Con la deliberazione n. 980 del 4 agosto 2014 se ne sono andati i primi 4.695.000,00 euro dei fondi fesr 2014-2020 più un contributo di 200.000,00 euro all’APT per vaghe attività di promozione.
Per cosa? Per la “valorizzazione, fruizione e messa in rete a fini turistici del patrimonio immateriale, culturale, enogastronomico ed ambientale. Programma di sostegno alle iniziative di marketing territoriale e promozione turistica”. Ovvero 316 tra sagre, eventi e manifestazioni varie.
Un “panel di esperti”ha deciso quali eventi andavano premiati con un contributo e quali no!
Quali siano i criteri che hanno portato alla composizione della lista non è dato sapere. Perché se da un lato si legge che, in Basilicata si organizzano eventi che sono in grado catalizzare l’attenzione “per risonanza a livello nazionale anche sui mass media, ….”, dall’altro, si parla di “iniziative a valenza turistica che … assumono una dimensione locale e registrano interesse tra visitatori ed escursionisti di prossimità”. Insomma non si capisce se si devono finanziare eventi che hanno portata nazionale o che attraggono solo turisti delle aree limitrofe. 4.695.000,00 euro e non si sa come sono state scelte le iniziative da finanziarie.
Per conoscere i criteri di attribuzione e quali eventi sono stati esclusi abbiamo presentato un’interrogazione scritta al Presidente della Giunta. Soprattutto vogliamo sapere in quale programmazione di promozione e valorizzazione della Regione si inseriscono tali eventi. Altrimenti, senza un piano di medio-lungo periodo, questi contributi rimarranno agli occhi dei lucani contentini post elettorali o degli oboli porta-voti al Pd nostrano. Ma soprattutto rappresenteranno solo dei fuochi di paglia che non producono reale sviluppo per il territorio.
E sì che questo dubbio è lecito, guardando l’elenco degli eventi ammessi al finanziamento tra sagre sconosciute e paesi in cui l’emigrazione è una vera e propria piaga. Ci sono eventi di un fantomatico programma denominato “Azione a regia regionale”, assi finanziati con contributi da 55.000 a 442.000 euro. Ma di più.
Si va dai 250.000,00 € per il 50° anniversario del Vangelo secondo Matteo di Pasolini, organizzato dalla Sopraintendenza dei beni storici-archeologici della Basilicata, ai 125.000,00 € dell’evento marateota “nel mare bandiera blu: ENDLESS DIVING-STEP 36”, passando attraverso i 60.000,00 del Lauria Folk festival.
La sagra del fagiolo di Sarconi prende 15.000 €, quella del pecorino di Filiano 30.000,00 ma quella del canestrato di Moliterno solo 5.000. Quali motivi avranno determinato una tale disparità? E cosa ha da dire San Giorgio lucano? Alle sue “vie del vino” solo 2.000 euro.
Insomma, l’immagine di Regione-bancomat inizia a prendere forma. E i Lucani pagano.
CIA: PER SAGRE ED EVENTI AFFIDARSI AI CONSORZI-COMITATI DI PRODOTTO
In una regione come la Basilicata che può vantare 77 prodotti agroalimentari tradizionali inclusi nell’ultimo elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali realizzato a giugno 2013 dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali è evidente che le sagre hanno un significato particolare. Di fronte però alle notizie diffuse sui finanziamenti “a pioggia” e in molti casi “disinvolti” assegnati è altrettanto evidente che si pone un problema di selezionare gli eventi evitando il loro proliferare e comunque di finanziare iniziative-manifestazioni meramente commerciali. Lo strumento della selezione è di facile individuazione: si tratta di affidare ai Consorzi-comitati di prodotto riconosciuti a livello istituzionale la titolarità della sagra in grado di coinvolgere i veri produttori. E’ questa la posizione della Cia lucana che evidenzia come per la Basilicata ci sono sei tipologie: bevande alcoliche e distillati, con un solo prodotto (liquore di sambuco di Chiaromonte); carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione, con 14 prodotti (il più noto è l’agnello delle Dolomiti Lucane); i formaggi con 13 prodotti (tra cui caciocavallo, pecorino, casieddo); prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati con 21 prodotti (dalle varietà di fagiolo al rafano); pasta fresche e prodotti della panetteria, biscotteria, pasticceria e confetteria con 23 prodotti (dalla strazzata all’ultimo ingresso u’ pastizz rtunnar); prodotti di origine animale (miele, prodotti lattiero-caseari di vario tipo escluso il burro), con 4 prodotti (tra cui il miele lucano). Dunque non dovrebbe essere difficile identificare le vere sagre da altro. La produzione di prodotti tipici – sottolinea Antonio Nisi, presidente della Cia – è importante per le varie zone della Basilicata perché è anche fattore di comunicazione della cultura e del paesaggio in cui questi sono inseriti. Per questo motivo dobbiamo lavorare per innalzare la qualità dei prodotti tipici che calati nel contesto degli agriturismi, alberghi, borghi albergo, ristoranti, musei della civiltà contadina, artigiani, commercianti consentono di proporre l’intero territorio, dando così vita ad una nuova filiera agricoltura-turismo-ambiente-cultura. L’obiettivo centrale è quello di accrescere la fruibilità del territorio e le opportunità occupazionali dei territori rurali attraverso lo sviluppo e il sostegno di attività non tradizionalmente agricole. Per la Cia non è più rinviabile l’istituzione di una una società – l’Agripromo – per favorire la promozione e la commercializzazione dei prodotti che hanno ottenuto o che stanno per ottenere i marchi Dop, Igp e Stg, e per allargare la “rete” dei marchi a livello comunale e territoriale, specie in attuazione del recente protocollo “Res Tipica” tra Cia ed Anci. C’è poi da contrastare efficacemente l’agripirateria: una “rapina” da 7 milioni di euro l’ora e da 60 miliardi di euro l’anno, di cui alcune centinaia di milioni di euro solo in Basilicata. A tanto ammonta – per la Cia – il business dell’agropirateria, della contraffazione, della frode nei confronti dell’agroalimentare “made in Italy”, il più clonato nel mondo. Si tratta di un vero e proprio “scippo” ai danni del settore, un assalto indiscriminato e senza tregua, dove la criminalità organizzata fa veri affari. I consumatori vengono truffati, gli agricoltori e gli industriali dell’agroalimentare derubati. A questo si aggiunge il fatto che ogni anno entrano nel nostro Paese prodotti alimentari “clandestini” e “pericolosi” per oltre 2 miliardi di euro. Poco meno del 5 per cento della produzione agricola nazionale. I sequestri da parte delle autorità competenti italiane negli ultimi due anni si sono più che quadruplicati. E ciò significa che i controlli funzionano, ma il pericolo di portare a tavola cibi “a rischio” e a prezzi “stracciati” è sempre più incombente. Da noi, insieme alla fragola del Metapontino “taroccata” in Spagna, sono vittime di agropirateria numerosi prodotti tipici lucani come il caciocavallo, il pecorino di Moliterno, i salumi di Picerno, l’aglianico del Vulture, l’olio delle colline del Materano, la farina di grano duro “senatore” del Materano, il peperone di Senise.
“La situazione – osserva la Cia lucana – è di estrema gravità. Ci troviamo di fronte a un immenso supermarket dell’agro-scorretto, del ‘bidone alimentare’, dove a pagare è solo il nostro Paese. E il danno, purtroppo, è destinato a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera tutela delle nostre ‘eccellenze’ Dop, Igp e Stg”.
“Di fronte a questa ‘rapina’ giornaliera – continua la Cia – bisogna dire basta. Ma per mettere un freno al fenomeno dell’italian sounding e all’agropirateria globalizzata servono misure reali ed efficaci. Ecco perché ora bisogna fare qualcosa di più: il “made in Italy” agroalimentare è un settore economicamente strategico -osserva la Cia- oltre a rappresentare un patrimonio culturale e culinario che è l’immagine stessa dell’Italia fuori dai confini nazionali. Adesso servono misure “ad hoc” come l’istituzione di una task-force in ambito Ue per contrastare truffe e falsificazioni alimentari; sanzioni più severe contro chiunque imiti prodotti a denominazione d’origine; un’azione più decisa da parte dell’Europa nel negoziato Wto per un’effettiva difesa delle certificazioni Ue; interventi finanziari, sia a livello nazionale che comunitario, per l’assistenza legale a chi promuove cause (in particolare ai consorzi di tutela) contro chi falsifica prodotti alimentari. Per questo non c’e’ piu’ tempo da perdere, ora bisogna usare ”tolleranza zero” nei confronti degli autori delle truffe e degli inganni a tavola”.
Gianni Rosa, Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale