Basilio Gavazzeni: “Intelligenza artificiale e intelligenza umana”. Di seguito la nota integrale.
A tutta forza si può leggere in due ore e mezza per quanto suddivisa in sei parti, comprensiva di 117 numeri, corredata di 215 note, la Nota Antiqua et nova, sul rapporto fra intelligenza artificiale (IA) e intelligenza umana che, approvata da Papa Francesco, è stata pubblicata dal Dicastero della Fede e dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione il 28 gennaio.
Il documento è rivolto ai trasmettitori della fede (genitori, insegnanti, pastori e vescovi), ma anche al pubblico attento a simile problematica. Non dovrebbero ignorarlo gli sviluppatori, i proprietari, gli operatori, i regolatori e gli utenti finali dell’IA se intendono dirigerla verso fini positivi. Un diletto leggerla e inzupparsene, tanto è rigorosa, aggiornata, esaustiva, con il mot juste in ogni passaggio dell’ampio discernimento.
È con antica e nuova sapienza che la Chiesa reca il suo contributo alla urgente riflessione su opportunità e sfide delle nuove tecnologie in specie quelle della svettante IA.
Dalla Sacra Scrittura lei sa che l’uomo è stato creato a immagine di Dio (Gen 1,27), razionale, persona, unità di anima e corpo, chiamata a comunicare con Dio e con gli altri a imitazione di Cristo. L’uomo è fatto per cogliere la verità, è dotato di comprensione semantica e di creatività, la sua ricerca di verità raggiunge lo zenith nell’apertura alla realtà trascendente di Dio. Lui gli ha affidato il ruolo di custodire e prendersi cura del mondo che ha creato per fargliene dono e perché sia scala verso di Lui. Con l’intelligenza ogni persona, nella sua unicità multiforme, interagisce con il reale, acquisisce fatti ed esegue compiti precisi. Ne gode gustando ciò che è vero, buono e bello così che, per mezzo dello Spirito Santo, si eleva alla contemplazione scevra da ogni calcolo utilitaristico del Vero, Buono, Bello assoluti.
Sono evidenti le differenze fra l’intelligenza umana e l’IA. Questa è straordinaria, imita alcune operazioni della razionalità, basandosi su dati quantitativi e la logica computazionale. Analitica qual è, eccelle nel modellare sistemi complessi e favorire collegamenti interdisciplinari. Resta, tuttavia, in un ambito logico-matematico: è sprovvista della miriade di esperienze che all’intelligenza umana giungono tramite il corpo. È veloce ed efficiente, ma incapace di discernimento etico e di autentiche relazioni. Stabilire un’equivalenza troppo marcata fra intelligenza umana e IA comporta il rischio di cedere a una visione funzionalista, mentre la persona non è riconducibile solo a ciò che può fare, possiede un’intrinseca dignità superiore che è alla base dei cosiddetti neurodiritti.
Di conseguenza, osserva Papa Francesco, l’utilizzo della parola “intelligenza” in riferimento all’IA è fuorviante. L’IA non dovrebbe essere vista come una forma artificiale dell’intelligenza, ma come uno dei suoi prodotti. La scienza e la tecnica sono parte della collaborazione dell’uomo con Dio nel perfezionamento del creato. Sono doni di Dio con cui si è potuto rimediare a innumerevoli mali, ma non tutte le novità tecnologiche in sé rappresentano un autentico progresso. Soltanto esseri umani guidati dal senso morale, in relazione con la verità, la giustizia e la fraternità, possono guidare anche l’IA verso traguardi positivi. Come ogni prodotto umano l’IA è ambivalente. Bisogna assicurarsi che fini, mezzi, visioni e comprensioni che incorpora siano rispettosi della dignità umana e promuovano il bene comune.
La responsabilità morale non compete ai processi dell’IA ma agli agenti umani, dagli sviluppatori agli utenti, passando per i proprietari, gli operatori e i regolatori. Proprio perché i metodi empirici (bottom-up) dell’IA consentono di risolvere problemi complessi, si presenta sempre più difficile l’attribuzione di responsabilità (accountability). Diventando sempre più capaci di apprendimento i modelli dell’IA possono ridurre la possibilità di controllo degli esseri umani. Chi ricorre all’IA è responsabile del potere che le delega. I quadri normativi dovrebbero garantire che tutte le persone giuridiche possano rendere conto dell’uso dell’IA e di tutte le sue conseguenze, con adeguate misure di trasparenza, riservatezza e responsabilità. L’IA come ogni tecnologia può essere parte del bene dell’umanità, sostenendo la dignità della persona e promuovendo il bene comune.
Da questa prospettiva generale la Nota vaticana prende le mosse per valutare criticamente le applicazioni dell’IA in alcuni contesti importanti. È una ermeneutica paziente per rilevarne le opportunità da incentivare e i rischi da scongiurare, sono analisi da non sottovalutare, singolarmente e insieme. Passano in rassegna l’IA e la società, l’IA e le relazioni umane, IA ed economia e lavoro, IA ed educazione, l’IA e la sanità, IA disinformazione, deepfake e abusi, IA privacy e controllo, l’IA e la protezione della casa comune, l’IA e la guerra, l’IA e il rapporto dell’umanità con Dio. Percorrendole in diagonale, il lettore più sensibile ai pericoli che ai vantaggi dell’IA non potrà che far propria la preoccupazione che l’IA incrementi le disuguaglianze, finisca al servizio della menzogna, straripi sulla privacy, produca sistemi di armi autonome e letali per colpire obiettivi senza intervento umano diretto. Si soffermerà sul numero 96 che illumina un aspetto dell’IA nascosto ai più: il suo cloud (poeticamente la nuvola) come ogni dispositivo informatico ha bisogno di macchine, cavi, energia, richiede imponenti infrastrutture di stoccaggio, divora ingenti quantità di energia e di acqua, sfiata emissioni di CO2 non trascurabili.
Se è necessario smitizzare l’ingenua antropomorfizzazione dell’IA che oscura la demarcazione fra ciò che è umano e ciò che è artificiale, per la Chiesa è assolutamente doveroso opporsi a certo ottimismo che delira dietro le potenzialità dell’intelligenza artificiale generale (AGI) quasi fossero in grado di raggiungere capacità super-umane. Ritorna l’idolatrica presunzione di sostituire Dio con un’opera delle mani umane, un idolo, nel caso dell’IA, che diversamente da quelli antichi, può parlare o illudere che lo faccia.
Come ogni macchina, l’IA è innocente. In realtà, potentissima tecnologia, la sua comparsa è un appello a rinnovare la valorizzazione di tutto ciò che è umano. L’IA è la res nova per eccellenza dei nostri giorni. Perché sia un guadagno per l’umanità deve essere guidata dalla sapienza del cuore che è quella virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, alla scuola dello Spirito Santo, assecondando il disegno di Dio cui sta a cuore lo sviluppo integrale di ogni persona e di ogni società, nella casa comune del creato che è simbolo della patria futura.