Il report sulle iniziative promosse a Matera giovedì 17 marzo 2011, giornata che ha celebrato i 150 anni dell’Unità d’Italia
Una giornata indimenticabile quella del 17 marzo 2011. Il cuore di Matera batte per l’Italia unita e per l’unico rappresentante della Basilicata che partecipò alla spedizione dei Mille, Giambattista Pentasuglia. Con l’inaugurazione del busto a lui dedicato, un’opera in bronzo creata dal trentunenne materano Raffaele Pentasuglia, uno dei discendenti dell’albero genealogico familiare e l’intitolazione della villa comunale all’Unità d’Italia la città di Matera ha colmato un vuoto. Proprio alle spalle dello spazio verde c’è una strada intitolata a Giambattista Pentasuglia ma in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia adesso l’impavido garibaldino materano potrà ricevere gli onori che la città di Matera ha già riconosciuto, sempre nella villa comunale, a Giuseppe Garibaldi. Per Giambattista Pentasuglia anche una lapide che ricorda le sue gesta: “Accese lumi e speranze contro la coltre del buio che opprimeva i suoi tempi. Del suo nome fieri custodi sia a noi di esempio costante l’ardore per l’impavida azione e la limpida volontà di sapere.” L’autore è Pasquale Doria, giornalista materano della Gazzetta del Mezzogiorno. Una cerimonia che dovremmo segnalare anche a Pippo Baudo e Bruno Vespa, perchè durante lo speciale su Rai Uno per i 150 anni dell’Unità d’Italia hanno ignorato la presenza di garibaldini provenienti dalla Basilicata. Un errore madornale al quale ha posto rimedio anche il libro di Giambattista Pentasuglia scritto da Giovanni Caserta per l’Unitep di Matera e presentato nel corso dell’incontro con l’autore previsto nel pomeriggio a Palazzo Lanfranchi, che custodisce all’ingresso la lapide dedicata a Giambattista Pentusuglia che sino a qualche anno fa era esposta sulla facciata dell’ex convento che ospitò anche il Liceo Classico, dove insegnò anche Giovanni Pascoli e dove cominciò a studiare anche Giambattista Pentasuglia prima di farsi trasferire a Napoli per farsi prete. La lunga giornata del 17 marzo è cominciata proprio da Palazzo Lanfranchi, con la deposizione di alloro sulla lapide che riassume la vita e le opere di Giambattista Pentasuglia. Quindi il corteo delle autorità civili e i rappresentanti delle associazioni d’arma e combattentistiche si è diretto verso piazza Vittorio Veneto, dove era previsto l’ingresso del Prefetto sua Eccellenza Giovanni Francesco Monteleone per procedere con la deposizione di due corone di alloro al monumento ai caduti materani che hanno pagato con la vita l’insurrezione contro l’oppressione nazi-fascista del 21 settembre 1943. L’intitolazione alla villa dell’Unità d’Italia e l’inaugurazione del busto dedicato a Giambattista Pentasuglia sono stati preceduti dagli interventi del presidente della Provincia di Matera Franco Stella e dal sindaco di Matera Salvatore Adduce. Discorsi che hanno evidenziato il clima sociale, economico e politico nettamente diverso in cui si celebrano i 150 anni dell’Unità d’Italia rispetto alle sensazioni vissute nel 1961, epoca che ha segnato un fermento probabilmente irripetibile anche nel nostro Paese dal punto di vista culturale e sociale. Kennedy, Martin Luther King e Papa Giovanni XXIII sono stati i personaggi citati dal sindaco Adduce per richiamare quel sogno coltivato dalle classi sociali più deboli di vivere con una prospettiva diversa. La nostra spedizione dei mille – ha ricordato Adduce – è il percorso che abbiamo avviato verso il 2019. Matera ambisce a diventare capitale europea della cultura, un riconoscimento che probabilmente a qualcuno non dice nulla ma che può cambiare il destino delle nuove generazioni se si considerano tutti i benefici collegati alla promozione turistica del nostro territorio. Prima di tornare a casa per il pranzo la giornata tricolore dei materani è stata chiusa dall’inaugurazione della mostra dedicata all’arte della cartapesta presente in due location particolari: il chiostro del Palazzo del Governo, dove sono stati inserite le foto più suggestive legate al 2 luglio materano ed in particolare all’arte dei maestri cartapestai che culmina nella produzione del Carro Trionfale in onore della protettrice di Matera e la chiesa della Madonna del Carmine, annessa a Palazzo Lanfranchi: una chiesa ormai sconsacrata che rappresenta uno dei gioielli storico-artistici della nostra città ma che si può ammirare solo in occasione di manifestazioni culturali e mostre d’arte, come appunto quella dedicata all’arte della cartapesta e che sarà aperta a Matera sino al prossimo 20 novembre 2011. Nella Chiesa del Carmine di Palazzo Lanfranchi sono espositi “pezzi” di carri, di precedenti edizioni, provenienti da botteghe artigiane e da privati gentilmente concessi dal Musma e noti artisti materani quali Gimi di Francesco e Giuseppe Mitarotonda, Pasquale Nicoletti, Michelangelo Pentasuglia, Giancarlo de Palo, Emanuele Rizzi e Emanuele Mancini. Una selezione artistica a cura di Franco Palumbo, già Presidente del Comitato Festa della Bruna. La mostra contiene anche opere in cartapesta di Josè Ortega, Luigi Guerricchio e Angelo Palumbo che segnano il legame tra la tradizione della cartapesta a Matera e la creatività artistica. Una mostra straordinaria, che conferma la grande qualità artistica delle opere prodotte nella città dei Sassi dai maestri cartapestai.
Nel pomeriggio la giornata tricolore dei materani è proseguita con “L’Italia è una”, un incontro di studi promosso dall’Unitep, l’università della terza età e della educazione permanente di Matera, guidata dal presidente Angelantonio Pellecchia. Un grande momento culturale promosso dall’associazione materana per esaltare la figura di Giambattista Pentasuglia attraverso il libro di Giovanni Caserta dedicato proprio al nostro eroe del Risorgimento. Un incontro che ha unito musica e contributi culturali grazie alla partecipazione del coro polifonico “Rosa Ponselle” diretto dal maestro Giuseppe Ciaramella. “Va pensiero dal Nabucco e Patria oppressa dal Macbeth, due capolavori di Giuseppe Verdi hanno ufficialmente aperto i lavori e dopo il saluto del presidente Pellecchia sono arrivati i saluti del vice-prefetto Alberigo Gentile, del sindaco di Matera Salvatore Adduce, dell’assessore provinciale alla trasparenza degli atti amministrativi Antonio Montemurro e di Vincenzo Folino, presidente del Consiglio regionale di Basilicata e del comitato per le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Alberigo Gentile ha riconosciuto all’Unitep l’idea di aver promosso in netto anticipo rispetto alle istituzioni locali un incontro culturale dedicato ai 150 anni dell’Unità d’Italia mentre il sindaco Adduce ha ricordato nella parte iniziale del suo intervento la figura di un altro concittadino materano che ha contribuito ai moti del Risorgimento italiano, il sacerdote e pensatore Onofrio Tataranni. Dopo aver prodotto il catechismo dei cittadini, Tataranni ha scritto un breve trattato sull’unione degli Stati e sulla Federazione degli Stati Europei. Un personaggio citato nel corso di un incontro che il sindaco Adduce ha avuto con il professore Lerra dell’Università degli Studi della Basilicata. “La figura di Onofrio Tataranni va certamente approfondita – ha dichiarato Adduce ma in proposito Angelantonio Pellecchia ha ricordato che già dieci anni fa l’Unitep ha approfondito la sua proficua attività al servizio dei cittadini materani. Più duro l’intervento dell’assessore provinciale Antonio Montemurro, che ha difeso il fenomeno del brigantaggio ricordando che ancora oggi le classi più deboli chiedono giustizia per vivere in un mondo migliore. Poi ha puntato il dito contro la classe politica meridionale che va d’accordo con la Lega. Più lungo e caratterizzano da continui riferimenti storici l’intervento di Vincenzo Folino, originario di Pietrapertosa, città al confine tra le due province lucane e per questo uomo “neutrale” rispetto alla guerra di campanile che ancora oggi frena lo sviluppo di Matera e Potenza. In scaletta altri due momenti musicali con il coro Rosa Ponselle nuovamente in primo piano per “O signore dal tetto nati” tratto da “I lombardi alla prima crociata” e Viva Italia da “La Battaglia di Legnano”. Quindi è arrivato il momento probabilmente più atteso, l’incontro con l’autore Giovanni Caserta intervistato dal giornalista e direttore di SassiLive.it Michele Capolupo: in basso riportiamo l’intervento integrale. L’Inno di Mameli, magistralmente eseguito dal coro della polifonica Rosa Ponselle ha chiuso il momento culturale dedicato dall’Unitep ai 150 anni dell’Unità d’Italia.
In serata il palco allestito in piazza Vittorio Veneto con i djs di Radio Radiosa, l’esibizione di Rocco Magnante nei panni di Zucchero Sugar Fornaciari e il concerto della Blu beat band, che vede protagonisti diversi componenti degli RP32, la storica band nella quale ha “militato” proprio Rocco Magnante. Nel giorno dedicato ai festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia è stato moltobello rivedere sul palco tutti i componenti della band materana di riferimento della scena musicale materana negli anni 80. La musica degli artisti locali ha animato una piazza piena di gente mentre a pochi metri sulla facciata del Palazzo dell’Annunziata partiva la proiezione tricolore a cura della ditta Illuminotecnica di Toni Iacovuzzi. Una sorpresa per tutti i materani che hanno deciso di festeggiare in piazza i 150 anni dell’Unità d’Italia promossa in collaborazione con il portale SassiLive. L’ideatore del format “Pietre che cantano”, già presentato in piazza San Francesco, San Pietro Caveoso e in via Ridola a settembre scorso per concludere il Women’s Fiction Festival ha deciso questa volta di “dipingere” con i colori della bandiera italiana il Palazzo più elegante tra quelli presenti in piazza Vittorio Veneto trovando un “feeling naturale” con le luci tricolori che hanno colorato la fontana adiacente gli ipogei. Centinaia i flash di materani e turisti che hanno deciso di “fermare” l’immagine del Palazzo dell’Annunziata illuminato dal tricolori, un feedback immediato del riscontro positivo verso l’iniziativa promossa nella serata in cui si festeggiavano i 150 anni dell’Unità d’Italia. E mentre in piazza il pubblico si divertiva con gli spettacoli offerti dall’Amministrazione comunale al teatro Duni andava in scena il terzo appuntamento della rassegna “Tempo di lirica”. Per festeggiare il nostro Paese unito il direttore artistico e tenore materano Francesco Zingariello ha proposto la “Trilogia popolare”, uno spettacolo introdotto dal professore Giovanni Caserta per ricordare la figura di Giambattista Pentasuglia e dedicato alle opere più importanti di Giuseppe Verdi: il Rigoletto, il Trovatore e la Traviata. Nel cast artistico il soprano Francesca Ruspo, il mezzosoprano Maria Leone, il tenore Francesco Zingariello, il baritono Pedro Carrillo, il coro lirico di Puglia Basilicata diretto dal maestro Davide Dellisanti e il direttore musicale Roberto Corlianò. Uno spettacolo di altissimo livello artistico che è stato curato nei testi da Daniela Guanti e nella regia da Giovanni Guarino. E la notte tricolore nella città dei Sassi è stata chiusa dai fuochi d’artificio personalizzati per l’Unità d’Italia affidati alla ditta Vulmont, che ha scelto il boschetto di via Lucana per i fragorosi botti di colore verde, bianco e rosso.
Sintesi Intervento del sindaco, Salvatore Adduce in occasione dell’inaugurazione del busto di Giovanni Battista Pentasuglia e dell’intitolazione della villa comunale dell’Unità d’Italia.
“Con i 150 anni dell’Unità d’Italia in viaggio verso un nuovo Risorgimento”
Cari concittadini, vi ringrazio molto per aver partecipato così numerosi a questa giornata. La vostra presenza qui così massiccia, la presenza delle associazioni combattentistiche, la presenza di così tanti giovani rappresenta la testimonianza più tangibile dell’Unità d’Italia e di quello che rappresentano i 150 anni. Ed è la risposta più concreta alla complessità del dibattito politico che si è sviluppato in questi giorni nel Paese intorno alle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Vi ringrazio molto così come ringrazio tutti coloro che hanno collaborato a organizzare il programma delle celebrazioni, dalle istituzioni, a partire dalla Prefettura, dalla Provincia, dalla Camera di commercio, alle tante associazioni che a titolo volontario già dalla metà del 2010 hanno voluto assicurare il loro contributo organizzando incontri e promuovendo interessanti pubblicazioni, alle scuole di ogni ordine e grado, dalle elementari all’università, che hanno organizzato diversi momenti didattici sull’importanza di questi avvenimenti.
Vorrei oggi sottolineare che Matera ha voluto onorare questa giornata non solo qui, nella nostra città, ma anche a Torino dove da ieri è esposto il principale simbolo della nostra tradizione, della nostra storia, della nostra identità, il carro della Bruna.
Questo straordinario manufatto di cartapesta, nel suo viaggio da Matera a Torino, ha unito, con la sua densa simbologia, il sud al nord del Paese. E quando tornerà a Matera resterà esposto per sempre a testimoniare i 150 anni della storia dell’unità d’Italia e l’importanza di questa giornata.
Una giornata importante in cui abbiamo voluto cogliere la straordinaria occasione di intitolare la villa comunale all’Unità d’Italia, questo luogo che ha rappresentato per diverse generazioni uno spazio importante, per bimbi e anziani.
Inoltre, abbiamo voluto istallare e inaugurare proprio oggi il busto dedicato a Giovanni Battista Pentasuglia, materano, unico lucano che partecipò alla spedizione dei Mille.
Secondo Benedetto Croce il risorgimento italiano è una “Poesia bella”, una poesia fatta di terra, ma anche di sangue. Un sogno nato nei versi di Dante e Petrarca, che ha preso forma nei pensieri di Macchiavelli e Guicciardini, e che ha trovato concreta applicazione nell’immaginazione di quei ragazzi dell’Ottocento spinti da passione, libertà, desiderio di unione.
Fu la nascita di un risveglio ideale, di un coraggio civile, la nascita di una nuova coscienza civile. E’ tutto questo che si solleva nel 1848 e che trova già nella rivoluzione partenopea del 1799 i primi, originali vagiti, nei quali la Basilicata seppe trovare le ragioni di un nuovo protagonismo.
C’è all’origine dell’Unità d’Italia la voglia, il desiderio di quell’Italia vista come mamma generosa. Una storia romantica che seppe nutrirsi anche di uno spirito di riscatto. La richiesta di indipendenza dallo straniero si mescolò al desiderio di libertà civili e politiche.
Per le strade e nelle piazze, negli scritti e nelle scelte di vita, ci sono sempre i giovani a sfidare a viso aperto divieti, censura, eserciti stranieri. Anche allora, giovani e forti, idealisti e cosmopoliti. Anime inquiete e tormentate, la gioventù ribelle mise in campo audacia di pensiero e intraprendenza di azione.
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Fra questi giovani c’era anche un materano che oggi siamo qui a onorare, Giovanni Battista Pentasuglia, l’unico lucano che partecipò alla spedizione dei Mille, eroe garibaldino. Un soldato, ma anche un grande uomo di cultura, di formazione classica e scientifica per essersi laureato in matematica e scienze della natura presso l’università di Torino. Grazie alle sue indiscutibili competenze, fu ispettore dei telegrafi, progettista e realizzatore di importanti collegamenti tra varie città italiane.
Nel 1848 si arruolò a Napoli per la spedizione contro l’Austria. Rimasto ferito nella battaglia di Treviso, fu nominato ufficiale per merito di guerra. Impossibilitato, per motivi politici, a tornare nella terra natia, visse a Torino, dove frequentò l’università e si laureò in fisica. Divenne istruttore degli allievi telegrafisti e, arruolatosi nel genio militare piemontese, fu nominato ispettore degli uffici telegrafici.
Durante la seconda Guerra d’Indipendenza, fu assegnato al quartier generale di Napoleone III, con la mansione di sovrintendenza ai servizi telegrafici.
Fu uno dei tanti giovani che, pur animati da idee politiche diverse, trovarono le ragioni per stare uniti e per costruire insieme una prospettiva di fratellanza. Non più divisi, ma uniti. La direzione giusta. Fu così che da tutte le parti d’Italia una torma di ragazze e ragazzi si mise in movimento e raggiunse gli scogli di Quarto, nei pressi di Genova, per unirsi a Garibaldi, l’eroe dei due mondi.
Fra loro c’era il nostro concittadino, Giovanni Battista Pentasuglia, Tita, come amava farsi chiamare, che, allo sbarco di Marsala occupò il locale ufficio telegrafico (che stava trasmettendo a Palermo l’arrivo dei piroscafi piemontesi) e fece comunicare la falsa notizia che si trattava di imbarcazioni mercantili e che tutto era nella normalità, così l’esercito borbonico venne colto di sorpresa.
Garibaldi stesso volle scrivergli una nota di merito nel 1866: “Colonnello Pentasuglia, io Vi devo una sentita parola di lode e di gratitudine per il magnifico servizio prestato al corpo dei volontari della telegrafia da Voi diretto. Non credo sia possibile disimpegnare con più ardore e coraggio al difficile compito”. Così scrisse Garibaldi.
A seguito dell’Unità d’Italia, fu nominato senatore del regno e si occupò di comunicazioni telegrafiche. Ideò e pose in opera il cavo telegrafico sottomarino tra Sicilia e Sardegna e sullo stretto di Messina. Partecipò anche alla terza guerra d’indipendenza e, una volta terminata, fece ritorno alla sua natia Matera, lavorando come ispettore capo dei telegrafi e passando il resto della sua vita. La città lo premiò con una medaglia d’oro per le sue gesta patriottiche.
E oggi vogliamo ricordarlo con questo busto per rinvigorire la memoria di questo nostro concittadino illustre per il generoso sentimento di amor patrio e la disinteressata dedizione alla causa nazionale.
La spedizione dei Mille è stato il nostro grande viaggio. Il mito fondativo, il fuoco intorno al quale stare insieme per ascoltare il racconto di una epopea che non è mitologia immaginaria ma una storia di giovani che smettono di pensarsi vittime e si trasformano in vincitori quando cominciano a pensare, e ad agire, come comunità.
L’individuo al centro, il genio come forma di immaginazione, lo spirito di iniziativa, il fervore intellettuale, i valori universali: la libertà, la solidarietà e la pace.
Sono gli stessi valori che, guarda caso, animarono i giovani nel 1961, quando si celebrarono i 100 anni dell’Unità d’Italia. Nel 1961 molti di noi avevano pochi anni, ma ricordiamo perfettamente come era diversa quella stagione in cui caddero le celebrazioni del centenario. Era la stagione del boom economico in cui l’Italia seppe conquistassi uno spazio importante fra le potenze del mondo, era la stagione in cui i giovani erano animati dallo stesso spirito dei loro coetanei di cento anni prima, contro le guerre, a difesa dei valori, della pace, dei diritti umani. Erano gli anni dei discorsi di Martin Luther King e di Kennedy e di Papa Giovanni XXIII.
A 50 anni di distanza noi rischiamo di consegnare a nostri figli un mondo nel quale manca il sogno, la prospettiva di un futuro diverso e migliore. Noi stessi ci rendiamo conto che forse non abbiamo fatto tutto quello che era nelle nostre forze. Eppure questa occasione, nel 2011, nel 150esmo anniversario dell’Unità d’Italia, deve rappresentare una spinta, per adulti e giovani, a riprendere quella visione del mondo che spinse a unire l’Italia, e prendere Giambattista Pentasuglia come esempio di impegno a difesa dei diritti civili.
Quei giovani intrapresero un viaggio che riuscì a unire l’Italia. Anche noi stiamo costruendo il nostro viaggio in cui vogliamo coinvolgere i giovani, coloro che nel 2019 compiranno 18 anni. Il nostro viaggio si muove verso la candidatura di Matera a capitale europea della Cultura 2019. Vogliamo che tutti si rendano protagonisti di questo percorso perché i nostri figli, nel 2019, possano dire che i nostri padri hanno costruito una opportunità che ci servirà per il futuro, con impegno.
Viva Matera. Viva l’Italia.
La fotogallery dei 150 anni dell’Unità d’Italia a Matera
{phocagallery view=category|categoryid=442} 150° anniversario dell’Unità d’Italia
Alla vigilia della giornata più attesa per il popolo italiano, quella dedicata ai 150 anni dell’Unità d’Italia, nell’Auditorium del Conservatorio di piazza Sedile a Matera si è svolta la maratona musicale in collaborazione con le scuole medie ad indirizzo musicale Torraca, Festa e Pascoli. A coordinare la perfomance i docenti Nicola Ferri e Loredana Paolicelli. Al progetto hanno aderito le classi di Violoncello, Pianoforte, Composizione, Direzione d’orchestra, Musica d’insieme per fiati e Musica da camera. Dopo aver avviato il concerto con l’Inno di Mameli gli alunni delle medie, guidati dai docenti Michele Fontana (chitarra), Emilia Venezia (Pianoforte), Giuseppe Panico (clarinetto), pronti a formare il tricolore con camicie verdi bianche e rosse, hanno inondato l’Auditorium con le opere di Verdi mentre il coro dell’Unitep ha eseguito dal Nabucco il “Va pensiero”.
Apprezzate in modo particolari le voci soliste di Rosa Francomagro, Giorgio Bianco e Caterina Pietracito. Interessante l’esibizione con l’oboe del giovanissimo Giovanni Pozzuoli, accompagnato al pianoforte da Giulia Olivieri: insieme hanno eseguito una composizione musicale di H. Planel “Chanson Romantique” .
Un programma intenso e pronto a soddisfare i gusti musicali di tutto il pubblico presente in sala.
In scaletta le performance su arie di C.Mozart e J. Brahms della pianista Elisabetta Fusillo e quelle al pianoforte a quattro mani a cura di Valeria Vetruccio e Samanta Simone.
Interessante il Nuances Bolling Quartet composto da Andrea Salvato al flauto traverso, Maristella Frangione al pianoforte, Marco Cornacchia al contrabbasso e Francesco Rondinone alle percussioni, pronti ad eseguire le musiche di C. Bolling Espiegle.
Apprezzate le esecuzioni di quattro sassofonisti con Roberto Laganaro al sax soprano.
In programma anche prime esecuzioni assolute per Vito Grazio Di Santo al vibrafono e Samanta Simone al pianoforte.
Antonello Tosto ha eseguito una composizione per pianoforte “Valse a novembre” mentre il duo per marimba composto da Giancarlo Lacanfora e Vincenzo Mazzoccoli ha eseguito musiche di F. Melchiorre.
Antonello Fiamma alla chitarra ha proposto “Gabri” e “Guarda la Luna”.
Su temi di Mendelssohn ha insistito Alessandro Deljvan. Altrettanto interessante Il Circo di A. Dell’Acqua con i seguenti protagonisti: alla marimba Francesco Ciarfaglia, al vibrafono Aris Volpe, al sax Innocenzo Oliva, Marianno Di Ruvo, Vittorio Tamburrano e Roberto Laganaro.
Il direttore Nicola Notaro e l’Ensemble Giovanmile di Musica Contemporanea ha eseguito la Suite per Piccola Orchestra di Bollettieri e a seguire D. Monteduo con tema e variazioni mentre la Rapsodia fantastica di V. Pasquale è stato il brano finale eseguito dal direttore Antonio Ippolito con l’ensemble giovanile di musica Contemporanea.
Gli applausi della platea hanno gratificato gli esecutori regalando una magica serata tutta tricolore in attesa di festeggiare il 150° compleanno dell’Unità d’Italia.
Carlo Abbatino
Intervista al prof. Giovanni Caserta, autore del volume Giambattista Pentasuglia – l’uomo il soldato le idee
a cura di Michele Capolupo
Come è nata l’idea di scrivere un libro per Giambattista Pentasuglia?
L’idea di celebrare il “garibaldino” Pentasuglia è venuta dall’interno del programma UNITEP (Università della Terza Età e della Educazione Permanente), rivolto alla celebrazione del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Si sapeva che il Comune aveva intenzione di realizzare un busto in bronzo di Pentasuglia, da porre – si ritiene – nella villa Comunale, accanto o di fronte al busto di Garibaldi. Matera, come è noto, non partecipò attivamente al Risorgimento, per una serie di ragioni che è difficile enumerare in breve. Aveva però il “privilegio” d’annoverare l’unico lucano che avesse partecipato alla spedizione dei Mille. Si pensò, da parte dell’UNITEP, di dedicargli una delle dieci conferenze programmate; e si pensò, per l’occasione, di preparare un opuscolo divulgativo sulla figura del Pentasuglia, piuttosto sconosciuto, perché – va detto – non fu parte integrante della vita culturale e politica della comunità materana. Nel 1846, all’età di 25 anni, si era diretto a Napoli, già sacerdote, per approfondire i suoi studi, soprattutto di natura scientifica. Nel Sud tornò solo al seguito di Garibaldi, nel 1860; e solo dopo il 1860, essendoci stata la proclamazione dell’unità d’Italia, poté rivedere la sua città, sia pure saltuariament., Sognava di potervi tornare definitivamente per godersi gli ultimi anni della sua vita, dopo il pensionamento da ispettore dei telegrafi. Vi tornò, infatti, nel luglio del 1879, all’età di 58 anni; ma sopravvisse solo pochi mesi, perché vi moriva il 4 novembre dell’anno successivo, nel 1880. Si era partiti, dunque, per tornare al volume pubblicato in questi giorni, dall’idea di un opuscolo; poi, però, cammin facendo, l’opuscolo ha preso corpo, grazie alla consultazione e alla pubblicazione di documenti inediti.
E’ stato complicato ritrovare tutte le fonti per ricostruire la storia dell’uomo Pentasuglia, del soldato e, soprattutto, per riportare alla luce le sue idee?
Che Pentasuglia avesse lasciato appunti inediti e non poche poesie si sapeva, in forma generica, già dal 1882, attraverso le Note storiche sulla città di Matera di Giuseppe Gattini. Un elenco di quegli appunti inediti e poesie, sia pure non completo, aveva fatto Francesco Nitti in una nota pubblicata nel 1954; ma nessuno s’era mai presa la briga di consultare quei manoscritti, trascriverli, annotarli e pubblicarli, perché ad essi si dava scarsa importanza. Il poeta – si diceva – non esisteva; gli appunti di pensiero erano inconsistenti e frammentari. La verità è che coloro, che di Pentasuglia si erano occupati, se n’erano occupati unicamente avendo presente il garibaldino, che sembrava il dato più clamoroso e glorioso, anche perché serviva ai materani per difendersi contro quanti asserivano che la loro città era stata assente da tutto il processo del Risorgimento. Cosa, in realtà, vera. L’altro aspetto che si metteva in luce, ma in subordine, era la sua funzione di attivo ispettore dei telegrafi, fedele servitore del nuovo Stato unitario, in cui credeva fiduciosamente e per il quale aveva partecipato a tre guerre di indipendenza e alla spedizione dei Mille. Nessun interesse, invece, si aveva per il pensiero del Pentasuglia, peraltro, come si è detto, sparso in appunti e fogli volanti, spesso di difficile lettura, che andavano interpretati. E invece, mettendo insieme agli appunti e le poesie, che sono sempre nutrite di pensieri e sentimenti patriottici, con frequenti attacchi alla Chiesa temporale, cioè alla “Roma dei papi”, è stato possibile avere un quadro preciso di un uomo che, anche attraverso contatti avuti con la cultura del tempo, dimostra di essere all’avanguardia con le nuove idee di progresso, progresso scientifico, civiltà e democrazia.
Che cosa è possibile leggere di “nuovo” nel pensiero di Pentasuglia?
Va innanzitutto ricordato che Pentasuglia fu sacerdote, studente del molto accreditato seminario di Matera. Ebbe, quindi, una buona cultura classica, filosofica e teologica. In più, aveva dimostrato particolare interesse per le scienze e gli studi scientifici. Fu per approfondire questi studi che si diresse a Napoli, ottenuta l’autorizzazione del capitolo metropolitano. Napoli era, allora, una città vivace politicamente e culturalmente, grazie all’incremento dato all’Università e grazie alla presenza di molte scuole private. Primeggiava la scuola tenuta da Francesco De Sanctis, che l’aveva ereditata dallo zio Carlo. Alla scuola del De Sanctis si incontrarono, fra gli altri, Luigi La Vista di Venosa, i fratelli De Judicibus di Molfetta, i fratelli Bertrando e Silvio Spaventa di Bomba (Chieti), Pasquale Villari, e Camillo De Meis, anche lui abruzzese. Sappiamo della documentata amicizia fra Pentasuglia e Camillo De Meis, il quale, a sua volta, era stato molto amico di Luigi La Vista. I ragazzi della scuola del De Sanctis, unitamente a tanti altri giovani che venivano da tutta la provincia meridionale, salirono sulle barricate, quando, il re Ferdinando II, dopo aver concesso la Costituzione, la ritirò il 15 maggio. Sulle barricate fu Luigi la Vista, che vi lasciò la vita. Anche Pentasuglia partecipò prima ai moti che portarono alla concessione della Costituzione, quindi, come molti altri giovani, partì volontario per la prima guerra di indipendenza, rimanendo ferito a Vicenza e a Treviso. Quando poi il re Ferdinando ritirò la Costituzione e ritirò l’esercito dalla guerra al fianco di Carlo Alberto, come tanti altri, Pentasuglia non fece ritorno a Napoli, ma si diresse a Torino, dove ritrovò molti suoi amici napoletani. Fra gli altri, a Torino si erano rifugiati Francesco De Sanctis, De Meis, Vincenzo D’Errico, di Palazzo San Gervasio, e Bertrando Spaventa. A Torino c’erano anche Berchet e Gioberti. Pentasuglia, che fino ad allora era stato giobertiano, anche perché prete, insieme a Gioberti abbandonò l’idea federalista di un’Italia sotto la reggenza del papa e sposò la causa e soluzione piemontese. Probabilmente fu in questa fase che egli abbandonò l’abito talare ed entrò in rotta di collisione con la Chiesa.
Nel frattempo si era laureato in Scienze, alcuni dicono in Fisica, sicché finì con l’aderire ad un pensiero filosofico, che puntava tutto sul progresso scientifico. Del resto, erano, quelli, anni di grandi scoperte. Basti pensare alla macchina a vapore, alla pila di Volta, a Galvani, a Lagrange e alla telegrafia elettrica. Pentasuglia riconosce che nella natura opera una energia ”vitale” che si traduce in elettricità, magnetismo, e in tutta la vita che alimenta l’esistenza della terra e dell’universo. L’Universo è una grandiosa e complessa macchina, mossa da una forza congenita e ignota, che spinge ad andare sempre avanti, sulla via di una continua e mai raggiunta “perfettibilità”. Si è nell’ambito dell’idealismo, con evidenti inclinazioni materialistiche, perché lo Spirito che alimenta la scienza, il progresso, la civiltà e la storia, appare ingenita e quindi innata, ma non fa mai riferimento, come nel Vico, ad una Provvidenza, tranne che in un passaggio di circostanza. La verità è che scienza e civiltà vanno insieme, come è vero che i “Potenti” e i “Prepotenti” sono nemici della scienza e, ancor di più, della sua diffusione. La scienza, infatti, non avrebbe una portata rivoluzionaria se non fosse comunicata e partecipata. Di qui l’importanza dei telegrafi, delle ferrovie e, in genere, di tutti più rapidi mezzi di comunicazione che, diffondendo per l’Europa le nuove idee di libertà, uguaglianza e indipendenza, determinarono, nel 1848, a dirla col Pentasuglia, un “maestoso incendio” rivoluzionario. Pentasuglia, insomma, era un personaggio scomodo per le dittature, ma anche per la Chiesa temporale.
E’ giusto, secondo Lei, che la Soprintendenza abbiamo deciso di spostare la targa ricordo dall’esterno della facciata del Palazzo Lanfranchi all’interno, nella zona destra della parete adiacente l’ingresso? Non ritiene che sia opportuno dare la visibilità che merita a questa testimonianza?
Nel 1911, Pentasuglia ebbe onori dalla sua città, che respirava, in quel torno di tempo, aria laica. Come è noto, la Chiesa ancora non si accordava con la nuova Italia. Aveva condannato il Risorgimento e il liberalismo come dottrina ed evento dettato da spirito “massonico”. I cattolici ancora non erano né eletti né elettori anche se, stavano per trovare una intesa con il patto Gentiloni. Il Comune di Matera di allora volle onorare Pentasuglia, ispettore dei telegrafi e, soprattutto, garibaldino. Fu realizzata a tal fine una lapide, la cui epigrafe fu compilata da Giustino Fortunato. La lapide fu murata sulla facciata del palazzo Lanfranchi, già seminario in cui aveva studiato Pentasuglia. La Soprintendenza, di recente, con i lavori di restauro, pensò di staccarla e portarla all’interno, con disappunto di non pochi. In verità, Pentasuglia, uomo del Risorgimento, poco ha a che vedere col palazzo Lanfranchi, struttura secentesca e religiosa. In tale contesto, una lapide per un uomo dell’Ottocento, celebrato soprattutto come patriota, appariva obiettivamente estranea. Opportuna, perciò, è stata la sua rimozione, ma non la collocazione appena all’ingresso dell’immobile, che la fa passare completamente inosservata, perché luogo di passaggio che non consente di fermarsi a leggere, a meno che non si voglia bloccare e impedire il passaggio a chi ti spinge alle spalle. Molto meglio, perciò, sarebbe collocarla in luogo di facile sosta, lungo il corridoio, per esempio, in prossimità dell’ingresso alla sala delle conferenze, se non nella stessa sala delle conferenze, avvicinandola, saggiamente, a Carlo Levi. E’ bene anzi, a proposito di lapidi, precisare che improvvida fu, invece, la rimozione della lapide che ricorda Giovanni Pascoli, docente di latino e greco nel palazzo Lanfranchi, sede del vecchio Liceo- Ginnasio, per trasferirla nella nuova sede moderna, in zona Macamarda, cui il Pascoli è completamente estraneo. La ricorrenza del 150° anniversario dell’unità d’Italia potrebbe essere l’occasione per uno spostamento in posizione più idonea e adatta della lapide in onore di Pentasuglia; allo stesso modo sarebbe gradito che il centenario della morte di Giovanni Pascoli, 2012, sia occasione per riportare la lapide a Giovanni Pascoli nel palazzo Lanfranchi, che diventerebbe, anche per questo, un ricco contenitore di documenti storici.
Alcuni pensieri di Pentasuglia
“La vita dei popoli e delle generazioni può dirsi con molta ragione una vera macchina, in cui lo Spirito universale è il motore”.
“La Umanità quindi e la Società, non appena che ricevono l’azione del motore, rivolgonsi alla scoperta de’ veri ideali e positivi”.
“L’idea della perfettibilità, così pure quella che ne deriva in conseguenza, l’idea dir voglio della associazione delle forze materiali e morali, l’unità in altri termini de’ popoli e il reciproco loro scambio di tutti i loro interessi, non è una idea acquisita, ma innata”.
“ La Natura e la Scienza sono due enormi scogli contro cui si frangono le onde e i burrascosi cavalloni che soglionsi sollevare dalla Signoria e dalla Prepotenza”.
“Quanto dunque vanno errati quelli che ancor rimangono superbi e despoti della terra, i quali persistono nella stolta credenza che colle baionette e le carceri, le espoliazioni e i patiboli, si possa fermare il movimento della gran macchina umanitaria vale a dire della vita”.
“Nei popoli di tutti i tempi fu vivo il desiderio di scambiarsi la parola da lontano per meglio intendersi e soccorrersi reciprocamente”.
“Lo avvicinamento delle razze, il libero scambio delle idee e degli interessi, il reciproco soccorso, l’amore e l’armonia di tanti tutti in un tutto solo sono altrettante forze componenti, la cui risultante si risolve nel miglioramento della vita pubblica e privata, nello incremento della civiltà”.
“Macchiavelli e… Galileo pervengono senza gravi difficoltà alla meta dei loro colossali lavori, allo scopo delle loro severe investigazioni? Tutto all’opposto. Eglino sono chiamati a sostenere la più accanita lotta che si apre fra la tristizia e l’oscurantismo di quei tempi, e la rivoluzione dei principi che smascherano la prima e combatte il secondo. L’esilio e la prigione, la tortura e la miseria sono il premio di entrambi [Ma essi], anzicché scoraggiarsi a fronte delle sevizie e dei martirii loro ingiunti, rimangono forti e imperterriti al loro posto, sentinelle avanzate del risorgimento d’Italia”.
“[Vada] un tenero saluto ed una lacrima di cuore alla memoria dei tanti nostri fratelli, sia caduti o tuttora soffrenti per la causa nazionale, sia finiti naturalmente col nome d’Italia nell’ultimo loro respiro, di quella Italia che amarono in vita più di loro stessi e per cui si consumarono innanzi tempo”.
“Viva L’Italia che […] seppe civilizzare il mondo intiero. A questa madre di martiri ed eroi, a questo abitacolo del genio e culla delle scienze e delle arti doveva toccare la invidiata fortuna di detronizzare il dispotismo e la tirannia unificando i popoli e le nazioni non con la forza sì bene mercé uno dei più misteriosi ed energici agenti della Natura, contro cui ogni tentativo o sforzo di distruzione è come il nulla rispetto all’onnipotente”.
“Uniamoci … uniamoci sempre. […] Finiscano le gare de’ partiti e de’ municipi, si voglia la stessa cosa, lo stesso scopo, e anziché lacerarsi con guerre intestine, miriamo bene a battere uniti e forti qualunque esso siasi nemico interno ed esterno, che cerchi per poco di minare le fondamenta del nostro libero regime e della nostra nazionalità”.
Cerimonie, mostre, cinema e conferenze. Pisticci si veste di tricolore.
Continuano a Pisticci e Marconia le manifestazioni promosse da amministrazione comunale ed associazioni per onorare nella maniera più degna l’importante ricorrenza del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia, che si protrarranno fino a tutto il 22 marzo. La cerimonia inaugurale degli eventi si è svolta martedì 17 con il classico taglio del nastro tricolore da parte del commissario straordinario del comune di Pisticci Francesco D’Alessio e delle responsabili delle biblioteche di Pisticci e Marconia Carmela Giannone e Marcella Laviola. Nelle loro relazioni introduttive i proff. Giuseppe Coniglio e Dino D’Angella hanno evidenziato i valori del Risorgimento e l’importanza del concetto di una Italia unita e non divisa. La mostra dei libri forniti dal Centro Promozioni Editoriali Bari e delle foto d’epoca, molte delle quali inedite, ha riscosso molto successo di partecipazione e di consensi da parte dei visitatori e delle scolaresche. Ampio spazio poi alla produzione cinematografica con le proiezioni del film “1860” di Alessandro Blasetti e “Il brigante di Tacca del Lupo” di Pietro Germi. Ieri poi si è svolta presso le sale consiliari di Pisticci e Marconia la premiazione dei Libri Strenna 2011 riservata ai lettori più assidui di ogni fascia d’età delle biblioteche, ormai diventato un appuntamento di grande rilievo nel panorama culturale pisticcese. Da questa mattina gli eventi si trasferiscono a Marconia con le mostre e le visite guidate per le scuole e nel pomeriggio con la replica del film “1860” presso la delegazione comunale. Domenica 20 marzo, nel corso di tutta la giornata prosegue la mostra ed alle ore 18,00 è in programma il film “Il Gattopardo” di Luchino Visconti. Nel pomeriggio di lunedì 21 marzo, con inizio alle ore 18,00, l’Incontro Culturale sul Risorgimento con la presentazione del libro di Giuseppe Coniglio “Pisticci nel Risorgimento Lucano” con la partecipazione della Corale Polifonica “Don Bosco” di Marconia e le relazioni dei proff. Giovanni Caserta, Giampaolo D’Andrea, Dino D’Angella e Gianluca Tagliamonte, moderatrice Milena Gentile, presidente della Fidapa di Marconia. Le manifestazioni si concluderanno martedì 22 marzo con la prosecuzione della mostra. Una intera settimana di eventi dunque che l’amministrazione ha voluto promuovere anche per ricordare il contributo e il ruolo che Pisticci ha svolto nel processo risorgimentale lucano. La sera del 16 agosto 1860, infatti, dopo i festeggiamenti in onore di S. Rocco, un nucleo di cinquanta insorti partì alla volta di Corleto Perticara e quindi di Potenza per unirsi agli altri volontari lucani.
Giuseppe Coniglio