Basilio Gavazzeni: “Agli inizi del 2023”. Di seguito la nota integrale.
Il nemico secondo Bertolt Brecht
Mentre le madri russe piangono i figli di cui gli ucraini hanno fatto gran macello, individuandone la posizione, certo all’addiaccio, da dove s’illudevano di poter in sicurezza telefonare gli auguri alle famiglie; mentre il Patriarca di Mosca osa finalmente proporre allo Zar un cessate il fuoco per la celebrazione del Natale ortodosso; mentre corre voce che vi sarà altra mobilitazione e controffensiva per recuperare il terreno perduto; mentre il fuoco di fatto non cessa e si continua a ridurre in macerie il patrimonio immobiliare di una nazione, a uccidere e a rimanere uccisi, rimastichiamo impotenti con Bertolt Brecht, il poeta tedesco considerato un innografo della Rivoluzione russa: Al momento di marciare, molti non sanno / che alla lor testa marcia il nemico./ La voce che li comanda / è la voce del loro nemico./ E chi parla del nemico / è lui stesso il nemico. Che non condurrà a indolori e rotondi successi militari, ma, nella migliore delle ipotesi, a una vittoria mutila, nella peggiore, a una sconfitta epocale.
In morte di Nicola Trombetta
L’8 gennaio, trafitto da un’ulcera perforante, è morto all’Ospedale di Matera, lasciando donna e figlioletto. Da anni, ogni mese, veniva a Sant’Agnese per ritirare le derrate alimentari che gli riservavamo secondo tabulato. La prima volta che lo incontrai presi a scherzare sul suo cognome che mi sembrava propizio a qualche raccomandazione. Scosse la testa, sorridendo contristato. Lo consolai citando Emily Dickinson: Io sono Nessuno! Tu chi sei? / Sei Nessuno anche tu? / Allora siamo in due! / Non dirlo! Potrebbero spargere la voce! Prendeva con paziente riconoscenza quel che gli assegnavamo, e che manifestazioni di tripudio quando gli si accordava qualcosa di più e di suo gusto! Mi dispiaceva vederlo incapace di far fronte con decenza alle necessità. Giovane, bello, purtroppo imbruttito dalla trascuratezza del fisico e dal disordine dei vestiti, fuor di dubbio qualche inconsistenza interiore o qualche tribolazione sofferta lo tirava indietro nella battaglia dei giorni. Provo il rimorso di non averlo pungolato abbastanza a reagire, soprattutto perché non ho potuto prospettargli una degna soluzione di sussistenza. Nicola, non è vero che eri Nessuno! Se a san Pietro interrogante Who are you? hai risposto I’m nobody!, di sicuro il clavigero del Paradiso, suadente Iesu Christo, ti avrà spezzato la scopa sulla schiena. Nicola, sei stato Qualcuno! In fin dei conti, Qualcuno è chi fa qualcosa al mondo. Fatalismo e sfiducia nei tuoi mezzi, il mistero della tua fragilità, non ti hanno impedito di trattare gli altri come persone, e non come cose. Avevi la tenerezza nella voce, anche quando tentavi di provocare, e nella stretta di mano e nell’abbraccio del congedo. Senza che tu ne fossi consapevole, hai lenito le ferite di tanti come me, egocentrici, intransitivi, pieni di spocchia, infangati, nel cuore dell’inverno. Noi speriamo tu sia nella Luce con gli anonimi santi delle Beatitudini. Impetra grazia per noi poveri tapini.
Ermeneutica e speranza
In questo periodo la sovrabbondanza e l’accelerazione degli eventi, per di più martellatici sul capo dalla comunicazione sociale, con ogni probabilità ci hanno sorpresi flebili e poco attrezzati alla ricezione. Forse ci siamo opposti al loro assalto come pietre lisce sotto gli scrosci della pioggia più battente. Sotto tanto imperversare, difficile stabilire con tempestività proporzionate categorie di comprensione. È però giocoforza sottoporsi alla Storia che ci investe, come tutte le generazioni degli umani. Per capire il mondo reale bisogna potare le interferenze dell’io ipertrofico. C’è un rapporto fra dimensione morale e intelligenza, fra benevolenza e discernimento. Esaminare ogni cosa, scegliere ciò che è buono, bello, felice, generativo, gratuito, memori di un incitamento di san Paolo, con l’assistenza dello Spirito di Dio; evitare i pensieri che, secondo il Padre del deserto Evagrio Pontico e sant’Ignazio di Loyola, provengono dall’Avversario della natura umana e gettano nell’oscurità e nel male: è il modo migliore di entrare in quel che i filosofi chiamano il circolo ermeneutico. L’esito è l’interpretazione più prossima alla verità di ciò che accade. E il fondamento dell’agire libero, giusto e fraterno. E, riascoltando Bertolt Brecht, la grazia di innaffiare il giardino, per far coraggio al verde e di aprire la strada alla goccia nel fiume che si apre / la strada in mezzo alla pietraia, e di riprendere a sperare.