Circolo La Scaletta e Fondazione Zétema di Matera ricordano don Cosimo Damiano Fonseca, scomparso all’età di 93 anni il 10 marzo scorso. Di seguito la nota integrale.
Carissimo Don Cosimo,
non omnis moriar multaque pars mei vitabit libitinam (non del tutto io morirò; molta parte di me sfuggirà il regno dell’oblio). Così Orazio canta la morte nei suoi Carmina.
Per questo noi non potremo mai cancellare dalla memoria la tua illuminata azione di studioso e di ricercatore per recuperare verità storiche e per innalzare il livello culturale delle nostre comunità, divenendo per tale missione, tra le macerie del terremoto, la pietra d’angolo nella costruzione della Università lucana.
Carissimo Don Cosimo,
hai accompagnato con la sapienza della tua guida il nostro percorso di volontariato culturale, diretto a recuperare il valore perduto della nostra storia; hai confortato con la tua autorevolezza la maturata convinzione che la povertà umilia talmente gli uomini da farli arrossire persino delle proprie virtù; hai ridato dignità storica ai nostri luoghi rupestri, affermando che la casa in grotta non fu un occasionale povero rifugio, bensì una scelta sicura, capace di esprimere la continuità di un modello abitativo; hai affermato che anche a Matera eravamo stati protagonisti di una civiltà autoctona, cioè autonoma dalle culture egemoniche che, soprattutto nel Medio Evo, ad essa si sovrapponevano; hai scritto che: “tale civiltà rupestre, pur tra infinite sollecitazioni, volle e seppe conservare nel corso dei secoli e col trapasso delle dominazioni, il suo carattere peculiare, quel vivere in grotte che, se fu favorito da fattori fisici e ambientali (il tufo friabile della gravina), da condizioni sociali e culturali (la povertà e la scarsa mobilità del mondo rurale), da particolari situazioni storiche (la crisi delle città, le invasioni e le guerre), fu comunque una scelta libera e determinata, un modo di vita che espresse pienamente e per lunghissimo arco di tempo le esigenze di una cultura – quella popolare – le necessità e gli interessi di una società, quella contadina”.
Traducendo per Matera questa tua raggiunta certezza, fu agevole, per noi tuoi allievi, rafforzare il convincimento che i Sassi e le chiese rupestri andavano rispettati per la loro valenza storica e recuperati alle loro funzioni sociali, in quanto prodotto di civiltà e non di miseria.
Con nostalgia vogliamo ricordare uno dei primi incontri, avvenuto in una sera dell’autunno 1963, nel locale terraneo della Proloco di Massafra, retta dallo spirito indomabile di Espedito Jacovelli.
In quel tempo si era creato un sodalizio tra la Proloco di Massafra e il Circolo La Scaletta di Matera, i cui soci monitoravano le città e le campagne per rintracciare i segni distintivi della nostra specifica vicenda storica. Le gravine, le serre, le lame, gli jazzi, i casali erano gli obiettivi della comune indagine. Si usciva tutte le domeniche a “caccia di grotte” e in queste battute murgiane la nostra gioventù visse la incomparabile alleanza tra natura, cultura e avventura.
Quella sera d’autunno a Massafra proiettammo le diapositive a colori del ciclo di affreschi della Cripta del Peccato Originale, da noi scoperta il 1° maggio 1963. Espedito Jacovelli ad ogni apparizione di una immagine della grotta materana sobbalzava sulla sedia per lo stupore e la meraviglia.
Tra i partecipanti a quell’incontro c’eri anche tu, caro Don Cosimo, che già avevi, con sapienza e autorità, curato nel Comune di Mendola le prime due settimane internazionali di studio sul monachesimo e sull’eremitismo altomedievale. Tu volesti comunicare questi momenti di studio e di confronto con un manifesto che portava l’effige di un vescovo latino con indosso i paramenti sacri bizantini. Era la traduzione iconografica della fusione delle due civiltà, latina e bizantina, avvenuta nel territorio meridionale e condensata nell’immagine vescovile presente nella chiesa rupestre materana dei Santi Pietro e Paolo.
Il confronto di Massafra cementò la nostra alleanza culturale, vissuta successivamente nei vari numerosi colloqui ed incontri, culminati nei convegni internazionali di studi di Mottola – Casalrotto e di Savelletri di Fasano, marcati dai tuoi amici giganti come Cinzio Violante, André Guillou, Vera Von Falkenhausen, Adriano Prandi, Giuseppe Agnello, Agostino Pertusi e i nostri compagni di cordata Roberto Caprara e Gianni Jacovelli.
Ma il legame con la Cripta del Peccato Originale divenne solenne il 17 settembre del 2005, quando accogliesti il nostro invito di celebrare la messa nella sacralità dell’invaso grottale, prima della sua ufficiale apertura al pubblico avvenuta il 23 settembre successivo.
Palpita ancora nelle nostre vene l’atmosfera di quella liturgia elevata in un luogo di misticismi profondi e di santità rivelate.
Nella tua omelia parlasti di una amicizia antica con i soci del Circolo La Scaletta che con entusiasmo e competenza avevano restituito alla fruizione della comunità uno straordinario luogo della cultura, rappresentativo di “un unicum nella tradizione iconografica dell’intero Mezzogiorno”. Esaltando il messaggio di fede impresso nelle rocce affrescate così concludesti la tua omelia: “se celebreremo questo sacrificio con pietà cristiana, che è il rendimento di grazie al Signore, noi ritroveremo la nostra stessa drammatica condizione umana, per riviverla poi in termini fortemente positivi, perché l’ultimo elemento liberatorio ci porta a riproporre quella Gerusalemme celeste in cui si concretizza l’itinerario del credente durante gli anni della propria esistenza”.
Avevi già annunciato l’abbraccio della morte che si trasfigura nella resurrezione cristiana.
Con questo ricordo vogliamo dare la testimonianza del rapporto umano, spirituale e culturale che ci ha legato alla intensità della tua vita.
Carissimo Don Cosimo,
la tua nobile missione vissuta in terra non cadrà nell’oblio perché continuerà a vivere anche in noi, ispirati dalle visioni e dalle azioni della tua testimonianza.
I soci del Circolo La Scaletta di Matera e i consiglieri della Fondazione Zétema di Matera