L’avvocato Livia Lauria è stata incaricata dai detenuti della casa circondariale di Matera a far pubblicare due lettere che riportiamo integralmente per rappresentare il loro stato di insofferenza.
L’avvocato precisa che molti dei detenuti hanno inoltrato ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo al fine di richiedere formale risarcimento danni per la condizione di sovraffollamento in cui sono costretti a vivere.
I detenuti hanno anche cominciato lo sciopero della fame ed intendono porre in essere qualsiasi azione tesa al riconoscimento dei loro diritti.
PRIMA LETTERA DEI DETENUTI DELLA CASA CIRCONDARIALE DI MATERA
Preg.mo Ministro di Grazia e Giustizia
Preg.mo Presidente Della Repubblica
Preg.mo Presidente del Consiglio
Preg.mo Presidente della Camera dei Deputati
Preg.mo Presidente del Senato della Repubblica
A tutti i Direttori Delle Case Circondariali D’Italia
Agli organi di stampa
I detenuti della Casa Circondariale di Matera, si permettono di richiamare l’attenzione delle autorità competenti, sul problema del sovraffollamento delle carceri in Italia.
A parere degli scriventi, la risoluzione del problema “sovraffollamento”, non può essere affrontato esclusivamente immaginando la realizzazione di nuove carceri, anche se quello delle nuove carceri è un problema che esiste, perché le carceri che ci sono in Italia sono indegne, sono un’offesa alla dignità degli operatori penitenziari e delle persone detenute. Sono un’offesa per le persone che accedono in istituto per parlare con i propri cari, un’offesa nei confronti dei magistrati che vengono a fare i loro atti giudiziari dentro le carceri: A NOI DETENUTI E’ STATA GIA’ SOTTRATTA LA LIBERTA’, NON PUO’ ESSERCI TOLTA ANCHE LA DIGNITA’.
La soluzione del predetto problema non sta, a parere degli scriventi, nell’investire nell’edilizia penitenziaria, questo perché tal investimento non è supportato dalle necessarie risorse economiche e perché per la sua realizzazione occorrono tempi lunghi, mentre il disagio è attualissimo e necessita di un intervento immediato.
Infatti le carceri italiane “scoppiano” di detenuti. Se a tal problema si è cercato di dare una soluzione con l’istituto dell’indulto, che appena due anni fa aveva messo fuori circa 25 mila persone riducendo a 33.326 i detenuti (record minimo storico), lo stesso si è rivelato un provvedimento di scarsa efficacia, perché estemporaneo.
Il problema del sovraffollamento riguarda la maggior parte degli istituti di pena italiani; tal fenomeno non consente al personale della polizia penitenziaria, già fortemente ridotto perché impegnato anche nei servizi di scorta, di svolgere il proprio lavoro in maniera adeguata e con garanzie di sicurezza; per questo in diverse occasioni la Uil degli agenti di polizia Penitenziari ha più volte sollecitato il ministro della Giustizia, l’On. Angelino Alfano attualmente, a convocare un tavolo permanente sui gravi problemi, senza ottenere, purtroppo, alcuna risposta.
Il nostro civilissimo Paese è stato condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per aver violato l’articolo 3 della Convenzione, quello che vieta «trattamenti inumani e degradanti» e, per la prima volta, è stato sanzionato a causa della «mancanza di spazio» in cui costringe a far vivere gli “ospiti” delle patrie galere.
Siamo di fronte ad un sistema giudiziario carente e male organizzato, che compromette le vite di persone sempre più spesso condotte sulla soglia della disperazione; non a caso negli ultimi anni si è assistiti ad un’ impennata numerica dei suicidi e dei tentativi di suicidio, riconducibile anche ad un carente sostegno di assistenti, psicologi che seppur presenti all’interno degli istituti carcerari non riescono a garantire un efficiente servizio dato l’elevato numero di detenuti.
Se da un lato le carceri servono per punire chi ha sbagliato, dall’altro devono essere finalizzate al recupero e alla graduale reintegrazione del carcerato che dia dimostrazione di aver compreso l’errore commesso.
La strada dell’adozione di pene alternative, quali l’affidamento in prova ai servizi sociali, la semilibertà o anche gli stessi arresti domiciliari, per i detenuti che hanno compiuto reati minori o che sono prossimi al fine pena, o che comunque sono nei termini per potervi accedere, potrebbero fornire una soluzione meno dispendiosa e più efficace rispetto a quella prevista per la costruzione di nuove carceri e permetterebbe, soprattutto, di risolvere in parte il problema del sovraffollamento.
Quando si è di fronte ad un detenuto con condanna definitiva, divenuta esecutiva poiché sono stati espletati tutti i gradi di giudizio e/o vi è stata rinuncia all’appello o alla Cassazione, basterebbe incentivare l’utilizzo delle misure alternative alla detenzione in carcere previste dall’ordinamento penitenziario, a garanzia di una prospettiva di reintegrazione degli individui nella società.
Sono molti i detenuti che si trovano in questa situazione ossia che stanno in carcere ma che potrebbero usufruire di una delle misure alternative previste dalla legge da intraprendere sulla base di un programma lavorativo.
Occorrerebbe, però, è qui è la nota dolente, che il Tribunale di Sorveglianza riconoscesse la possibilità ai detenuti che sono prossimi al fine pena, che durante tutto il periodo di detenzione all’interno dello stabilimento carcerario hanno sempre dimostrato un atteggiamento propositivo, che abbiano dimostrato durante la detenzione la volontà di intraprendere un nuovo percorso personale, la possibilità di avvalersi delle precitate misure alternative.
Nella realtà quotidiana dei Tribunali di Sorveglianza ed anche in quella degli Uffici di Sorveglianza per la parte di loro competenza, l’ammissione alle misure alternative e/o ai permessi, anche in presenza dei requisiti previsti e del parere favorevole degli operatori e dei direttori del carcere, resta sottomessa alla valutazione personale del magistrato che il più delle volte ha esito negativo. E’ chiaro che in taluni casi il comportamento del detenuto può non essere irreprensibile e presentare per esempio delle note di richiamo, che benché denotino una certa insofferenza, in quanto relativa ad episodi spiacevoli che pur possono verificarsi all’interno del mondo carcerario, potrebbero essere valutate un po’ più benevolmente anche alla luce dello stress a cui un sovraffollamento, inevitabilmente, sottopone soggetti internati che, già di per sé, sono sicuramente più nervosi. Con questo non vuole crearsi un alibi! E’ ovvio che se un soggetto è ristretto in carcere, a meno che non sia innocente, vuol dire che ha posto in essere comportamenti antigiuridici e per questo deve “pagare” il suo debito con lo stato, ma è altrettanto vero che il “pagare” deve essere proporzionato al reato commesso!
Noi detenuti, CHIEDIAMO una applicazione estesa delle misure alternative, dal lavoro esterno alla semilibertà, attraverso un piano di lavori socialmente utili.
La risposta non può essere affidata all’edilizia penitenziaria, alla costruzione di nuove carceri, alla faraonica pretesa di costruire per il 2012 quindicimila nuovi posti nelle carceri italiane, dissipando ingenti risorse economiche per un risultato che già oggi sarebbe insufficiente a ricondurre nella legalità le carceri italiane.
SOSTENIAMO piuttosto la ristrutturazione del patrimonio esistente per renderlo coerente con i principi definiti con chiarezza assoluta dalla Costituzione per definire il senso della pena e per garantire la risocializzazione, nel rispetto dei diritti previsti dalla Riforma penitenziaria del 1975 e dal regolamento del 2000, affinché la pena sia scontata in condizioni di umanità e dignità come previsto dalle Convenzioni internazionali.
Questo non vuole essere un generico appello, ma il primo anello di una catena di azioni pubbliche finalizzate alla realizzazione di impegni concreti e credibili.
I DETENUTI
SECONDA LETTERA DEI DETENUTI DELLA CASA CIRCONDARIALE DI MATERA
Preg.mo Presidente Della Repubblica
Preg.mo Presidente del Consiglio
Preg.mo Presidente della Camera dei Deputati
Preg.mo Presidente della Camera del Senato
A tutti i Direttori Delle Case Circondariali D’Italia
A Tutti gli Organi di Stampa
Noi detenuti della Casa Circondariale di Matera, nel ringraziare vivamente i mezzi di stampa che hanno deciso di farsi portavoce dei nostri bisogni non lasciando cadere nel nulla il nostro grido di aiuto, richiamando, ancora una volta, l’attenzione dell’opinione pubblica sul problema del sovraffollamento delle carceri in Italia, che, come al solito, non viene affrontato istituzionalmente. Ci permettiamo di ritornare nuovamente sulla questione per denunciare una condizione di invivibilità che affligge tutte le carceri italiane ma che viene presa in considerazione troppo superficialmente.
Noi detenuti siamo consapevoli, e lo abbiamo già detto, che se ci troviamo a vivere questa realtà è perché abbiamo commesso degli errori, ed è giusto che noi paghiamo per questo, ma è altrettanto vero che una sentenza di condanna, qualunque sia il reato, non elimina la nostra dignità di persone umane, OPPURE SI??
Noi siamo costretti ogni giorno a vivere una situazione di vero disagio, costretti a condividere con più persone degli spazi molto stretti ed angusti; per questo noi detenuti del carcere di Matera abbiamo deciso di fare ricorso alla Corte Europea dei Diritti degli Uomini per denunciare questa situazione inumana e degradante inoltrando, in massa, singoli atti di richiesta di risarcimento contro lo STATO ITALIANO, inadempiente, incurante e indifferente.
Ogni giorno ci vediamo costretti a fare innumerevoli richieste che per mesi non vengono evase per colpa delle carenze di organico, anche per poter essere visitati da personale medico, basti pensare che il carcere di Matera sta attualmente evadendo le richieste di visite mediche fatte nel 2008; non è pensabile che persone che soffrono fisicamente non possano neppure ottenere le cure necessarie in tempi adeguati; ma poi il diritto alla salute non è uno dei diritti fondamentali sancito dalla nostra Carta Costituzionale? Noi detenuti, solo perché tali, non possiamo pretendere che questo diritto ci venga riconosciuto? Dobbiamo arrenderci irrimediabilmente al nostro destino? Dobbiamo aspettare di morire per essere ascoltati?
Questa carenza e disorganizzazione del sistema carcerario, badate bene adeguate all’Italia del dopo guerra, sono condizioni che nella continuità di una carcerazione si trasformano in cause di instabilità e volubilità, pericolose per le vite delle persone che condotte sulla soglia della disperazione, abbandonate a se stesse e prive di un adeguato supporto psicologico, arrivano a commettere gesti estremi; non è un caso e non può essere trascurato il dato che negli ultimi anni si è assistito ad un’impennata numerica dei suicidi e dei tentativi di suicidio, per non parlare delle aggressioni tra detenuti e contro le stesse guardie carcerarie, il tutto è sicuramente riconducibile ad uno stato di disagio, di privazione che per troppi anni è rimasto nell’ombra.
Pertanto, noi detenuti del carcere di Matera siamo pronti ad URLARE queste condizioni di disagio e di precarietà attraverso ogni possibile azione; iniziando a protestare con tutta la nostra forza dalle nostre celle per denunciare le condizioni nelle quali siamo costretti a vivere quotidianamente, ricorrendo anche allo sciopero della fame e della sete, ammesso che a qualcuno interessi!!!
La pena, secondo quanto stabilito dall’ordinamento italiano, deve essere finalizzata a punire chi ha sbagliato ma anche a reintegralo all’interno della società.
Ed allora, perché i Magistrati di Sorveglianza ed il Tribunale di Sorveglianza di Potenza fanno orecchie da mercante? Perché il più delle volte sono pronti a rigettare le istanze che noi detenuti presentiamo in merito alla concessione delle misure alternative alla pena detentiva, o quelle sulla liberazione anticipata, il più delle volte motivando tali rigetti soltanto per “colpa” di “richiami o rapporti” ricevuti all’interno del carcere, come per esempio per la battitura delle inferriate o perché, causa nervosismo prodotto dalla situazione descritta e denunciata, spesso può accadere che tra noi detenuti scoppino “confronti” dai toni un po’ più accesi e vivaci del solito!?!?. Non sono le invenzione e farneticazione di chi non sa più cosa dire ma la realtà dei fatti provabile con le copie dei provvedimenti di rigetto!!!!
Noi detenuti siamo disposti a pagare per i nostri errori ma SIAMO STUFI, STANCHI ed ESAUSTI di prendere schiaffi da tutti, di non essere considerati e di NON ESSERE TUTELATI NEI NOSTRI DIRITTI, che pur ci sono riconosciuti, almeno sulla carta (!!!!), dalle leggi del nostro “democratico” Stato.
Noi non chiediamo che tali misure vengano riconosciute a tutti incondizionatamente, ma CHIEDIAMO più chiarezza nella scelta dei criteri che vengono seguiti dagli Uffici competenti per accogliere o rigettare un’ istanza; CHIEDIAMO che, a chi durante il periodo di detenzione intramuraria, abbia dimostrato la volontà di intraprendere un nuovo percorso personale, venga data la possibilità di riscattare la propria persona anche nei confronti dei propri familiari che loro malgrado sono costretti a pagare per i nostri errori.
Infine, CHIEDIAMO e PRETENDIAMO che ci vengano riconosciuti i nostri diritti così come statuiti dalle leggi dello Stato, perché occorre ristabilire il giusto equilibrio tra il rispetto delle leggi: quelle che abbiamo violato con i nostri comportamenti antigiuridici, giustamente severe, e che ci vengono applicate in sede di condanna e quelle in materia di concessione di tutte quelle misure alternative alla detenzione carceraria che, pur previste, restano inutilizzate e che il legislatore ha stabilito proprio per “reintegrare” quanti dimostrino di aver imparato dai propri errori e di essere disposti a dare un cambio di direzione alla propria esistenza.
Tutto il sistema giudiziario ci pare delegittimato, non ha più senso pagare gli avvocati per la presentazione delle istanze ai Tribunali di Sorveglianza ed ai Magistrati di Sorveglianza tanto sappiamo già quale sarà la loro sorte, neppure loro vengono più presi in considerazione per cui è inutile chiedere alle nostre famiglie l’ulteriore sforzo di pagare delle parcelle. Vorrà dire che le istanze le faremo noi!!Tanto hanno tutte lo stesso risultato!!
Inutile adoperarsi a lavorare o ad andare a scuola all’interno del carcere, o chiedere il sostegno di educatori, assistenti sociali, psicologi e quant’altro……tutto inutile!!!!
Onestamente questa situazione non è più sopportabile, vogliamo ribadire che NOI NON VOGLIAMO ESSERE GIUSTIFICATI O LEGITTIMATI DALL’OPINIONE PUBBLICA, NON VOGLIAMO PASSARE COME SANTI CHE DEVONO ESSERE COMPRESI E PERDONATI, DOBBIAMO E VOGLIAMO PAGARE IL PREZZO CHE LO STATO HA DECISO PER NOI, MA VOGLIAMO CHE LA LEGGE VENGA RISPETTATA, NON SOLO DA NOI, MA DALLE ISTITUZIONI, CHE LASCIANO CORRERE E TOLLERANO QUESTO STATO DI COSE (TANTO NON SONO LORO A VIVERCI!!), DAI MAGISTRATI, CHE SI NASCONDONO DIETRO LE LORO TOGHE E GIUSTIFICANO LE LORO SCELTE CON L’APPLICAZIONE DELLA LEGGE, SENZA CONSIDERARE CHE CI SONO TANTI E TANTI ELEMENTI CHE POTREBBERO CONTEMPERARSI.
Che dire poi agli appartenenti della Polizia Penitenziaria…….VITTIME insieme a noi del SISTEMA, perché reclusi insieme a noi nelle carceri……SIAMO FIGLI DI UN DIO MINORE…..carcerati, detenuti, prigionieri, galeotti, reclusi e per questo non degni di comprensione, umanità, benevolenza ma solo di disprezzo, denigrazione, disistima, sfiducia e disonore……almeno voi che potreste essere liberi combattete per i vostri diritti!!!
I DETENUTI