Di Giacomo (S.P.P.): “Fa specie che c’è chi si scandalizza per il ritrovamento di telefoni cellulari in carcere”. Di seguito la nota integrale.
“C’è chi si scandalizza per il ritrovamento nel carcere di Melfi di un mini telefonino cellulare con sim e caricabatterie in possesso di un detenuto per associazione di stampo mafioso. Evidentemente c’è chi ignora l’alto numero di telefonini sequestrati dalla polizia penitenziaria in tanti carceri italiani. E se la “scoperta” viene dal vice presidente della Commissione antimafia siamo davvero ad una situazione più grave”. Lo afferma il segretario generale del Sindacato Penitenziari – S.PP. – Aldo Di Giacomo lanciando l’allarme: “Soprattutto in un clima di delegittimazione della polizia penitenziaria e di scarsa conoscenza della politica sui problemi reali del sistema carcerario non ci sono più roccaforti sicure del 41 bis perché sono i boss e capi dei clan attivi in Sicilia, Calabria e Campania che continuano a comandare dalle carceri”.
Il segretario del S.PP. aggiunge: “Secondo i dati ufficiali di fonte ministero più aggiornati è di oltre un migliaio il numero totale di cellulari e sim ritrovati nei 190 istituti italiani. Quasi due per ogni carcere. Con un aumento costante negli anni. Numeri che purtroppo non indicano fedelmente la situazione. Questo significa – continua Di Giacomo – che per i capi delle organizzazioni criminali è una consuetudine diffusa impartire ordini con i telefonini. Solo la politica non se ne accorge non affrontando radicalmente la situazione e accogliendo la nostra proposta di inasprimento delle pene per i detenuti trovati in possesso di telefonini come per quelli che aggrediscono agenti, senza possibilità di concedere alcun tipo di beneficio. Almeno noi – dice Di Giacomo – non abbiamo alcuna intenzione di ammainare bandiera bianca all’anti- Stato che vuole dimostrare di essere più forte dello Stato. Lo dobbiamo innanzitutto alle vittime e alle famiglie delle vittime di attentati di mafia, ‘ndrangheta, camorra e ai sempre più numerosi colleghi aggrediti in carcere.
Non sfugga inoltre che il piano cosiddetto sperimentale dell’Amministrazione Penitenziaria, con una spesa iniziale di 3,5 milioni di euro, per contrastare il sempre più diffuso uso di telefoni cellulari nelle carceri attraverso strumenti di rilevamento, è un autentico flop. Sarebbe stato decisamente più economico ed efficace modificare la normativa sul controllo dei familiari in visita ai detenuti e mettere realmente il personale penitenziario in condizione di ispezioni e controlli, soprattutto accrescendo le unità di servizio e le strumentazioni necessarie, persino qualche ‘mobile detector’ in più in grado di segnalare la presenza di smartphone e di cellulari di qualsiasi generazione anche se spenti, anche senza batteria, sprovvisti di sim card e anche se nascosti nei luoghi più impensabili, cavità anatomiche comprese. Oppure – afferma Di Giacomo – tanto vale seguire l’esempio della Francia che ha deciso di installare telefoni fissi nelle celle delle carceri francesi”.