Il paziente testimone di Geova può «prestare il consenso all’intervento chirurgico proposto dai medici e nello stesso tempo rifiutare, a motivo della propria fede religiosa, il trattamento di emotrasfusione eventualmente conseguente a tale intervento». Questo, secondo quanto riferisce una nota della Congregazione, è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 29469 del 4 dicembre 2020, depositata ieri, che ha fissato il seguente principio: «Il paziente Testimone di Geova, che fa valere il diritto di autodeterminazione in materia di trattamento sanitario, a tutela della libertà di professare la propria fede religiosa, ha il diritto di rifiutare l’emotrasfusione pur avendo prestato il consenso al diverso trattamento che abbia successivamente richiesto la trasfusione, anche con dichiarazione formulata prima del trattamento medesimo, purché dalla stessa emerga in modo inequivoco la volontà di impedire la trasfusione anche in ipotesi di pericolo di vita».
La Cassazione ha accolto il ricorso presentato da una giovane donna testimone di Geova che nel 2005, prima e durante un intervento di laparotomia esplorativa, era stata sottoposta a ben sette trasfusioni di sangue nonostante il suo esplicito rifiuto. La Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza di Appello secondo la quale il consenso che la donna aveva dato ai medici per l’intervento di laparotomia implicava automaticamente anche l’accettazione dell’emotrasfusione in caso di necessità. Secondo la sentenza, «la dichiarazione anticipata di dissenso all’emotrasfusione, che possa essere richiesta da un’eventuale emorragia causata dal trattamento sanitario, non può essere neutralizzata dal consenso prestato a quest’ultimo».
I giudici riconoscono che il rifiuto delle emotrasfusioni espresso da un Testimone di Geova «non costituisce una mera autodeterminazione sanitaria, ma una vera e propria forma di obiezione di coscienza, radicata in ragioni religiose». Spiega infatti la Corte che il rifiuto delle emotrasfusioni manifestato da un paziente Testimone di Geova è tutelato e garantito non solo dal principio di autodeterminazione terapeutica (articolo 32 della Costituzione) ma anche da quello di libertà religiosa (articolo 19), definito come «diritto inviolabile, tutelato “al massimo grado” dalla Costituzione». La sentenza – che stabilisce l’assoluta centralità del principio della libertà religiosa (articolo 19) in relazione al rifiuto delle emotrasfusioni, tanto da considerarlo una vera e propria forma di obiezione di coscienza – sviluppa ulteriormente quanto stabilito nelle recenti sentenze della Corte di Cassazione numeri 12998/2019 e 515/2020.