Il Comitato per Elisa in una nota informa che sono quasi 5 mila le firme raccolte online con la petizione pubblicata avviata il 17 marzo scorso su change.org per chiedere alla curia potentina verità sul ritrovamento del corpo di Elisa Claps nella chiesa della Santissima Trinità prima della sua riapertura e restituzione al culto. Di seguito la nota integrale.
Ha raggiunto quasi le cinquemila firme la petizione del “Comitato per Elisa” lanciata sulla piattaforma Change.org una per chiedere al vescovo di Potenza, Salvatore Ligorio, di “fare chiarezza” sulle vicende inerenti al ritrovamento del corpo nella chiesa della Trenità di Elisa Claps, la sedicenne potentina uccisa il 12 settembre del 1993 per mano di Danilo Restivo. La petizione nasce all’indomani della diffusione della notizia da parte della Curia potentina di voler restituire al culto la chiesa della Santissima Trinità di Potenza dove il 17 marzo 2010 vennero trovati i resti di Elisa e dopo aver appreso il mancato assenso da parte della famiglia alla decisione della stessa. In particolare il comitato, costituito da uomini e donne di Potenza e non solo, chiede “un atto concreto da parte della Curia: una restituzione della verità, una parola di scusa, senza la quale il comitato si opporrà alla riapertura al culto della chiesa della Trinità”. La petizione verrà inviata anche a Papa Francesco.
Di seguito il testo e il link della petizione:
(https://www.change.org/p/monsignore-ligorio-vescovo-di-potenza-verit%C3%A0-su-elisa-da-parte-della-curia-prima-di-riaprire-al-culto-la-chiesa-della-trinit%C3%A0-6712360b-2b72-40ee-9d03-2405125aede2)
Il 12 settembre 1993 Elisa Claps veniva uccisa da Danilo Restivo. Per oltre 17 lunghissimi anni Elisa è stata considerata scomparsa, e la famiglia l’ha cercata senza sapere cosa le fosse successo né dove si trovasse. Era uscita di casa, in una splendida domenica di sole, per incontrare Danilo Restivo nei locali della Chiesa della Trinità di Potenza, poi il buio. Molti depistaggi hanno portato le indagini a cercare Elisa lontano da quella Chiesa, mentre, nel frattempo, Restivo viveva la sua vita, si trasferiva in Inghilterra dove ha ucciso un’altra donna Heather Barnet. Il 17 marzo 2010 Elisa veniva ritrovata da due operai nel sottotetto della chiesa della Trinità. Nessuno da allora ha dato spiegazioni del perché per tutti quegli anni il corpo di una ragazza fosse rimasto lì, di come fosse possibile che nessuno se ne fosse accorto, del perché chi sapeva non ha parlato, del perché di inspiegabili depistamenti.
Elisa è rimasta nel sottotetto di quella chiesa, a due passi da casa, come in un limbo, mentre la famiglia la cercava ovunque e chi sapeva dov’era il suo corpo continuava a tacere, e palate di fango venivano lanciate su di lei e la sua famiglia.
Oggi, a distanza di 11 anni dal ritrovamento, la Curia di Potenza fa sapere pubblicamente di voler riaprire la chiesa della Trinità e restituirla al culto al completamento dei lavori appena iniziati. Riaprire senza aver fatto luce sul silenzio durato per circa trent’anni, sulle possibili coperture, senza far luce sulla messa in scena del ritrovamento. Senza riconciliarsi con la famiglia e la comunità di Potenza, senza chiedere scusa, come farebbe un qualsiasi padre.
Come ha detto Gildo, il fratello di Elisa, “non è ammissibile, con un colpo di spugna, cancellare 17 anni di omissioni e di menzogne offendendo la memoria di Elisa e la sensibilità di quanti non vorrebbero mai che in quella Chiesa si tornassero a celebrare funzioni religiose. Su quanto accaduto dopo il 12 settembre del 1993 e all’alba del ritrovamento il 17 marzo 2010 non si è mai raggiunta una verità giudiziaria né tantomeno una verità storica e su questo punto la Curia potentina, prima di parlare di riapertura al culto ha l’obbligo morale di fare chiarezza.”
Per questo chiediamo che ci sia un atto concreto da parte della Curia: una restituzione della verità, una parola di scusa, senza la quale ci opporremo alla riapertura al culto della chiesa della Trinità.
Firmato Comitato per Elisa
Non di può riaprire al culto un luogo (non posso più chiamarla “chiesa” teatro di un omicidio