Operazione Allattamento Guardia di Finanza per appalti pubblici a Matera, intervento Basilio Gavazzeni (Fondazione Lucana Antiusura Monsignor Cavalla. Di seguito la nota integrale.
Quel che è stato divulgato sull’Operazione Allattamento condotta dalla Guardia di Finanza ci ha oscurato i giorni e messo alla prova chi ama la città di Matera. Non è possibile passare in rassegna le diverse reazioni dei cittadini. Ho fiducia che la riflessione e il discernimento, anzi l’esame di coscienza, non cedano il campo allo sciocchezzaio del gossip.
Impressionano i novanta nomi che, agglutinati in una gelatina di presunta illegalità, sono stati raccolti dalle reti della Guardia. Non bisogna sottovalutare quanto possano essere costate le strumentazioni, l’efficienza e l’abnegazione che hanno prodotto un simile pescato. Di fronte alla sua sovrabbondanza e, ancor di più, a un campione così rappresentativo di umanità nostrana, non possiamo svicolare né fare spallucce. Di qualche indagato, da tempo la vox populi stigmatizzava la sfrontatezza e le prevaricazioni, ma di altri la stessa voce riconosce l’innocuità di vasi di creta mal capitati in compagnia di vasi di ferro. Fra queste posizioni estreme è schierata la maggior parte degli indagati, persone di varia tempra professionale. Spiccano, infine, personaggi di superiore notorietà, addirittura protagonisti delle vicende locali.
Siamo grati allo Stato e alle sue Forze di controllo che non consentono a nessuno di sormontare per tornaconto gli interessi della comunità. Sia lecito sostenere: è meglio un facinoroso allo stato libero che un innocente fra le ganasce di una giustizia erronea. In questo frangente si vorrebbe gridare con lo shakespeariano re Lear al culmine della pazzia: «Nessuno è colpevole, dico nessuno». Ma, tant’è: pare che non si tratti di una bolla di sapone, come pure qualcuno sussurra con scetticismo. Ai novanta gli avvisi di garanzia, come vengono interpretati dall’opinione pubblica, hanno sfregiato il nome e l’onorabilità, maculando anche quelli delle famiglie. Non consola per nulla che la giustizia farà il suo corso, visto che i processi la tirano per le lunghe e la vita è breve. La sua spada di Damocle calerà a trafiggere o sarà stornata, a seconda che il giudice del dibattimento, lette le carte, auditi i testi ed esaminati i riscontri, riconoscerà provati o insussistenti i fatti criminosi attribuiti a ognuno, enormità o bagatelle che siano.
Il cattolico che ogni giorno confessa di aver peccato molto in pensieri, parole, opere e omissioni, con la triplice e percossa ammissione che la colpa è proprio sua, sa che nessuno ne è moralmente scevro e, da iniziato al realismo, che non pochi non lo sono neppure legalmente. Gli compete prendersela con sé e mutar vita, contando sulla grazia misericordiosa di Dio, anziché dedicarsi a piangere ingiustizia e a infierire sugli altri. Lo shock conseguente all’Operazione Allattamento, in una stagione troppo afflitta, ci obbliga a un recupero più deciso della dimensione etica dell’esistenza, ma, nello stesso tempo al rispetto delle regole che salvaguardano la società dalle incursioni di quanti si arrogano il diritto di non aver doveri verso gli altri. Se a Matera vogliamo una società civile e ordinata occorre inverare Costituzione e Vangelo e, magari, ripassare le insuperate lezioni per la giustizia e contro l’ingiustizia di Antonio Gramsci e di Gaetano Salvemini, di Cristo si è fermato a Eboli e dei padri del pensiero meridiano, le cui citazioni talora pigmentano discorsi ufficiali e salottieri, purtroppo non «persuasi» ma «rettorici», per dirla con i termini di Carlo Michelstaeder.
Matera non può essere una città darwiniana dove la perversa affermazione di sé da parte di alcuni si permetta di mietere o predare le risorse destinate alle opere pubbliche. Oggi ci si offre l’occasione di perorare che la popolazione sommersa e dormiente alzi il capo e intraprenda esercitazioni regolari contro tutte le forme di illegalità, per esempio contro lo stalking feroce cui soggiacciono non poche famiglie senza che la Legge le tuteli con efficacia. Basta distrarsi e far finta di non vedere! Alle Forze dello Stato chiediamo tolleranza zero, non solo dinnanzi alle illegalità più vistose, ma anche agli inneschi e agli strappi alle regole sui quali si è soliti chiudere gli occhi. Fra rigorismo e lassismo ci deve pur essere un percorso ragionevole e praticabile.
Alla fine la cultura della legalità è la maggiore difesa della società civile, in particolare dei più deboli, e l’inizio della vera uguaglianza e, non meno, della fraternità. Una simile svolta potrebbe darci quella Matera Renaissance che ci siamo ostinati ad attendere dal laboratorio di Matera 2019. La discesa nell’Operazione, cui la Guardia ha assegnato un titolo che evoca tenerezza e candore, ci costringe a non sguazzarci e, insieme, a uscire dallo spaesamento e dal lutto, e a far qualcosa per il bene generale.
«Ma liberaci dal male» è la settima e ultima petizione del Padre nostro. Non è solo il primo esorcismo per essere liberati dal Maligno, né solo uno scongiuro per metterci al riparo dal male che ci possono arrecare gli altri, è anche una implorazione perché sia placcato il male di cui siamo autori noi stessi. Il teologo Raniero Cantalamessa chiosa: «Dobbiamo quindi dire queste parole intendendo anche: “liberaci dal fare il male”, liberaci dal commettere il peccato». Petizione da sussurrare di giorno e by night, consapevoli con il Salmo 63 che «un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso».