La Corte di Cassazione Penale il 12 aprile ha reso note le motivazioni della sentenza n. 13428/2021, con la quale ha rigettato l’appello presentato dall’ex comandante della Polizia Locale di Matera, Francesco Pepe e da Giuseppe Maffei, condannati in Corte di Appello di Potenza rispettivamente a due anni e quattro mesi e due anni di reclusione per corruzione e falso ideologico a danno del Comune di Matera.
La nota vicenda prende avvio nell’anno 2012 a seguito delle indagini avviate dalla Procura della Repubblica di Matera ed affidale al nucleo della Guardia di Finanza.
Le accuse originarie riguardavano la concussione e tentata concussione nei confronti di un imprenditore edile, del presidente del circolo tennis e di un sindacalista del Comune di Matera, alle quali si aggiunse la vicenda legata all’acquisto di tre autovetture.
In Ccorte di Cassazione si è trattata la vicenda delle autovetture e della conseguente condanna per corruzione e falso ideologico avverso le quali sia il Pepe che il Maffei hanno proposto ricorso per l’annullamento delle condanne.
La Corte di Cassazione nel dichiarare inammissibili i ricorsi per indeterminatezza delle argomentazioni addotte a difesa, perché fondate su motivi aspecifici o comunque manifestamente inidonei a mettere in crisi la struttura essenziale delle giustificazioni conformemente addotte dai giudici della Corte di appello di Potenza quanto alla ritenuta responsabilità per i fatti di reato loro rispettivamente ascritti.
Difatti si legge in motivazione: “Giova ribadire che Francesco Pepe era, al momento dei fatti, Comandante del Corpo di Polizia Municipale del Comune di Matera. Secondo l’impostazione accusatoria, validata dai giudici del merito, il Pepe ebbe di fatto a predisporre, con determina del 1 settembre 2011 e successive lettere di invito, un cottimo fiduciario funzionale alla fornitura di tre autovetture del tipo Alfa 159, destinate al suo ufficio di appartenenza e dotate di specifiche e peculiari connotazioni opzionali, previste, peraltro, non in modo identico per tutti e tre i mezzi (solo una delle autovetture montava in aggiunta un navigatore cartografico). Determina e disciplinare allegato, secondo l’editto configurato dall’accusa, furono predisposte in termini tali da blindare la successiva aggiudicazione in favore della società del Maffei, concessionaria in zona dell’Alfa Romeo; e ciò sia in ragione della descrizione dei mezzi da acquisire, sia in considerazione della successiva delimitazione dei soggetti invitati a partecipare all’acquisto, risultando l’atto configurato in termini tali da non consentire l’utile proposizione di offerte diverse da quelle del concorrente non qualificato. In cambio, il 18 luglio del 2011, la Maffei srl avrebbe immatricolato a suo nome una Fiat 500, dandola contestualmente in uso gratuito alla moglie del Pepe; veniva poi emessa fattura per la vendita, ad un prezzo inferiore a quello di acquisto dalla casa madre, che il Pepe non onorava restituendo il mezzo nel febbraio dell’anno successivo e senza pagare nulla per l’uso, consentito sino a quel momento”.
“Questo il percorso seguito dai giudici del merito nel validare l’ipotesi accusatoria, rileva subito la Corte che la ricostruzione operata si pone in perfetta coerenza con le connotazioni proprie delle due imputazione contestate.
Rispetto alla corruzione propria, perché emerge con chiarezza la dazione dell’utilità indebita, fotografata dalla consegna in uso gratuito dell’auto intestata alla società del Maffei, con una prospettiva vendita di fatto rimasta solo sul piano cartolare (atteso il considerevole tempo trascorso tra la fattura e l’iniziativa volta alla formalizzazione del passaggio di proprietà ed al recupero del dovuto, specularmente ma altrettanto tardivamente attivata solo dopo il manifestarsi delle problematiche processuali nel quale ebbe ad incappare il Pepe, anche se diverse dal fatto in disamina); ancora, perché risulta altresì comprovata la strumentale funzionalizzazione della detta dazione all’atto contrario ai propri doveri avuto riguardo al contenuto della determina più volte citata, atteso che la discrezionalità sottesa alla relativa azione del soggetto qualificato risultava all’evidenza piegata all’interesse del Maffei, sia sul versante della necessaria funzionalizzazione della scelta dei beni ( le tre auto erano ormai fuori produzione già in epoca precedente alla determina e come indicato sia nel capo di imputazione che dalla stessa difesa, erano state imposte al Maffei dalla casa madre), sia in considerazione della specificità dei beni oggetto della fornitura (identificati con connotazioni del tutto peculiari); sia, infine, delimitando il perimetro partecipativo dei soggetti invitati ad offrire, destinato a coinvolgere non solo soggetti non iscritti all’albo dei fornitori del Comune di Matera e legati a rapporti di collaborazione con a Maffei srl, ma anche estranei alla rete ufficiale di vendita della casa produttrice le auto oggetto di fornitura. Aspetto quest’ultimo destinato ad integrare anche gli estremi del falso ideologico contestato al Pepe, risultando attestata, per tali soggetti, una qualifica soggettiva non coincidente al vero, con condotta che la concatenazione degli eventi rende certamente riferibile al Pepe anche sul piano soggettivo attesa la incontroversa provenienza dallo stesso sia della relativa indicazione soggettiva nonché in considerazione della evidente funzionalizzazione dell’atto all’accordo corruttivo stipulato con il Maffei.”
Conclude la Corte con dichiarare la inammissibilità dei ricorsi e conseguente la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende pari a euro tremila ciascuno e alla rifusione delle spese di rappresentanza a favore del comune di Matera nella misura di euro 3.467,25 oltre spese generali nella misura del 15%, Iva e Cpa.