Con la sentenza numero 50 del 24 maggio 2023 la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Basilicata, in merito al procedimento per potenziale danno erariale riguardante la nomina dell’ex portavoce Piergiuseppe Otranto ha rigettato la richiesta del Pm e ha assolto i componenti della prima giunta Bennardi composta dal sindaco Domenico Bennardi, dagli assessori Alberto Acito, Graziella Corti, Rossella Nicoletti, Arcangelo Colella, Tiziana D’Oppido, Giuseppe Digilio, Giuseppe Sarli, Lucia Summa e Raffaele Tantone. Assolti anche l’ex segretario generale Angela Rosaria Stolfi e l’ex dirigente Felice Viceconte.
Michele Capolupo
Non c’è stato alcun danno erariale, per l’affidamento dell’incarico di portavoce del sindaco e capo di Gabinetto al professionista esterno Piergiuseppe Otranto. Lo stabilisce la sentenza della Corte dei conti di Basilicata, che lo scorso 22 dicembre aveva avviato un procedimento nei confronti del sindaco, Domenico Bennardi, dei componenti della precedente Giunta comunale, alcuni dei quali ancora in carica (gli assessori Alberto Acito, Graziella Corti, Rossella Nicoletti, Arcangelo Colella, Tiziana D’Oppido, Giuseppe Digilio, Giuseppe Sarli, Lucia Summa e Raffaele Tantone), oltre all’ex segretaria generale Angela Rosaria Stolfi e l’ex dirigente Felice Viceconte. Con sentenza del 16 maggio scorso, sono stati tutti assolti. L’indagine, condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza, era partita da una segnalazione del 3 febbraio 2021, sulla delibera con cui l’ex Giunta comunale il 2 novembre 2020 conferì l’incarico all’avvocato Otranto con il cosiddetto strumento pattizio, diverso dal contratto di lavoro a tempo determinato, come imposto il precedente regolamento di riferimento poi modificato. Otranto assunse subito l’incarico di rappresentante istituzionale dell’ente, capo di Gabinetto e portavoce del sindaco. Pochi mesi dopo, il 16 febbraio 2021, constatata l’incompatibilità con l’incarico di professore universitario, Otranto rinunciò all’impegno presso il Comune di Matera, che fu poi conferito all’attuale capo di Gabinetto con contratto di funzionario di categoria D3. Da quest’ultimo dettaglio è scaturita l’azione della Corte dei conti, perché Otranto secondo l’accusa in quei pochi mesi avrebbe percepito somme indebitamente erogate. La posizione di Otranto fu subito archiviata, mentre si ritenne di mandare a giudizio gli amministratori ed i funzionari coinvolti, a cui si contestava sostanzialmente l’inquadramento economico e contrattuale del professore, ritenendo quest’ultimo aspetto incompatibile con il cumulo di incarichi conferiti, oltre alla scelta di persona non dipendente dell’ente. Per tutti gli imputati, il pm aveva chiesto la restituzione delle somme indebitamente corrisposte all’ex capo di Gabinetto, ovvero 79.300 euro da risarcire in solido al Comune di Matera. In sede dibattimentale è stata dimostrata la piena regolarità di tutti gli atti compiuti da amministratori e tecnici coinvolti, che non hanno comportato tra l’altro maggiori esborsi da parte dell’ente pubblico; tutto si è consumato nel “legittimo esercizio della discrezionalità da parte del sindaco”, che si è affidato ai dirigenti competenti, al segretario comunale e allo stesso Otranto per provvedimenti da adottare. Inoltre, come evidenziato nelle memorie difensive, nella precedente gestione amministrativa il capo di Gabinetto percepiva 121mila euro annui, oltre ai 44mila del portavoce, per un totale di 166mila, ben lontani dai 95mila riconosciuti a Otranto che aveva assunto entrambi gli incarichi, con un risparmio di oltre 70mila euro per l’ente. Il collegio giudicante ha, infine, accolto molte delle eccezioni presentate dagli imputati, rilevando che Otranto aveva tutti i requisiti per cui era stato nominato e che la spesa complessiva per l’ente non è stata superiore a quella prevista per quegli incarichi. Quindi, non c’è stato alcun danno erariale, e anzi il Comune di Matera oggi dovrà pagare 23mila euro di spese legali per le difese degli ex imputati. “Una risposta nei fatti ai tanti, che fuori e dentro il consiglio comunale -commenta il sindaco Bennardi- si sono improvvisati professori di diritto amministrativo e penale, che probabilmente devono aggiornare i propri studi. Una conferma che si è perseguito il bene dell’amministrazione e quindi il bene comune. Questa Amministrazione opera correttamente, e lo dimostrano le sentenze favorevoli tra Tar e tribunale ordinario, penso al Tar sull’infopoint turtistico, sulla gestione di Casino Padula, la mensa scolastica e contro la speculazione edilizia. Sono ormai tanti, i segnali positivi sul nostro operato dal mondo giudiziario”.
Di seguito il testo della sentenza della Corte dei Conti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA BASILICATA
composta dai seguenti Magistrati:
Vincenzo Maria PERGOLA Presidente
dr. Rocco LOTITO Consigliere relatore
dr. Federico LORENZINI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 8931 del Registro di Segreteria, ad istanza della Procura Regionale presso questa Sezione, nei confronti di:
BENNARDI Domenico, rappresentato e difeso dall’avv. Roberta Lasco
DIGILIO Giuseppe rappresentato e difeso dall’avv. Donato Lettieri,
ACITO Alberto, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mariano Danilo Agresti e Vito Agresti,
D’OPPIDO Tiziana, rappresentata e difesa, dall’avv. Donato Lettieri,
NICOLETTI Rosa, rappresentata e difesa dall’avv. Vito Agresti
TANTONE Raffaele, rappresentato e difeso dall’avv. Donato Lettieri
SARLI Giuseppe, rappresentato e difeso dall’avv. Vito Agresti,
SUMMA Maria Lucia, rappresentata e difesa dall’avv. Donato Lettieri,
CORTI Graziella, rappresentata e difesa dall’avv. Cesare Pinto
COLELLA Arcangelo, rappresentato e difeso dall’avv. Vito Agresti
STOLFI Angela Rosaria, rappresentato e difeso dall’avv.
VICECONTE Felice rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Eustachio Amerigo Colucci,
Visto l’atto introduttivo del giudizio, esaminati tutti gli altri atti e documenti della causa; uditi, nella pubblica udienza del 16 maggio 2023, con l’assistenza del Segretario del Collegio dott.ssa Angela Micele, il Consigliere relatore Rocco Lotito, il Pubblico Ministero nella persona del dott. Giulio Stolfi, nonché gli Avv.ti
Roberta Lasco, Vito Agresti, Donato Lettieri, Cesare Pinto e Vincenzo Eustachio Amerigo Colucci; premesso in
FATTO
Con atto di citazione depositato il 22 dicembre 2022 la Procura regionale conveniva in giudizio Bennardi Domenico, Digilio Giuseppe, Acito Alberto, D’Oppido Tiziana, Nicoletti Rosa, Tantone Raffaele, Sarli Giuseppe, Summa Maria Lucia, Corti Graziella, Colella Arcangelo, Stolfi Angela Rosaria e
Viceconte Felice, in ordine ad un’ipotesi di danno erariale derivante dagli esborsi che sarebbero stati indebitamente sostenuti dall’amministrazione comunale di Matera in conseguenza dell’illegittimo affidamento a soggetto esterno dell’incarico di portavoce del Sindaco e di capo di Gabinetto.
L’attore pubblico evidenziava che, ricevuta in data 3/2/2021 la segnalazione di danno, la rappresentazione della vicenda ivi contenuta trovava conferma dagli esiti dell’attività investigativa condotta dai militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Matera.
Dall’esposizione in fatto contenuta nell’atto introduttivo si evince
sinteticamente quanto segue.
Con delibera n. 289/2020 del 02/11/2020 la Giunta comunale di Matera – sul presupposto che la normativa dettata dall’art. 7 della L. n. 150 del 07/06/2000 non imponesse per il conferimento dell’incarico di portavoce del Sindaco alcuna specifica tipologia contrattuale – modificava l’art. 14.3 del Regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi del Comune di Matera, prevedendo la possibilità di attribuire detto incarico a soggetto esterno all’amministrazione anche con strumento pattizio diverso dal contratto di lavoro a tempo determinato, prima imposto dalla predetta norma regolamentare.
Con successiva deliberazione n. 301/2020 del 06/11/2020 la Giunta, tra l’altro: stabiliva che il portavoce, da individuarsi fiduciariamente, avrebbe avuto la rappresentanza istituzionale dell’ente e avrebbe avuto diritto alla corresponsione dell’indennità annua di € 75.000,00, oltre accessori; dava mandato al dirigente dell’ufficio di Staff del sindaco di porre in essere tutti i necessari adempimenti per l’effettivo conferimento dell’incarico. L’ing. Viceconte, che rivestiva detta responsabilità (ma che, nell’occasione, si qualificava come dirigente del settore “gestione del territorio”), esprimeva parere favorevole sulla regolarità tecnica e amministrativa degli indirizzi espressi con tale deliberazione.
Con decreto monocratico dell’11/11/2022 il sindaco Bennardi conferiva al prof. avv. Piergiuseppe Otranto l’incarico di portavoce, dando però atto che sarebbero state allo stesso affidate anche le funzioni di capo di Gabinetto; la regolarità tecnico-amministrativa di tale atto veniva attestata dall’ing. Viceconte. La collaborazione con il comune di Matera iniziava materialmente con contratto di prestazione d’opera intellettuale senza vincolo di subordinazione in data 1/12/2020.
Come evincibile dalla determinazione dirigenziale n. 2662/2020 dell’1/12/2020, di impegno di spesa e di approvazione dello schema di contratto, l’incarico conferito comportava un esborso complessivo, al lordo degli oneri accessori, di
€ 95.160,00 annui (€ 7.930,00 mensili).
A seguito della comunicazione del 15/2/2021, con cui il Rettore dell’Università di Bari gli aveva comunicato l’incompatibilità dell’incarico di capo di Gabinetto con lo status di professore associato a tempo definito, il prof. Otranto, con nota del 16/2/2021, comunicava al Sindaco la sua volontà di interrompere tali funzioni; al ruolo di portavoce, poi, lo stesso rinunciava con nota del 2/8/2021.
Entrambe le predette funzioni, poi, venivano dall’amministrazione comunale affidate all’avv. Lopez con contratto di lavoro a tempo determinato e trattamento economico parametrato a quello di funzionario di cat. D/3. Ritenendo sussistenti il danno all’erario, corrispondente alle somme illegittimamente ed indebitamente erogate, e gli altri presupposti della responsabilità amministrativa, in data 13/06/2022 il PM emetteva invito a dedurre nei confronti degli odierni convenuti e del prof. Otranto.
Gli elementi addotti dagli invitati conducevano alla parziale archiviazione del fascicolo istruttorio per la posizione di quest’ultimo. Non ritenendo, invece, che le contestazioni mosse potessero ritenersi superate dalle deduzioni difensive pervenute e dagli argomenti difensivi proposti nelle deduzioni personali, veniva emesso nei confronti degli altri invitati atto di citazione, che prendeva le mosse dalla disamina delle controdeduzioni dai predetti ricevute, nelle quali: (i) era stata contestata l’erronea lettura del vigente quadro normativo, visto anche che l’utilizzo del termine “indennità”, per indicare la controprestazione pecuniaria, induceva ad una diversa configurazione giuridica del rapporto; (ii) si era negata la sussistenza del nesso eziologico con riferimento alle condotte degli assessori, visto che il conferimento dell’incarico era unicamente
riconducibile alla libera volizione del sindaco;
(iii-iv) era stata contestava non solo la mancata prova dell’elemento soggettivo, ma anche l’insussistenza del dolo, considerando che gli assessori non avevano alcun interesse a concepire e volere il disegno criminoso;
(v) si era, poi, sostenuto che la modifica regolamentare di cui alla del. n.
289/2020 non vietava l’assunzione a tempo determinato per il conferimento dell’incarico di portavoce, visto anche che, sulla base della stessa norma secondaria, l’incarico era stato successivamente conferito con tali modalità all’avv. Lopez;
(vi) era stato, infine, dedotto che non poteva trattarsi di un problema di indebita erogazione, ma di indebita percezione degli emolumenti in contestazione e che il problema della mancata autorizzazione e della relativa richiesta avrebbe dovuto interessare il solo prof. Otranto.
La Procura evidenziava, con riferimento alla responsabilità di quest’ultimo, che l’originaria prospettazione contenuta nell’invito a dedurre era venuta meno a seguito della esposizione delle ragioni difensive, che avevano valorizzato la circostanza che lo stesso professore aveva comunicato all’Università di Bari l’assunzione dell’incarico in data 01/12/2020.
Tale circostanza valeva ad escludere, in capo al prof. Otranto, la sussistenza del dolo, per difetto del necessario coefficiente rappresentativo; tanto bastava ad escludere l’imputabilità dell’accipiens, visto che l’eventuale sussistenza della colpa grave non è ritenuta dalla vigente normativa valido criterio di imputazione soggettiva della responsabilità amministrativa per condotte commissive.
Ben diversa è stata ritenuta la posizione degli amministratori.
Il Requirente, in punto di antigiuridicità della condotta, riteneva del tutto insostenibile la tesi che l’incarico di capo di Gabinetto dovesse essere considerato “ancillare” rispetto a quello di portavoce, essendo invece proprio il primo l’incarico principale (comportante impegno e responsabilità maggiori e costituente il “profilo di punta” dello staff dell’amministrazione), come confermato anche dalla scelta di un esperto in diritto amministrativo come l’Otranto, sprovvisto, al contrario, di significativa esperienza nel campo della comunicazione istituzionale. Ciò sarebbe confermato dal fatto che gli indirizzi impartiti con la deliberazione n. 301/2020 non abbiano in concreto come oggetto l’incarico di portavoce, con il quale non risultano compatibili le responsabilità apicali e di rappresentanza istituzionale dell’ente, confacenti invece all’incarico di capo di Gabinetto, che in sostanza si voleva disciplinare.
Doveva, inoltre, conseguentemente ammettersi che la retribuzione, sia pur formalmente riferita all’incarico di portavoce, andasse in realtà a remunerare il complessivo incarico da conferire, comprendente anche le funzioni di capo di Gabinetto.
Ciò premesso, riteneva il PM che detto cumulativo incarico non potesse essere conferito con le forme del contratto di collaborazione coordinata e continuativa.
La disposizione di cui all’art. 7 della L. n. 150 del 07/06/2000, infatti, aveva già trovato attuazione con il regolamento comunale adottato nel 2010 che, nel prevedere le forme del rapporto di lavoro a tempo determinato, aveva correttamente applicato (visti i principi ermeneutici della lex posterior e della lex specialis) la norma di cui all’art. 90, primo comma, del D.Lgs. n. 267 del 18/08/2000 (TUEL), che tale forma contrattuale richiede per il conferimento di incarichi per gli uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco.
Né, d’altronde, sempre nell’ipotesi accusatoria, l’incarico di capo di Gabinetto avrebbe potuto essere svolto da soggetto che non fosse dipendente dell’Ente, come di fatto invece accaduto (al fine di avvantaggiare l’Otranto consentendogli di conservare l’incarico presso l’Università di Bari, con indebita duplicazione di retribuzione pubblica, e di esercitare la professione forense, altrimenti incompatibile) «… utilizzando il traslucido velo dell’escamotage di volerlo considerare come una prestazione “gratuita”, quando invece essa era
ampiamente remunerata, a ben guardare nella globalità e unitarietà del duplice conferimento …»; tale conclusione, che riguarda anche l’incarico di portavoce, parimenti inconferibile a soggetto non dipendente dell’ente, è necessitata dalla constatazione che «… gli incarichi di staff comportano una disponibilità in termini di tempo e di energie che non consente, in generale, di affidarli ad un soggetto che rimanga (virtualmente) libero di auto-organizzare la propria puntuale “prestazione”».
Con riferimento al nesso etiologico, il PM riteneva evidente che la soppressione della necessità del ricorso al contratto a tempo determinato, prevista dalla precedente formulazione dell’art. 14, comma 3, del testo regolamentare, avesse avuto l’effetto di consentire, in contrasto con la legge, il ricorso a diversa tipologia di rapporto, evidenziando: che tale modifica «… si pone come antecedente causale necessario ed indefettibile per la produzione dell’evento dannoso…»; che dalla relazione tecnica alla delibera di modifica regolamentare si evince «…come fosse esattamente questo l’effetto voluto…»; che nel nesso etiologico deve ritenersi avvinto anche l’atto di indirizzo, che ha posto un «…vincolo alla discrezionalità del sindaco nel conferire l’incarico fiduciario, prospettando la creazione di un ruolo che … non corrisponde esattamente alla figura del portavoce, ma si carica di una eccedenza di significato, a sua volta base per il “doppio conferimento” che qui si è messo sotto scrutinio». In merito alla sussistenza, per gli amministratori, del necessario coefficiente psicologico, il PM evidenziava che, nella disamina dell’iter amministrativo, si è «… inteso sempre agganciare il finalismo dell’azione a elementi obiettivi.
Non a caso si è parlato espressamente di “preordinazione oggettiva”»: mancando la prova (non necessaria) della volontà di individuare specificamente l’Otranto, dagli atti sarebbe emerso, invece, «…il disegno volto al conferimento di un incarico ad un soggetto che non poteva ricoprirlo»; visto che, da quanto dichiarato in sede di audizione, il Prof. Otranto aveva posto, quali specifiche condizioni per l’accettazione dell’incarico, la disponibilità di tempo libero nel fine settimana e la prosecuzione della propria attività accademica, «…gli amministratori che posero in essere gli atti e provvedimenti attraverso i quali si consentì, violando la legge, di realizzare queste due “condizioni” non possono sottrarsi alla responsabilità scaturente dalle loro scelte». Con riferimento alla configurazione del dolo contenuta nelle vigenti disposizioni normative, la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso richiederebbe che la rappresentazione cada sul danno-evento, che consiste nella «…modificazione della realtà giuridico-fattuale conseguente alla condotta dell’agente; vale a dire, nel caso d’interesse, la nomina del soggetto contra legem»; a diversa conclusione si sarebbe potuto giungere solo nel caso in cui la legge avesse richiesto la finalità di arrecare danno all’erario, ma ciò, ai fini della configurazione del dolo, non è previsto.
Il Requirente, in definitiva, evidenziava che dovevano connotarsi come dolose non solo la condotta del sindaco, materiale autore della nomina e che quindi sicuramente si rappresentò e volle il danno-evento (ossia l’indebito esborso connesso all’illegittimo conferimento), ma anche quelle degli amministratori, dovendo per questi ultimi sicuramente riconoscere la sussistenza del dolo, quantomeno nella forma eventuale, essendosi gli stessi come minimo
rappresentata l’illegittimità della nomina quale conseguenza della loro azione. Né potrebbe ritenersi utilmente invocabile l’esimente politica ex art. 1, c. 1-ter, della L. n. 20/1994, non rientrando le condotte contestate nella competenza degli uffici tecnici o amministrativi e non ricorrendo, per le ragioni sopra esposte, alcuna buona fede da parte degli organi politici che hanno approvato le ridette deliberazioni.
Il danno conseguente a tali condotte antigiuridiche è indicato, nell’atto di citazione, in misura corrispondente al complessivo importo delle somme complessivamente erogate, da considerarsi disutile in virtù della valutazione ex ante operata dalla legge, con la quale tali erogazioni sono risultate in contrasto. Degli esborsi dannosi dovevano ritenersi responsabili, oltre che il sindaco e gli amministratori, anche l’ing. Viceconte (al quale sono riconducibili i pareri di regolarità della del. 301/2020, la predisposizione e stipula del contratto e l’emanazione degli impegni di spesa) e il Segretario comunale dr.ssa Stolfi, redattrice della relazione tecnica favorevole alla modifica regolamentare.
Nei confronti di questi ultimi l’attore pubblico ipotizzava la sussistenza del dolo, quantomeno nella forma eventuale, o gradatamente della colpa grave, con riferimento all’omissione della condotta alternativa lecita.
Si chiedeva, quindi, che il complessivo danno prodotto di € 79.300,00, da risarcirsi in favore del comune di Matera, con la maggiorazione di rivalutazione ed interessi, fosse addebitato in solido a tutti i convenuti ovvero, alternativamente, in solido e invia principale al Sindaco ed ai componenti della
Giunta, e in via sussidiaria e parziale alla dr.ssa Stolfi, per il 10%, e all’ing. Viceconte, per il 20%.
Con separate memorie del 24/04/2023 si costituivano in giudizio Sarli Giuseppe, Colella Arcangelo e Nicoletti Rosa, rappresentati ed assistiti dall’avv. Vito Agresti, e Acito Alberto, rappresentato e difeso dal predetto avvocato congiuntamente all’avv. Mariano Danilo Agresti, i quali contestavano gli addebiti mossi con l’atto di citazione, eccependo, preliminarmente, la nullità dell’atto di citazione, per incertezza assoluta e mancanza degli elementi di cui all’art. 86, comma 2, c.g.c., non essendo nel predetto atto spiegato (e poi provato) in che modo le deliberazioni n. 289/2020 e 301/2020 avrebbero causato il danno e in che modo i convenuti si sarebbero rappresentati e avrebbero voluto l’evento-danno, o accettato il relativo rischio.
Nelle memorie, inoltre, si riteneva del tutto insussistente la presunta
antigiuridicità dei fatti rilevando, tra l’altro:
– la mancanza di incompatibilità per i docenti a tempo pieno che svolgano attività libero-professionali e di lavoro autonomo in assenza di situazioni di conflitto di interesse (alla luce di quanto disposto dall’art. 7, commi 10 e 12, della L. n. 240/2010) e, a maggior ragione, per i docenti universitari a tempo definito (quale è l’Otranto), per i quali l’art. 53, comma 6, del TUPI esclude la necessità dell’autorizzazione prevista dal comma 7 dello stesso articolo; – la legittimità della delibera n. 289/2020 e, in ogni caso, il difetto di nesso causale tra la relativa adozione e il presunto danno. L’art. 7, comma 1, della L.
n. 150/2000, disciplina l’incarico di portavoce senza alcun cenno alla tipologia di contratto che debba essere utilizzata, potendo anzi pienamente utilizzarsi il contratto di lavoro autonomo, come suggerisce l’utilizzo da parte della norma del termine di indennità e come confermato dalla prassi avallata da pronunce della giurisdizione contabile; tale specifica normativa, in applicazione del principio lex posterior generalis non derogat priori speciali, non è stata derogata dalla successiva generale disciplina dettata dall’art. 90 del TUEL per gli incarichi di staff. In ogni caso la Procura non ha dimostrato come la censurata modifica regolamentare possa costituire l’atto presupposto dell’attribuzione dell’indebito nocumento al prof. Otranto e del correlativo danno contabile, né ha validamente individuato e comprovato l’intento fraudolento degli assessori firmatari del provvedimento in questione;
– la legittimità della delibera n. 301/2020. Ritenuti privi di pregio i tentativi della Procura di sminuire il ruolo del portavoce – assolutamente non marginale nella configurazione datane dalla normativa, come interpretata dalla giurisprudenza, e nella situazione contingente, legata alla necessità di implementare la visibilità del territorio e il marketing territoriale sulla scia della benefica esperienza di Matera 2019 – non vi è alcun riscontro del fatto che con tale atto si sia voluto disciplinare il diverso incarico di capo di Gabinetto, del quale non si fa riferimento in nessun atto giuntale. Né alcuna prova, suffragante le tesi del Requirente, può ritrarsi dall’utilizzo di espressioni quali “responsabilità apicale”, che si riferisce allo stretto rapporto del portavoce con il vertice amministrativo, e di “rappresentanza istituzionale dell’ente”, che riguarda il compito di riportare la volontà dell’organo di vertice. Non può infine sindacarsi l’entità del compenso individuato, vista la mancanza di norme che ne impongano il contenimento;
– l’irrilevanza delle vicende successive. Il successivo sviluppo dei fatti, e cioè il conferimento all’Otranto dell’incarico di portavoce e capo di Gabinetto, non è riconducibile agli assessori;
– l’insussistenza del danno erariale. Detto incarico di capo di Gabinetto non ha comportato maggiori oneri per il comune, essendo stata prevista la sola indennità di portavoce, da ritenersi commisurata e parametrata al dettato normativo. Ove tali somme non potessero essere percepite dall’Otranto, questi sarebbe l’unico che potrebbe essere chiamato a risponderne, ma non è stato convenuto nel presente giudizio. Si dovrà, in ogni caso, tenere conto degli indubbi vantaggi derivanti all’amministrazione, che ha risparmiato gli ulteriori costi per il conferimento di detto incarico a titolo oneroso e non ha proceduto al relativo affidamento per il periodo da febbraio all’ottobre 2021;
– l’assenza del nesso di causalità. Le condotte dei componenti della Giunta, tutte
lecite, non hanno causalmente determinato il contestato conferimento del doppio incarico, né il necessario nesso etiologico è stato dimostrato dall’attore pubblico;
– l’insussistenza dell’elemento psicologico. Mancando la conoscenza, da parte dei deducenti, del soggetto cui sarebbe stato affidato il contestato incarico, non menzionato nei suindicati atti deliberativi, nei quali non v’è peraltro cenno nemmeno all’incarico di capo di Gabinetto, non può configurarsi la coscienza e volontà dell’evento, necessarie per integrare la sussistenza dell’elemento doloso, neppure nella forma eventuale, necessario ai sensi della normativa introdotta dal D.L. n. 76/2020 (convertito in L. n. 120/2020), pienamente applicabile ai fatti in contestazione.
I suindicati convenuti chiedevano, pertanto, che si accertasse e dichiarasse, in via preliminare, la nullità dell’atto di citazione per violazione dell’art. 86 c.g.c. e, nel merito, che gli stessi fossero assolti ovvero, in via subordinata, che si facesse applicazione del potere riduttivo dell’addebito nella misura massima prevista, con vittoria di spese e competenze di lite.
Con comparsa del 26/4/2023 si costituiva in giudizio il dott. Domenico Bennardi, rappresentato e difeso dall’avv. Roberta Lasco, rilevando, in diritto: – l’assenza di antigiuridicità del fatto. Rientrerebbe, infatti, nella facoltà dell’ente la possibilità di modifica del regolamento, senza che sia necessaria alcuna motivazione, stante il legittimo esercizio di discrezionalità di carattere politico. Con la delibera n. 289 del 2.11.2020 la Giunta decise di modificare l’art. 14 del regolamento comunale sull’organizzazione degli uffici e dei servizi, per adeguarlo alla previsione normativa di cui all’art. 7 della L. n. 150/2000 che non prevede che l’incarico di portavoce debba essere conferito con contratto di lavoro subordinato ma che, con l’utilizzo del termine “indennità”, consentiva, inequivocabilmente, l’utilizzo del contratto di lavoro autonomo. Si evidenziava, inoltre, che la funzione di portavoce, già di preponderante importanza per la compagine politica di appartenenza del Sindaco, ne assumeva di ulteriore, visto che il conferimento dell’incarico avveniva a ridosso dell’esperienza di Matera 2019. Si richiamavano, poi, le pronunce della giurisdizione contabile annoveranti il predetto incarico nell’area delle collaborazioni autonome. In tale contesto, le funzioni di capo di Gabinetto (oggetto di conferimento a titolo gratuito e cessate a circa due mesi dall’instaurazione del rapporto, senza che venisse istituito l’apposito Ufficio di Gabinetto) hanno assunto importanza del tutto marginale rispetto a quelle di portavoce, per le quali soltanto sono state presentate dal Prof. Otranto le relazioni periodiche mensili delle attività svolte;
– l’assenza dell’elemento soggettivo. Si evidenziava, sul punto: che in capo al sindaco non potesse configurarsi alcun comportamento doloso, in quanto lo stesso, al primo incarico politico e senza alcuna formazione giuridica, nella vicenda si affidava ai dirigenti competenti, al segretario comunale e allo stesso prof. Otranto; che se il PM aveva riconosciuto la valida sussistenza dei motivi per archiviare la posizione di quest’ultimo, convinto della correttezza del procedimento, la stessa buona fede avrebbe dovuto essere riconosciuta
all’inesperto sindaco, che si era affidato alle prospettazioni dei predetti soggetti tecnici competenti; che, in base alla normativa vigente ed applicabile al caso di specie, il difetto dell’elemento doloso non può comportare alcuna imputazione, vista l’insussistenza di condotte omissive antigiuridiche allo stesso ascritte, per le quali (sole) potrebbe rispondere per colpa grave;
– l’inesistenza del danno erariale. Secondo l’organizzazione predisposta dal precedente Sindaco, era previsto un costo di 121 mila euro annui per l’incarico di capo di Gabinetto e di 44 mila euro annui per l’incarico di portavoce, per un totale di 166 mila euro annui. Si evidenziava, pertanto, che la decisione di incaricare un unico soggetto per entrambi gli incarichi al complessivo costo di 75 mila euro annui comportava un oggettivo risparmio per l’amministrazione comunale, e non certo un danno per le finanze della stessa. Nella comparsa, infine, si rappresentava che le erogazioni in questione erano state sottratte da quelle previste per lo staff del sindaco e che, in ogni caso, dal danno conteggiato avrebbe dovuto essere detratto il valore dell’IVA.
La difesa del Sindaco Bennardi concludeva chiedendo il rigetto di ogni richiesta attorea instando, in via subordinata, per la riquantificazione del danno, con la statuizione sulle spese di giudizio come per legge.
Con comparsa del 26 aprile 2023 si costituiva in giudizio l’Arch. Graziella Corti, rappresentata e difesa dall’avv. Cesare Pinto, ritenendo le contestazioni mosse dalla Procura infondate in fatto e in diritto, e, dopo aver ripercorso la vicenda processuale, ed eccepito in rito la nullità della citazione ex art. 87 c.g.c., rappresentava, in diritto, che i contestati provvedimenti erano in realtà legittimi né, in ogni caso, poteva dubitarsi della sua buona fede; evidenziava che la
Giunta, composta per lo più da soggetti “espressione della società civile” alla prima nomina (come l’esponente), adottava i provvedimenti censurati appena undici giorni dopo il suo insediamento, in un momento storico difficile e su proposta del segretario generale dell’ente dr.ssa Stolfi (che redigeva la relazione tecnica della delibera n. 289/2020) e del dirigente ing. Viceconte (autore della proposta trascritta nella deliberazione n. 301/2020); della legittimità di tali atti l’esponente, sfornita di specifiche competenze in materia di diritto amministrativo, non avrebbe avuto modo di dubitare; aggiungeva, poi, che la Giunta non si era mai occupata della nomina del capo di Gabinetto né le contestate deliberazioni escludevano l’applicabilità dell’art. 90 del TUEL, che avrebbe dovuto avvenire in sede di successiva adozione del decreto sindacale. La convenuta evidenziava, in ogni caso, che non sussisteva alcun danno erariale, considerato che il prof. Otranto è stato retribuito per il solo incarico di portavoce
e che il compenso da questo percepito non si discosta da quello complessivamente riconosciuto all’avv. Lopez.
Considerata, poi, la mancanza di nesso di causalità e il difetto dell’elemento psicologico del dolo, l’arch. Corti chiedeva che fosse dichiarata la nullità dell’atto di citazione, ovvero l’inammissibilità delle domande proposte nei suoi confronti, che andavano comunque rigettate perché infondate, instando in via meramente subordinata per la riduzione dell’eventuale addebito a suo carico, a cagione della marginalità dell’eventuale suo concorso che fosse riconosciuto, e facendo applicazione del potere riduttivo nella massima estensione, con vittoria di spese e competenze di lite.
I Sigg. Giuseppe Digilio, Tiziana D’Oppido, Lucia Summa, Raffaele Tantone, rappresentati e difesi dall’avv. Donato Lettieri, nella propria memoria difensiva, dopo aver ripercorso i fatti, contestavano la ricostruzione della Procura con riferimento sia alla antigiuridicità della condotta sia all’individuazione dell’elemento psicologico. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, evidenziavano come: non potesse in alcun modo ipotizzarsi (o ritenersi provato) che gli esponenti avessero potuto prefigurarsi un danno in conseguenza della nomina di competenza di un terzo e in assenza dei controlli di competenza dirigenziale: non vi fosse alcuna prova, non soltanto del dolo, ma anche della colpa cosciente, che anzi andavano esclusi anche in considerazione di quanto in merito chiarito dalla magistratura contabile. Sostenevano, inoltre, che la modifica regolamentare era legittima e, in ogni caso, non costituiva l’antecedente necessario dell’ipotizzato nocumento, funzione spettante invece al decreto sindacale di nomina ed al successivo contratto, con i connessi oneri di controllo della dirigenza.
Nella memoria i convenuti evidenziavano, in ogni caso, che la stipula di detto contratto era possibile e legittima, stante l’incarico universitario a tempo definito dell’Otranto, non necessitante di alcuna autorizzazione da parte dell’università. Inoltre: con la deliberazione n. 289/2020 la Giunta si era solo limitata ad adeguare il regolamento interno alla norma di cui all’art. 7, comma 2, della L. n. 150/2000 che, con l’utilizzo del termine indennità, consentiva per l’incarico di portavoce l’utilizzo di molteplici forme contrattuali, non richiedendo, necessariamente, il contratto di lavoro a tempo determinato; con la deliberazione n. 301/2020 la Giunta si era limitata ad un mero atto di indirizzo, relativo al solo portavoce, senza alcuna competenza in ordine all’ulteriore decorso della vicenda.
I predetti convenuti rilevavano, infine, l’assenza di danno, registrandosi al contrario un risparmio annuo di € 71.312,00 (e di € 355.000,00 nel quinquennio) rispetto a quanto speso dalla precedente amministrazione per i due incarichi in contestazione; chiedevano, quindi, il rigetto della domanda, instando in via gradata per il contenimento della condanna, in ragione dell’effettività delle prestazioni rese, con vittoria di spese e onorari di giudizio.
Con comparsa del 26/4/2023 si costituiva in giudizio l’ing. Felice Viceconte, rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Eustachio Amerigo Colucci, che, esposti brevi cenni sulla fase predibattimentale e sull’atto di citazione, rappresentava: di aver ricoperto l’incarico dirigenziale a tempo pieno e determinato del Settore “Gestione del Territorio – Servizi Gestione
Amministrativa Beni Patrimonio Comunale, produzioni culturali e cinema” del Comune di Matera sino al 30.4.2021 (data di collocamento a riposo per limiti di età); di aver ricevuto l’incarico temporaneo della Dirigenza dell’Ufficio di Staff del Sindaco nel mesi di aprile 2020 e dopo la tornata elettorale dell’Ottobre
2020.
Il convenuto evidenziava che il parere dallo stesso espresso, ai sensi dell’art. 49 del TUEL, sulla deliberazione giuntale n. 301/2020, appare «… immune da vizi e esente da censure per la conformità della determinazione di competenza dell’organo giuntale agli atti regolamentari»; in nessun atto della Giunta, inoltre, vi è riferimento al ruolo di capo di Gabinetto, ma solo all’incarico di carattere fiduciario di portavoce, affidato con decreto sindacale costituente esercizio di un potere discrezionale con associato conferimento delle funzioni gratuite di capo di Gabinetto.
Nella comparsa si evidenziava la legittimità di detta nomina, compatibile con l’attività universitaria dell’incaricato e con indennità congrua, e la mancanza di incidenza causale, rispetto agli atti della giunta e alle scelte sindacali, della condotta dell’esponente, che non era affatto a conoscenza delle concrete ricadute degli atti posti in essere «… in relazione alla posizione specifica del professionista individuato…»; il dirigente riteneva, in definitiva, di aver dato solo doveroso seguito a decisione di competenza dell’organo di vertice.
Il convenuto evidenziava, inoltre, l’assenza di danno, visto che dal Comune sono state corrisposte indennità parametrate al costo medio di un dirigente in coerenza con quanto disposto dal secondo comma dell’art. 7 della L. 150/2000; d’altronde, qualora l’incarico di capo di Gabinetto fosse stato affidato ad altro soggetto, il comune avrebbe avuto aggravio di costi, come confermato dalle superiori spese sostenute dalla precedente amministrazione per entrambi gli incarichi (€ 166.000,00 annui).
Del tutto inesistente doveva ritenersi l’elemento soggettivo, sia sotto il profilo del dolo, considerando anche l’archiviazione per insussistenza di tale elemento nei confronti dell’accipiens, sia sotto il profilo della colpa grave per la mancata adozione di differente condotta, essendo riconducibili al dirigente solo atti commissivi (non punibili a tale ultimo titolo ai sensi della vigente normativa) e mancando comunque alcuna devianza dai canoni di diligenza e perizia e violazione degli obblighi di servizio.
Dopo aver tuzioristicamente invocato, in via subordinata, l’applicazione dei poteri riduttivi in considerazione dei vantaggi conseguiti dal comune di Matera, il convenuto chiedeva il rigetto dell’azione della Procura, dichiarando la propria estraneità rispetto ai contestati profili di responsabilità.
All’odierna pubblica udienza il P.M. e i difensori dei convenuti illustravano ulteriormente e specificavano gli argomenti svolti negli atti precedentemente depositati, confermando le conclusioni ivi rassegnate.
DIRITTO
Considerata la mancata costituzione in giudizio della dr.ssa Angela Rosaria
Stolfi, è necessario in via pregiudiziale verificare d’ufficio la regolare instaurazione del contraddittorio processuale nei suoi confronti ai sensi dell’art. 91 c.g.c.
Dagli atti di causa emerge che la citazione in giudizio è stata regolarmente notificata con la procedura di cui all’art. 140 c.p.c. alla predetta convenuta, che ne ha materialmente ricevuto copia in data 12/1/2023.
Conseguentemente va dichiarata la contumacia della sopra indicata convenuta ai sensi dell’art. 93 c.g.c.
Prima di passare al merito, è necessaria la delibazione delle eccezioni di nullità della citazione per l’incertezza assoluta e la mancanza degli elementi di cui agli artt. 86, comma 2, c.g.c., oltreché per la mancata corrispondenza con l’invito a dedurre prevista dall’art. 87 c.g.c.
Tali eccezioni, proposte da alcuni dei convenuti, non possono essere ritenute accoglibili in quanto infondate per le ragioni di seguito elencate.
Si rileva che la citazione non risulta affatto carente dei requisiti previsti dall’art.
86, del c.g.c. a pena di nullità dell’atto introduttivo, presentando tutti gli elementi necessari per determinare i soggetti convenuti, il danno e i fatti diretti a un’utile instaurazione del giudizio; non è dato ravvisare alcuna indeterminatezza dell’oggetto della domanda (petitum e causa petendi) né alcuna irregolare delimitazione della c.d. “editio actionis”.
Il Collegio osserva che, com’è agevole rilevare dal contenuto della citazione sopra esposto nella parte in fatto, tale atto, diversamente da quanto avversato nelle memorie difensive, contiene la sufficiente elencazione degli elementi costitutivi della pretesa risarcitoria avanzata dalla parte pubblica, vale a dire l’affermazione del diritto al risarcimento del danno erariale, quale conseguenza di condotte integranti responsabilità amministrativa, asseritamente addebitabili ai soggetti convenuti in giudizio.
Non appare infatti revocabile in dubbio che – indipendentemente dalla condivisione nel merito, rimessa alla successiva valutazione di questo
Giudicante – l’atto espone chiaramente l’indicazione del pregiudizio di cui si invoca il ristoro, nonché le modalità descrittive della perdita finanziaria lamentata.
Non appare pertanto compromesso né l’esercizio pieno del diritto di difesa dei convenuti, peraltro doviziosamente dispiegato nelle memorie di costituzione (a testimonianza dell’efficace conseguimento della “comprensibilità” della domanda), né la possibilità, da parte del Giudice, di individuare il thema decidendum, alla cui salvaguardia è preordinato il corretto adempimento dell’onere di allegazione dei fatti costitutivi della pretesa risarcitoria fatta valere in giudizio.
Le eccezioni di nullità non appaiono accoglibili neanche sotto il profilo della mancata corrispondenza, prevista dall’art. 87 c.g.c., tra i fatti esposti in citazione e gli elementi essenziali di fatto esplicitati nell’invito a dedurre, tenuto conto degli ulteriori elementi di conoscenza acquisiti dalle controdeduzioni presentate dagli invitati: le circostanze di fatto indicate nell’atto di citazione, infatti, non presentano alcuna difformità sostanziale con quelle esplicitate nell’invito. Nel merito, il Collegio è chiamato a valutare la sussistenza di danni erariali connessi agli esborsi indebiti che sarebbero stati effettuati dal comune di Matera in conseguenza dell’affidamento a soggetto esterno degli incarichi di portavoce del sindaco e di capo di Gabinetto.
La pretesa risarcitoria appare infondata per le ragioni di seguito illustrate.
In punto di valutazione dell’antigiuridicità della condotta il Collegio osserva preliminarmente che, ai fini della identificazione della complessiva domanda proposta, nella fattispecie non rilevano le disposizioni di cui all’art. 53, commi 7 e 7-bis, del D.Lgs. n. 165 del 30/3/2001, secondo le quali, qualora sia infranto il divieto dei dipendenti pubblici di svolgere incarichi retribuiti non conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, a questa il relativo compenso deve essere versato dall’erogante o, in difetto, dal percettore che, in caso di omissione, incorre in responsabilità erariale.
Le originarie contestazioni che, in sede di invito, sono state rivolte all’Otranto anche sotto tale profilo, infatti, sono decadute con l’archiviazione della sua posizione e, in ogni caso, non rientrano nel petitum e nella causa petendi dell’azione al vaglio di questo Collegio, che non riguarda il presunto nocumento subito dall’amministrazione di appartenenza per il mancato riversamento del compenso oggetto delle prestazioni non autorizzate ma che vede, quale unica amministrazione danneggiata, il comune di Matera.
Non ha, quindi, rilevanza, in questa sede, l’eventuale illecita locupletazione, da parte dell’Otranto, delle somme percepite dall’amministrazione comunale in costanza della percezione di altra retribuzione pubblica ed in assenza delle necessarie autorizzazioni.
La sostanziale questione che interessa la materia del contendere è se l’incarico di portavoce, nella particolare connotazione che ha assunto nel caso di specie con l’inclusione delle (ancillari o principali) funzioni di capo di Gabinetto, debba rientrare nella più ampia categoria degli Uffici di supporto agli organi di direzione politica, figura per la quale il TUEL stabilisce, per il personale esterno, l’indefettibile utilizzo del contratto di lavoro a tempo determinato. Nella disamina del sostrato normativo rileva l’art. 7 della L. n. 150 del 7/6/2000, che ha consentito agli organi di vertice dell’amministrazione pubblica di essere coadiuvati da un portavoce, anche esterno all’amministrazione, con compiti di diretta collaborazione ai fini dei rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione e con attribuzione di «… una indennità determinata dall’organo di vertice nei limiti delle risorse disponibili appositamente iscritte in bilancio da ciascuna amministrazione per le medesime finalità».
Con la successiva disposizione di cui all’art. 90 del D.Lgs. n. 267 del 18/8/2000 (TUEL) si è stabilito che, per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi possa prevedere la istituzione di uffici – posti alla diretta dipendenza del sindaco, del presidente della provincia, della giunta o degli assessori – costituiti da dipendenti dell’ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, ai quali si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali. Sulla cardinale questione sopra enucleata, la giurisprudenza delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti non sembra aver assunto un univoco orientamento, avendo «… ritenuto riconducibile la figura del portavoce a forme di collaborazione autonoma o consulenza con conseguente applicabilità delle limitazioni imposte dall’art. 6, comma 7, del D.L. n. 78 del 2010 in tale materia
(Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n.
111/2011/PAR), altre volte ha sostenuto l’esclusione di tali vincoli di spesa (Sezione regionale di controllo per la Liguria, deliberazione n. 70/2011/PAR) oppure, dopo un’attenta disamina delle fattispecie giuridiche astrattamente applicabili, ha rilevato la sussistenza di elementi che potrebbero ricondurre il rapporto conseguente al conferimento dell’incarico di portavoce fra quelli sussumibili nella più ampia categoria dei rapporti di collaborazione diretta con gli Organi di governo degli Enti territoriali, propri degli Uffici di “staff”
(Sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione n. 193/2012)» (cfr. Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 201/2016).
A diversa conclusione potrebbe giungersi con riferimento all’incarico di capo di Gabinetto che, nell’ipotesi accusatoria, viste le connesse responsabilità apicali, sarebbe parte principale dell’incarico composito (comprendente anche quello di portavoce) che l’amministrazione ha inteso conferire, non certo gratuitamente, ma per la complessiva retribuzione annua di € 75.000,00 lordi.
L’ufficio di gabinetto, infatti, nelle configurazioni assunte nei regolamenti preposti alla relativa regolamentazione ex art. 90 TUEL e che costituiscono la fonte istitutiva e regolativa degli uffici c.d. di staff, rappresenta la tipica struttura di diretta collaborazione con il vertice politico.
Dagli elementi acquisiti agli atti è, però, emerso che, in realtà, l’incarico di capo di portavoce sia stato l’unico ad essere precipuamente, e forse, unicamente espletato nella fattispecie, viste le relazioni periodiche in merito regolarmente prodotte; anche qualora si sia effettivamente occupato delle funzioni di capo di Gabinetto, ad ogni modo, alle stesse l’Otranto ha anche formalmente rinunciato dopo due mesi e quindici giorni dall’incarico.
Si consideri, peraltro, che le cennate oscillazioni giurisprudenziali sulla riconducibilità dell’incarico di portavoce alla disciplina di cui all’art. 90 del TUEL, congiuntamente all’archiviazione da parte del Requirente della posizione dell’Otranto per assenza di dolo in capo al medesimo (esperto di diritto amministrativo e, purtuttavia, convinto della correttezza della propria condotta), sembrerebbero, in verità, prima facie militare in senso contrario alla sussistenza dell’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo-contabile in capo agli odierni convenuti.
Considerata, in ogni caso, la non agevole soluzione della questione relativa all’antigiuridicità della condotta, e prima ancora della disamina della sussistenza degli ulteriori elementi necessari per la configurazione della responsabilità amministrativa, però, il Collegio – anche in adesione al consolidato principio della “ragione più liquida”, per cui “deve ritenersi consentito al Giudice di esaminare un motivo suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di questioni antecedenti secondo l’ordine logico-giuridico (S.U.
Cass. n.9936 dell’8.5.2014; id. n.23542 del 18.11.2015)” (cfr. ex multis Corte dei Conti, Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello del 04/05/2018,
n.192) – ritiene di soffermarsi specificamente sull’esistenza del danno erariale, vistone il carattere risolutivo nella fattispecie.
Nell’atto introduttivo il PM ha ritenuto che, nel caso che ci occupa, il nocumento pubblico giuridicamente rilevante dovesse essere individuato nelle somme complessivamente erogate per remunerare gli incarichi di portavoce e capo di Gabinetto del sindaco di Matera, asseritamente indebite perché corrisposte in violazione di legge e a soggetto al quale tali incarichi non potevano essere conferiti; si è ritenuto «…che nessuna utilitas può annettersi a una prestazione resa da un soggetto incardinato nell’apparato amministrativo (in disparte la veste giuridica) in modo contrario alla legge. Ciò perché la valutazione di utilità della prestazione lato sensu lavorativa è, in questa materia, il frutto di una predeterminazione effettuata ex ante dalla legge e in ossequio a ben precisi cardini di diretto aggancio costituzionale».
In giurisprudenza si è sostenuto che, quando il legislatore ponga determinati vincoli di spesa, debbano ritenersi implicitamente non utili le spese che tali vincoli non rispettino e, quindi, per la configurazione del danno, risulti sufficiente l’individuazione di una spesa contra legem. È questo, tipicamente ed esemplificativamente, il caso:
– di assunzioni di personale espressamente vietate per esigenze di contenimento della spesa pubblica. Nella sentenza n. 640/2017, la Seconda Sezione centrale di appello della Corte dei conti, pronunciandosi nel caso di violazione del vincolo alle assunzioni di cui all’art. 1, comma 556, l. n. 296/2006, ha evidenziato che «Per giurisprudenza costante di questa Corte, allorquando una norma (anche regolamentare) vieti determinate spese, ritenendole
implicitamente non utili, è sufficiente, affinché si realizzi il danno erariale, la circostanza che le medesime spese siano state eseguite in violazione di tali divieti, non essendo possibile tener conto dei vantaggi conseguiti dall’amministrazione riguardo all’attività vietata»; parimenti, con la sentenza n. 344/2019 la Sezione giurisdizionale per la Puglia ha stabilito che «… è da considerarsi dannosa la spesa per il personale che ecceda determinati limiti prefissati dalla norma: le assunzioni c.d. flessibili che eccedano la spesa consentita per legge divengono di per sé illegittime stante la disutilità del relativo esborso finanziario valutata a monte dal legislatore»;
– della mancata risoluzione dei contratti stipulati per la copertura dei posti dei responsabili dei servizi e degli uffici ex art. 110, comma 4, del TUEL, nel caso in cui l’ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie. Sul punto, la sentenza n. 875/2021 della Sezione giurisdizionale per la Sicilia ha chiarito che «In generale, va rammentato che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, i limiti posti dalla vigente normativa al conferimento di funzioni da parte ente locale a soggetti esterni sono previsti a garanzia del preminente interesse alla corretta ed oculata allocazione delle risorse, nonché a presidio degli equilibri di finanza pubblica; la preservazione di tali valori ha luogo, oltre che attraverso la fissazione di tetti quantitativi alla spesa, anche mediante l’imposizione di vincoli di carattere modale che definiscono condizioni e procedure che legittimano l’esborso. Da ciò deriva che il rispetto delle limitazioni di carattere formale e sostanziale è presupposto di legittimità della spesa sostenuta; i vizi dei provvedimenti assunti in violazione di tali limiti non sono meri vizi inficianti l’azione amministrativa, con rilevanza circoscritta alla sfera di legittimità dei provvedimenti stessi, ma si riverberano anche sugli effetti economici prodotti da questi, rendendo, automaticamente, dannosa per l’erario la conseguente spesa (arg. ex Corte dei conti, Sez. giur. Sicilia, n. 23/2015, n. 958/2019; Sez. Appello Sicilia n. 48/2017)»). In tal caso, proprio in considerazione della situazione estremamente critica per le finanze dell’ente, e per evitare l’ulteriore compromissione del suo quadro finanziario la violazione dei vincoli all’effettuazione della spesa, posti a tutela degli equilibri di bilancio, rende automaticamente l’esborso non utile e insuscettibile di valutazioni compensative;
– degli esborsi sostenuti a causa della mancata applicazione delle limitazioni finanziarie conseguenti all’inosservanza del rispetto del patto di stabilità interno (cfr. sent. n. 389/2014 della Sez. App. Sicilia);
– delle spese effettuate in violazione dell’articolo 9, comma 1-quinquies del D.L.
n. 113 del 24/06/2016, che vieta l’assunzione di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipologia contrattuale, nel caso del mancato rispetto dei termini previsti per l’approvazione degli atti contabili ivi indicati (cfr. però la sent. n. 41/2020 della Sez. giur. Marche, che ha comunque ritenuto di tener conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione comunale).
In definitiva, nelle ipotesi di assunzioni o del conferimento di incarichi in violazione di leggi che impongono il divieto di assunzione o specifici vincoli a spese di personale, la giurisprudenza ha sollevato l’attore pubblico dall’onere di dimostrazione dell’an e del quantum del danno erariale, ritenendo che, vista la valutazione ex ante compiuta dalla legge in ordine alla disutilità di una prestazione dalla stessa vietata, tale nocumento fosse connesso
all’antigiuridicità della condotta violativa di tali norme e fosse commisurabile all’intero esborso illecito.
Non è, però, il caso che ci occupa in questa sede, visto che non è stato dedotto che il comune di Matera, in virtù di una specifica norma limitativa, non potesse erogare spese per remunerare lo svolgimento delle funzioni di portavoce o di capo di Gabinetto, ma è stata contestata la violazione delle modalità contrattuali per il conferimento dei relativi incarichi (contratto di lavoro subordinato invece che autonomo).
Orbene, non risulta dimostrato da parte attorea che, nel contesto in esame, tale asserita violazione di legge abbia determinato un pregiudizio economicamente valutabile alle finanze dell’Ente.
Non risulta contestato né dimostrato che le somme, corrisposte in maniera asseritamente indebita nell’ambito di un rapporto di natura autonoma, siano superiori a quelle che sarebbero state erogate in regime di lavoro subordinato né che tali somme abbiano remunerato una prestazione non in linea con i fini perseguiti dalla p.a. ovvero siano state erogate a soggetto non munito dei necessari requisiti e presupposti di competenza e professionalità (le osservazioni attoree sul punto sono piuttosto indirizzate a trarre elementi presuntivi per l’individuazione del carattere principale dell’incarico di capo di Gabinetto rispetto a quello di portavoce, ma non a sostenere – né tantomeno a dimostrare – che le competenze professionali dallo stesso possedute non fossero idonee all’espletamento dell’incarico di portavoce).
Non risulta provato, in altri termini, che sussista un nocumento per l’amministrazione comunale che derivi, nel sinallagma contrattuale, dal minor valore della prestazione ricevuta rispetto alle somme erogate per la relativa retribuzione.
Nella citazione si è incidentalmente sostenuto che «… la retribuzione corrisposta all’Otranto era assai ingente, e anzi di molto superiore a quanto si sarebbe dovuto sborsare operando un corretto inquadramento contrattuale …», senza però che sia stata fornita alcuna indicazione di quale avrebbe dovuto essere il corretto inquadramento di soggetto munito dei titoli professionali e culturali posseduti dall’Otranto e, soprattutto, di quale avrebbe dovuto essere la relativa congrua retribuzione.
Né la parametrazione dell’indennità al costo medio di un dirigente, ritenuta congrua con la deliberazione n. 301/2020, potrebbe ex se ridondare in danno dell’amministrazione comunale; lo stesso art. 90, comma 3-bis, del TUEL prevede il caso in cui il trattamento economico sia parametrato a quello dirigenziale (ribadendo il divieto di effettuazione di attività gestionale).
Né, ancora, elementi utili all’individuazione del danno possono validamente trarsi dall’assetto degli incarichi conferiti dalla precedente amministrazione; dagli atti, infatti, è emerso che questa si era avvalsa, per l’incarico di portavoce, di un giornalista professionista (in possesso di diploma di scuola media superiore) inquadrato nella cat. C del CCNL enti locali, per un costo annuo di € 44.697,00 euro (comprensivo di emolumento ed oneri accessori), e per il capo di Gabinetto di un alto dirigente dell’Amministrazione dello Stato, con un costo di oltre 121 mila euro, sostenendo, quindi, un costo complessivo di oltre 166 mila euro.
Il costo sostenuto dall’amministrazione per l’avv. Lopez (subentrato al prof.
Otranto), poi, è complessivamente inferiore di € 22.934 rispetto all’esborso qui in contestazione: per il contratto di lavoro autorizzato con deliberazione n. 270/2021 la giunta ha previsto un trattamento economico parametrato al costo medio di un funzionario D3 (corrispondente ad un corrispettivo di € 53.058,70, oltre oneri, per un complessivo costo annuo di € 72.225,69).
Diverso è il caso del Prof. Otranto, remunerato per entrambe le funzioni con l’esborso di € 95.160,00 annui (€ 7.930,00 mensili), anche se poi il costo effettivo è stato effettivamente sostenuto per il solo incarico di portavoce (come peraltro evidenziato dalla circostanza che tale costo non ha subito alcuna flessione dopo la formale rinuncia alle funzioni di capo di Gabinetto): il prof. Otranto, nelle controdeduzioni presentate nella fase preprocessuale, ha evidenziato di avere tutti i titoli (laurea, dottorato, nomina a professore associato) per essere considerato dirigente (ai fini della parametrazione dell’indennità).
Deve, conclusivamente, evidenziarsi che non rientrano, ovviamente, nel presente giudizio, in quanto non attratti nel petitum e nella causa petendi, eventuali altri aspetti potenzialmente rilevanti, pur discussi nella giurisprudenza contabile che si è formata nella materia de qua, relativi tra l’altro, esemplificativamente: alla violazione, sotto altri profili, della disciplina regolamentare interna; alla mancata giustificazione tout court dell’incarico esterno, ovvero della spesa connessa a tale incarico con riferimento all’inquadramento dirigenziale del soggetto individuato in ragione della particolare rilevanza dei titoli posseduti, e ciò a cagione della sussistenza di professionalità interne (e, quindi, di violazione della regola generale dell’autosufficienza dell’amministrazione) ovvero della ridotta dimensione o complessità dell’ente; alla violazione di specifica disposizione che imponga di contenere la spesa di personale entro un limite massimo.
La domanda attorea, in definitiva, non può trovare accoglimento a cagione della mancata dimostrazione dell’esistenza del danno e i convenuti, pertanto, vanno mandati assolti.
In applicazione di quanto disposto dall’art. 31 del codice di giustizia contabile approvato con D.Lgs. n. 174/2016, secondo il quale le spese del giudizio per i soggetti prosciolti nel merito sono a carico dell’amministrazione di appartenenza, dette spese si liquidano nella misura indicata in dispositivo, tenendo conto dei criteri indicati nel D.M. 10 marzo 2014 n. 55, anche con riferimento al previsto aumento, nella misura del 30% per ogni patrocinato, del compenso unico spettante ai difensori che, come nel caso di specie, assistono più soggetti aventi la stessa posizione processuale (cfr. art. 4, comma 2, del D.M.
citato).
Le spese della sentenza seguono la soccombenza.
P.Q. M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Basilicata, ogni contraria domanda ed eccezione respinte, così decide:
a) rigetta la domanda attorea e per l’effetto assolve i convenuti Bennardi
Domenico, Digilio Giuseppe, Acito Alberto, D’Oppido Tiziana, Nicoletti Rosa, Tantone Raffaele, Sarli Giuseppe, Summa Maria Lucia, Corti Graziella, Colella Arcangelo, Stolfi Angela Rosaria e Viceconte Felice in ordine ai fatti ad essi contestati con l’atto di citazione;
b) liquida il compenso spettante ai difensori dei convenuti, da porsi a carico del
Comune di Matera, nella misura di € 1.732,78 cadauno per Sarli Giuseppe, Colella Arcangelo, Nicoletti Rosa, Acito Alberto (tutti difesi dall’avv. Vito
Agresti, l’ultimo congiuntamente all’avv. Mariano Danilo Agresti), Giuseppe
Digilio, Tiziana D’Oppido, Lucia Summa e Raffaele Tantone (tutti difesi dall’avv. Donato Lettieri), e di € 3.150,50 cadauno per Bennardi Domenico (difeso dall’avv. Roberta Lasco), Graziella Corti (difesa dall’avv. Cesare Pinto) e Felice Viceconte (difeso dall’avv. Vincenzo Eustachio Amerigo Colucci), con la maggiorazione per tutti di IVA e CPA, fermo restando il diritto al rimborso delle spese previste dall’art. 2, comma 2, del D.M. 10 marzo 2014 n. 55. Nulla per le spese della sentenza.
Così deciso in Potenza, nella Camera di consiglio del 16 maggio 2023.
L’estensore Rocco Lotito
Il Presidente Vincenzo Maria PERGOLA
Depositata in Segreteria il 24 maggio 2023
Il Segretario del Collegio Angela MICELE
Sulla vicenda giudiziaria l’ex assessore Raffaele Tantone ha dichiarato: “Ho avuto sempre fiducia nella giustizia e soprattutto nell’Avvocato Donato Lettieri, che fin dal principio ha seguito la nostra vicenda con professionalità e vicinanza.
Pur essendo certo della mia innocenza, oltre che conscio del fatto che l’agire pubblico implica anche un “rischio giudiziario” , devo ammettere di aver provato un po di disagio nel leggere i titoli sui giornali o in Tv che parlavano della vicenda, per questo mi auguro che i mezzi d’informazione diano il medesimo risalto a questa assoluzione.
Certamente ho appreso un’altra lezione di garantismo, come me l’hanno appresa i miei compagni di sventura, mi auguro l’abbiano appresa anche coloro che utilizzano gli esposti alla magistratura come strumento di lotta politica invece che come mezzo a tutela della legalità e del buon andamento dell’amministrazione pubblica”