E’ “fondata” l’accusa contro l’Eni di aver smaltito illecitamente nel centro oli di Viggiano i rifiuti prodotti dall’estrazione del petrolio, con procedure che hanno fatto conseguire all’azienda un “ingiusto profitto” (per milioni di euro). E’ la motivazione in base alla quale il Tribunale del Riesame di Potenza ha confermato, il 16 aprile scorso, il sequestro di due vasche e del pozzo di reiniezione al servizio del centro oli dell’Eni in Val d’Agri.
Ci sono anche l’Eni e altre nove società tra i 70 indagati a cui oggi la squadra mobile di Potenza e i Carabinieri del Noe hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari relative ad alcune parti dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata coordinata dalla Procura del capoluogo lucano. La compagnia “confida – è scritto in una nota – di poter dimostrare, nella nuova fase processuale che si apre, la assoluta correttezza e legittimità dei propri comportamenti”. Nell’elenco dei 70 indagati non c’è invece il nome del sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo (Pd). La posizione di De Filippo – che nei mesi scorsi era stato indagato per il reato di corruzione per induzione a fini elettorali – è stata separata e per lui, così come per altri indagati, si profila una imminente richiesta di archiviazione.
“Eni ribadisce la correttezza del proprio operato e conferma che il Centro Olio Val d’Agri rispetta le best practice internazionali”: lo ha detto un portavoce Eni dopo le motivazioni del Tribunale del riesame. La compagnia ha ribadito “la massima collaborazione alla magistratura e il proprio interesse a che possa essere fatta chiarezza sulla vicenda. Gli esiti delle perizie indipendenti che la società ha promosso, non solo ribadiscono la correttezza dell’impianto ma anche l’assenza di rischi sanitari e ambientali”.
(Ansa)