Basilio Gavazzeni: “Todos Todos Todos con il profeta Papa Francesco”. Di seguito la nota integrale.
Le omelie migliori incrociano sempre la Parola con i nostri problemi. Per questo, domenica scorsa per spiegare la parabola dei vignaioli infedeli che deludono il padrone, ho presentato all’assemblea protesa all’Eucarestia, l’Esortazione Apostolica “Laudate Deum” appena pubblicata da papa Francesco. Il mondo e tutti gli esseri sono la vigna che Dio ha affidato all’umanità la quale se ne appropria, mettendo a repentaglio anche sé stesso. L’Esortazione, a otto anni dalla Lettera Enciclica “Laudato sl’”, ne rilancia, la riflessione fra denuncia e proposta, sulla crisi climatica. Il papa appellandosi «a tutte le persone di buona volontà» offre un documento ripartito in sei sezioni e comprendente 73 numeri. Sollecita: «Dobbiamo superare la logica dell’apparire sensibili al problema e allo stesso tempo non avere il coraggio di effettuare cambiamenti sostanziali» (56). Va dritto al sodo, il papa, aggiornatissimo sui dati della scienza più onesta. Non esita ad ammettere la responsabilità «antropica» della crisi climatica (5-19); a sottoporre a realistica disamina il predatorio «paradigma tecnocratico» (20-33); a indicare la necessità di un autentico multilateralismo internazionale (34-43); a riconoscere obiettivamente i progressi e i fallimenti delle Conferenze sul clima e delle annuali Conferenze delle Parti (COP) (44-52); ad auspicare che la prossima COP 28 a Dubai decida una vera transizione energetica (53-60); a rammentare ai cattolici quel che la fede impone sulla “conversione ecologica” e di incitare i credenti delle altre religioni a fare lo stesso (61-73). Provo a spulciare qua e là nell’Esortazione. Dei gas serra nell’atmosfera a partire dal 1850, il 42% è stato emesso dopo il 1990. Dal 1850 la temperatura globale è aumentata di 1,1 gradi centigradi. A questo ritmo, fra 10 anni raggiungerà il limite di 1,5 gradi centigradi. Ci si augura che tale limite non venga varcato. I disastri conseguenti ai fenomeni riferiti sono già irreversibili per almeno centinaia di anni: negli oceani l’aumento della temperatura, l’acidificazione, la riduzione dell’ossigeno, l’innalzamento del livello. E ancora, la riduzione dei ghiacciai continentali, il progressivo scioglimento dei poli, la penuria d’acqua, la desertificazione ecc. Severo è il papa nello smascherare la minoranza dell’umanità che, detenendo il potere della conoscenza tecnologica e dell’economia, impongono alla maggioranza il loro paradigma predace. Con il marketing e la falsa informazione corrompono gli stessi poveri che opprimono. Per il massimo profitto al minimo costo sventrano la terra. La loro meritocrazia è un imbuto selettivo che conculca l’eguaglianza delle opportunità. Il papa non si ritrae dal sentenziare che «un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio è il peggior pericolo per sé stesso» (73). Quando il papa parla di multiculturalismo, intende «organizzazioni mondiali più efficaci, dotate di autorità, per assicurare il bene comune mondiale, lo sradicamento della fame e della miseria e la difesa certa dei diritti umani fondamentali» (95). Il papa crede che la “sussidiarietà” efficace di aggregazioni e organizzazioni della società civile possa supplire alle debolezze della Comunità internazionale. Ottawa contro le mine antiuomo ha fatto di più dell’ONU. È un multilateralismo «dal basso» che il papa caldeggia, non solo delegato alle élite, ribadendo che «se i cittadini non controllano il potere politico-nazionale, – regionale e municipale – neppure è possibile un contrasto dei danni ambientali» (38). Politica e diplomazia non possono essere scontate, ma è necessaria una maggiore democratizzazione dei processi decisionali (cfr 45). È utile preservare i diritti dei più forti e trascurare i diritti di tutti? Gli accordi e le decisioni del COP non avanzano perché alcuni Paesi «privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale» (52). Dalla COP a Dubai ci aspettiamo forme di transizione energetica efficienti, vincolanti e monitorabili (cfr59). Ai potenti il papa ripete la domanda: «Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?» (60). Nell’ultima sezione il papa chiede ai cattolici e ai credenti delle altre religioni di attingere dalle loro fedi la forza e la luce per trasformare il rapporto con gli altri e i legami col creato. Ammette che oggi la visione giudaico-cristiana è costretta a riconoscere che è possibile sostenere solo un «antropocentrismo situato», in altre parole «il valore peculiare e centrale dell’essere umano in mezzo al meraviglioso concerto di tutti gli esseri» deve essere innalzato a una comunione sublime che spinga «a un rispetto sano, amorevole e sensibile» (67). L’Esortazione si conclude ricordando che un cambiamento duraturo richiede un cambiamento culturale cui tutti siamo chiamati, L’uomo tolemaico che tiranneggia i fratelli, la terra e sé stesso, se vuol salvare i fratelli, la terra e sé stesso, deve recuperare il paradigma teocentrico di un Dio che crea, elargisce, redime, salva. Che il papa non resti un profeta inascoltato, come quelli della parabola dei vignaioli infedeli e omicidi.