Rimessi in libertà gli ingegneri Tommaso Di Bari e Domenico Pietrocola, due tra i principali indagati della cosidetta “operazione allattamento” su appalti di 20 milioni di euro che, oltre all’architetto Francesco Paolo Gravina, il 20 luglio scorso furono sottoposti agli arresti domiciliari dalla Guardia di Finanza di Matera su delega del Procuratore capo della Repubblica all’epoca in carica Pietro Argentino, in esecuzione del provvedimento del Gip Valerio Sasso.
Per i due indagati Tommaso Di Bari e Domenico Pietrocola resta l’obbligo di presentarsi per la firma alla Polizia giudiziaria due volte alla settimana.
A distanza di poco meno di quattro mesi dalla esecuzione degli arresti il Gip ha ritenuto nettamente affievolite le esigenze cautelari che avevano giustificato la misura, anche in considerazione dell’imminente scadenza del termine utile per il completamento delle indagini.
In realtà, il teorema accusatorio era già stato significativamente ridimensionato dai Giudici del riesame di Potenza, i quali, accogliendo parzialmente i ricorsi degli interessati, avevano annullato una parte consistente dei capi d’imputazione considerati nell’ordinanza cautelare, ritenendo, in particolare, insussistenti i reati di truffa in danno del comune di Matera che, secondo l’accusa, sarebbero stati progettati e commessi dalla presunta associazione per delinquere costituita tra pubblici dipendenti, professionisti, imprenditori ed esponenti politici locali.
Per metà dicembre è attesa la decisione della Corte di Cassazione sui ricorsi proposti dai tre indagati “eccellenti” per l’annullamento del provvedimento che li ha costretti a trascorrere sia buona parte dell’estate che dell’autunno nelle loro rispettive abitazioni.
Michele Capolupo