Ricorre a breve il trentesimo dell’attentato dinamitardo alla chiesa parrocchiale di Sant’Agnese (6 maggio 1994) che è all’origine della Fondazione Lucana Antiusura Mons. Vincenzo Cavalla. Che cosa scatenò la mala impresa, da chi fu commissionata e chi la eseguì materialmente? Di seguito la nota inviata da Angela Venezia, Marica Ronzillo, Pasqua Monaco della Fondazione Lucana Antiusura Mons. Vincenzo Cavalla.
Poco più di una settimana prima, Basilio Gavazzeni, religioso monfortano, presbitero in cura d’anime nella periferia sud di Matera, sensibile alle problematiche del sovraindebitamento e dell’usura, aveva convinto una donna con figlia adolescente, dipendente della Camera di Commercio, a denunciare l’usuraio di Monopoli che la vessava. Non era stato facile persuaderla, tanto era timorosa. Fu nella biblioteca della Parrocchia di Sant’Agnese che arrivò alla decisione, dopo un pomeriggio di colloqui con tre specialisti della Questura fra i quali una donna, e lo stesso parroco.
Qualche giorno dopo l’usuraio veniva arrestato in flagranza di reato dai poliziotti appostati nella casa della vittima. La notizia comparve sui giornali il 2 maggio, essendoci stata frammezzo la festa del Primo maggio. Già all’alba una forca di legno appariva all’ingresso della Parrocchia. Padre Basilio Gavazzeni ricevette la visita di alcuni familiari dell’usuraio che gli contestarono l’accusa ascritta al congiunto. Nella perorazione del “paterfamilias”, conclusa accennando al grande crocifisso appeso nella saletta da pranzo della vecchia canonica, al parroco sembrò di cogliere un’allusione minacciosa. E la sera del 6 maggio 1994, verso le 23.00, si verificò la ritorsione che oscuramente presagiva. Anni dopo, nel Tribunale di Potenza, sarà provato che il mandante era stato Pierdonato Zito, la “Primula rossa” di Montescaglioso, e gli esecutori materiali quattro suoi manutengoli.
Di quel 6 maggio attendiamo che ne parli lui stesso, l’insidiato, anche se lui ripete con Eric Amber: «Solo un idiota crede di poter raccontare la verità su sé stesso». C’è, tuttavia, l’esigenza di conoscere i particolari di come andarono le cose. TRM che ben si documentò sulla vicenda potrebbe almeno estrarre dal suo “storico” le immagini dello scempio cui l’ordigno aveva ridotto Sant’Agnese.
Non si tratta di indulgere all’archeologia. È vero, il Padre e il Maestro del contrasto antiusura e del soccorso alle vittime degli usurai e agli indebitati esclusi dal credito legale fu il gesuita Massimo Rastrelli, genio della carità che, qualche anno prima, nel cuore di Napoli aveva istituito la Fondazione San Giuseppe Moscati. È fuor di dubbio, tuttavia, che all’attentato dinamitardo ai danni di Sant’Agnese fu data tale rilevanza dagli strumenti di comunicazione sociale che molti italiani, di colpo, dovettero prendere atto che l’usura non era una fantasia, ma una realtà criminale, capace, a causa delle contingenze, di uscire dal suo carsismo e, addirittura, di alzare la mano contro un edificio sacro – cosa mai accaduta, forse, nel dopoguerra.
L’usura esisteva e gli usurai erano all’opera, al punto che il 7 marzo del 1996 il Governo fu costretto ad approvare la Legge 108, prima vera Legge antiusura d’Italia, come ebbe a definirla padre Massimo Rastrelli.