Ad ucciderlo è stata suo nipote. E’ stato arrestato questa mattina il presunto autore dell’omicidio dell’uomo di 91 anni avvenuto il 7 gennaio scorso a Marconia di Pisticci. L’uomo fu ritrovato nella sua abitazione riverso in una pozza di sangue con numerose coltellate sul corpo.
I particolari dell’operazione della Squadra Mobile sono stati illustrati questa mattina nella sala Palatucci durante la conferenza stampa che ha coinvolto il Questore di Matera Luigi Liguori e il Procuratore Capo della Repubblica di Matera, Pietro Argentino.
Gli agenti della Polizia di Stato di Matera hanno arrestato Carmen Federica Lopatriello, 26 anni di Marconia, avvenuto nell’abitazione della vittima a Marconia il 7 gennaio scorso.
Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Matera e del Commissario di Pubblica Sicurezza di Pisticci e coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Matera, hanno portato a contestare alla donna, come meglio chiarito nell’ordinanza del Gip del Tribunale di Matera che ne ha disposto la custodia in carcere, anche l’aggravante di aver agito con crudeltà nei confronti del proprio congiunto, il quale veniva accudito proprio dalla sua presunta omicida. La vittima infatti era stata colpita da ben 26 coltellate inferte nella parte anteriore e posteriore del torace e da 11 colpi di bastone, la maggior parte dei quali violenti alla testa.
Le indagini svelavano sin dall’inizio un quadro di forte conflittualità familiare, tra il defunto, i suoi figli e i nipoti e tra i nipoti stessi, per ragioni sopratutto economiche.
Già dal primo sopralluogo si delineava la convinzione che l’omicidio fosse maturato in ambito familiare o comunque che lo stesso fosse stato commesso da una persona conosciuta dalla vittima.
Gli inquirenti indagavano comunque in tutte le direzioni: venivano attuate intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche, visionate le telecamere installate a Marconia, acquisiti tabulati telefonici, acquisiti i dati del traffico delle celle telefoniche, acquisiti dati GPS d’interesse e venivano svolti dalla Polizia Scientifica una serie di accertamenti tecnico-scientifici di tipo biologico, merceologico e di comparazione di impronte.
Le indagini ipotizzavano che tra nonno e nipote fosse scoppiata una violenta lite e che quest’ultima avesse agito d’impulso aggredendo il nonno con violenza, senza riuscire a contenere il suo stato d’ira che la portava, poi, ad infliggere al nonno le numerose coltellate e i vari colpi di mazza in testa.
Molti e univoci gli indizzi a carico di Carmen Federica Lopatriello: anzitutto l’orario della morte dell’uomo, stando alle risultanze medico legali, veniva collocato tra le 13 e le 14 del 7 gennaio ed era quindi compatibile con la presenza nell’abitazione della nipote Carmen Federica Lopatriello.
Inoltre, alla richiesta degli investigatori di consegnare i fotogrammi delle telecamere della sua abitazione, la donna li forniva tutti tranne tre, proprio quelli che inquadravano il momento della sua uscita di casa per recarsi all’abitazione di suo nonno la mattina dell’omicidio. In quei fotogrammi, poi comunque estrapolati, la donna veniva immortalata vestita con gli abiti e sopratutto le scarpe che indossava al momento dell’omicidio.
Pochi giorni dopo l’omicidio, la intercettazione ambientale nell’auto della Carmen Federica Lopatriello, registrava che la stessa, percorrendo la Strada provinciale destra Basentana (Pozzitiello-San Basilio), giunta all’altezza di una piazzola di sosta, si fermava per circa trenta secondi, in cui la conducente prendeva qualcosa dal sedile, usciva dall’auto e vi rientrava subito dopo. Gli inquirenti rinvenivano subito dopo sul posto un paio di scarpe Adidas numero 38 di colore fucsia, dello stesso tipo, modello e colore di quelle che la Lopatriello calzava la mattina dell’omicidio uscendo di casa, ed immortalate nelle telecamere dell’abitazione della Lopatriello. Proprio quei fotogrammi non erano stati consegnati dalla Lopatriello alla Polizia.
Sul punto, la Lopatriello cadeva diverse volte in contraddizione, disconoscendo che le scarpe ritrovate lungo la strada fossero sue, dichiarando che le sue erano ancora nell’abitazione del nonno (dove non venivano trovate) e disconoscendo addirittura di essersi fermata nella piazzola di sosta, in netto contrasto con le evidenze registrate nella intercettazione ambientale.
Gli esami di polizia scientifica sulle scarpe facevano poi emergenere che le scarpe rinvenute nella cunetta erano state lavate con un detergente, e che inoltre presentavano tagli netti ed asportazioni, fatte volontariamente, sulla gomma dura di entrambe le suole; erano inoltre prive di lacci e di solette interne. Tutto ciò porta a pensare che chi se ne fosse liberato, avesse voluto far sparire ogni traccia da quelle scarpe. Alle stesse, un esame di polizia scientifica ha riconosciuto un rapporto di compatibilità con un’impronta formatasi per impressione col sangue del deceduto, e rinvenuta sul luogo del delitto.
Inoltre sono state rinvenute tracce di DNA misto (di Carlantonio Lopatriello e di Carmen Federica Lopatriello) sia sulla felpa da lei indossata il giorno dell’omicidio, sia sul bastone utilizzato per colpire l’uomo.
Di converso, non sono state trovate in tutta l’abitazione tracce di un’altra persona, diversa dalla vittima e da Carmen Federica Lopatriello.
Destano molti sospetti a carico di quest’ultima anche se le sue dichiarazioni in ordine al rinvenimento del cadavere di Carlantonio Lopatriello, contraddittorie rispetto a quanto emerso dalle immagini delle telecamere, dei tabulati telefonici e da quanto immediatamente dichiarato alla Volante intervenuta.
La donna è attualmente ristretta presso la sezione femminile del carcere di Trani.