il corredo, la montura e le divise” del 25 giugno 1833. Per gli
Ufficiali venne previsto in ‘penne lunghe’, e ricadenti a foggia di salice piangente”, per i Sottufficiali e Carabinieri ‘in penne corte”, prescrivendone l’uso soltanto per la ‘gran montura’. Il Regolamento non fa cenno al significato dei due colori, che erano originariamente quelli dei Savoia e che possiamo oggi interpretare sulla base dei criteri che in araldica presiedono alla loro scelta: il rosso indica l’amore ardente, l’audacia, il coraggio e, in ambito militare, il sacrificio; il turchino, e quindi il blu, simboleggia la fedeltà, il valore, la giustizia, l’amore di Patria. Sono questi valori che fanno del rosso e blu i colori del pennacchio della Grande Uniforme Speciale, da sempre, il simbolo identitario dell’Arma dei Carabinieri.
AGOSTO
IL MANTELLO
L‘uso del mantello è antichissimo. Popolare
tra i bizantini, l’imperatore Giustiniano lo portava
abitualmente per proteggersi dal freddo, ma gli imperatori romani lo prediligevano quale emblema della dignità di comando. Diffuso anche presso gli ordini religiosi nel Medioevo, esso stava a significare l’isolamento dalle cose terrene e il ritiro in se stessi e in Dio. In ambito militare, il suo uso ebbe probabilmente origine in Tessaglia o in Macedonia come simbolo del comando. Non diversamente a Roma, ove era il comandante supremo dell’esercito a portare una clamide purpurea. I Carabinieri lo ebbero in dotazione sin dalle origini del Corpo, limitatamente ai militari a cavallo, mentre quelli a piedi indossavano una “cappotta”. Con disposizione sovrana del 30 dicembre 1837, venne disposta una “pellegrina”, per “porgere ai Carabinieri Reali a piedi alcun mezzo maggiore di schermirsi dalle intemperie, a cui eglino sono assai di frequente esposti”; era in panno turchino, lunga sino alle ginocchia, ampia tanto da poter essere indossata sopra lo zaino, foderata con due tele, di cui una incerata. Quando non era indossato, il capo veniva conservato avvolto in una custodia in tela vergata, collocata sullo zaino. La pellegrina (o mantellina) fu sostituita con un cappotto nel 1936.
RAZIONALISMO
Il periodo fra le due Guerre Mondiali non sapeva
d’essere fra due guerre successive; anzi pensava che la ragione
avrebbe condotto in pace le sorti del mondo grazie alla nascita della Società delle Nazioni, fondata durante i Trattati di Parigi del 1919-1920. La fiducia nella razionalità dell’uomo moderno e emancipato si trasformò in una voglia di razionalismo applicato alle arti, alla definizione dei piani urbanistici, alle singole architetture e agli oggetti della vita quotidiana. Stava crescendo la
società di massa e, al di là delle scelte politiche delle diverse nazioni fra democrazie e totalitarismi, tutto il mondo
industrializzato si ritrovò in una sintonia che fu purtroppo solo stilistica: la Seconda Guerra era già sulla soglia della Storia. E l’Arma dei Carabinieri fu chiamata più d’una volta agli eroismi quotidiani provocati dalla società bellica.
SETTEMBRE
Optical Art
Ancora una volta il dopoguerra fu stimolante: la pace ritrovata generava partecipazione profonda e la ricostruzione raccoglieva le migliori energie. I colori tornarono a farsi protagonisti. Dopo troppa retorica figurativa fiorì l’arte astratta, anzi questa si spinse in una evoluzione tale da diventare OP Art, arte ottica pura, gioco di forme libere e di colori altrettanto liberati nella loro massima fantasia. E fu come se si fosse voluto ripartire dai colori primari, il rosso, il giallo, il blu, per ricostruire un universo diverso da quello segnato dai
severi colori precedenti. Anche l’industria dei prodotti
si reinventava e applicava i medesimi cromatismi della fiducia ritrovata agli oggetti che le materie
plastiche consentivano di disegnare con forme fino ad allora impreviste. Nasceva la televisione.
La Lucerna
E’ il termine col quale viene indicato, ancora oggi,
il cappello a due “corni” dell’Uniforme Storica e della Grande
Uniforme Speciale da Carabiniere. La sua forma trae origine da
modelli settecenteschi, inizialmente di uso civile e poi assunti in ambito militare da quasi tutti gli eserciti europei. Questo genere dicopricapo nel XIX secolo aveva per gli Ufficiali una variante nella feluca, conosciuta nella lingua inglese anche col nome di cocked hat, per la particolarita’ di poter essere posta facilmente sotto il braccio quando non veniva indossata, per cui in francese veniva definita anche chapeau de bras. Non e’ dato conoscere con certezza in quale epoca, comunque remota, al cappello da Carabiniere sia stato assegnato il nome popolare di “lucerna” perche’ non figura in alcun testo ufficiale; la spiegazione piu’ attendibile va cercata nella somiglianza dello storico copricapo a una antica lucerna a due appoggi laterali. Altra spiegazione e’ stata fatta risalire, in senso morale, alla luce della legge che il cappello da Carabiniere effonde al suo apparire; la luce proverrebbe dallo splendente cappietto sovrapposto alla coccarda, i cui riflessi sono percepibili anche nella penombra. Sul piano uniformologico la lucerna ha subito nel tempo minime variazioni, tanto da poter essere considerato immagine della continuita’ storica dell’Arma.
OTTOBRE
Il Basco
E’ l’unico elemento del guardaroba dei Carabinieri ad avere una storia recente, ma non per questo meno stimolante graficamente, come mostra l’interpretazione a destra, ispirata ai suoi attuali impieghi.
Si tratta di un copricapo speciale adottato il 15 gennaio 1953 per tutti i militari dell’Arma dei Carabinieri nei servizisu mezzi corazzati (basco di panno turchino) e del reparto paracadutisti (basco di colore kaki). Con successiva
circolare del Comando Generale dell’Arma del 6 agosto
1956 venne esteso ai reparti mobili (Battaglioni e Nuclei autocarrati) l’uso del basco di panno turchino con l’uniforme di marcia o durante le esercitazioni, i campi e le manovre. Attualmente sono sei i colori del basco da Carabiniere: il blu tradizionale, il rosso dei Cacciatori,l’amaranto dei Paracadutisti, il nero della Linea Mobile, il celeste dei Carabinieri delleMissioni ONU e il verde per quelli Forestali.
Lo Stile Hippie
Gli anni ’70 furono quelli d’una liberalizzazione generale
dei costumi: i capelli si allungavano mentre le gonne si
accorciarono. La musica scopriva schemi poetici
transnazionali, contaminazioni attraenti da culture
diverse. La Swinging London era il faro al quale le
generazioni giovani guardavano talvolta come ipnotizzate da un’ arte psichedelica che combinava fumetto e pubblicità. Il cinema stesso cambiava registro e il raffinato regista Michelangelo Antonioni, che avevanel 1966 girato proprio a Londra il suo capolavoro Blow Up, spinse centinaia di artisti esordienti a diventare fotografi;
all’opposto cinque anni dopo Stanley Kubrick presentava al Pubblico Arancia Meccanica come segnale d’allarme per coscienze ormai senza parametri dopo che François Truffaut aveva avvertito con Fahrenheit 451 i rischi d’una società pronta a controllare i mezzi di comunicazione e
proibire la lettura.
NOVEMBRE
POP
Gli anni ’80 furono per l’Italia anni di benessere diffuso e di grande crescita dei diritti al consumo. A sua volta l’arte travalicava le dimensioni anguste della critica e degli specialisti e inventava la dimensione allargata della
Pop Art, movimento artistico elitario degli anni ’60 che divenne successivamente un linguaggio visivo celebrato e affermato nel gusto di massa: la Pop era nata per pochi intenditori e forse il suo nome stesso la costrinse a diventare popolare.
Dichiarava di volere essere fatta per tutti quanto lo era la cartellonistica pubblicitaria e voleva trasformare gli oggetti della vita quotidiana in icone d’una nuova poetica
condivisa. Ebbe effettivamente una influenza radicale sul gusto
e sui costumi e la televisione a colori si diffondeva in
tutto il Paese facendo nascere le reti
commerciali.
PRONTO INTERVENTO
La Gazzella non è un simbolo uniformologico, è però il più popolare sinonimo di agilità e di prontezza. Espressione del “Nucleo Operativo Radiomobile“, istituito alla fine degli anni ’60, a differenza del tenero e indifeso omonimo animale, possiede oggi parziale blindatura, vetri antisfondamento e paratie in policarbonato e acciaio. All’esterno ha, sul tetto, i dispositivi elettroacustici, quali i lampeggianti a led, un faro brandeggiante orientabile e un pannello a messaggio variabile, integrato aerodinamicamente
con la carrozzeria, E’ dotata di scompartimenti per gli equipaggiamenti individuali di difesa e gli apparati di comunicazione, navigazione, trasmissione e acquisizione di informazioni, nonché di un serbatoio antiscoppio e antideflagrazione. Infine, il bagagliaio contiene una borsa da primo soccorso, un estintore, cartelli e coni stradali, oltre alle centraline di controllo dei vari dispositivi.
Insomma, un simbolo, come tutti gli altri di questo Calendario, ma di sicurezza per i cittadini. Strettamente collegati
alla “Gazzella“ sono la “saetta“ e il numero “112“, segni evocativi del nostro Pronto Intervento, entrambi riportati sulla carrozzeria.
Il 112 nasce nel 1981 e rappresenta l’evoluzione definitiva di un progetto volto a semplificare e standardizzare il rapporto con la gente. Oggi è diventato numero unico di emergenza a livello europeo e, tramite questa utenza, il cittadino può entrare in contatto con una centrale operativa in grado di gestire o smistare agli altri servizi pubblici tutte le richieste di aiuto.
DICEMBRE
L’ARMA E LE SUE COMPONENTI
L’Arma è raffigurata in queste pagine nella sua reale natura: un insieme armonico e coeso di tutti i suoi Carabinieri, dal giovane appena arruolato al Comandante Generale, simbolicamente rappresentati dai gradi nel cerchio, che danno corpo, efficaciae autonomia alle articolazioni illustrate nella pagina a fianco, come le app di un dispositivo multimediale all’avanguardia. Dalla territoriale ai reparti di polizia militare e via via, in ordine cronologico, ai Corazzieri, alle tante articolazioni specializzate sino alla nuova forestale, esse, in un’azione sinergica, performante e vibrante, la rendono, efficiente e pronta alle sfide del domani. L’Arma dei Carabinieri, da sempre attenta all’evoluzione del tessuto sociale e alle esigenze del cittadino, ha sviluppato il primo applicativo “di prossimità” fruibile su tecnologia palmare. L’innovativa app, dal nome “iCarabinieri”, è stata ideata per offrire le potenzialità del sito www.carabinieri.it a tutti i dispositivi portatili.
IL PRESENTE TECNOLOGICO
Ci troviamo sulle soglie d’una nuova era, iniziata timidamente sul finire del secolo
scorso e esplosa in un’ espansione velocissima. La mutazione dei sistemi di comunicazione sta per avere conseguenze non ancora del tutto percepite. I voli in aereo sono alla portata di tutti e la profonda rivoluzione digitale dell’internet sta cambiando i percorsi mentali degli utenti. Ora il mondo intero sembra a disposizione sullo schermo del computer. Lo spazio e il tempo si sono ridotti, anzi nella trasmissione dei dati sono addirittura annullati. Le sfide sono portate a livello mondiale e gli equilibri costantemente messi in discussione. Talvolta l’umanità sente le vertigini come se fosse sul bordo d’un pericoloso precipizio. Mai come adesso la sicurezza diventa un bene prezioso e necessario. L’Arma dei Carabinieri si trova in prima linea nella gestione della complessità attuale: si articola a 360 gradi nel compito che affronta, si arricchisce di competenze fino a ieri impensabili. E’ cosciente delle responsabilità e della celerità che richiedono oggi gli interventi per rendere efficace la tutela. Nondimeno
l’etica di servizio in un mondo fattosi ormai velocissimo rimane quella di sempre, quella di ieri come quella d’un domani che va quotidianamente inventato.
La fotogallery della presentazione del calendario dell’Arma dei Carabinieri (foto www.SassiLive.it)
Solo pubblicità. La gente vuole sicurezza!