Coronavirus, il materano Giovanni Caserta: “La nostra peste, la peste di Atene”. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Come fu che, nel 430 a. C., Pericle lesse e commentò l’appello di Mattarella (2020 d.C). Negli anni lontani degli studi, apprendemmo che nel 430 a.C., e cioè 2.450 anni fa, sotto il governo democratico di Pericle, in Atene ci fu una terribile peste, sconosciuta in precedenza. “Non si ricordava – racconta Tucidide – che ci fosse stata da nessuna parte una peste talmente estesa né una simile strage di uomini. Come nel 2020, “ i medici non erano d’aiuto, a causa della loro ignoranza, poiché curavano la malattia per la prima volta, ma anzi loro stessi morivano più di tutti, in quanto più di tutti si avvicinavano ai malati; né serviva alcuna altra arte umana”. Non servivano nemmeno le preghiere.“Tutte le suppliche che si facevano nei templi o l’uso di oracoli e cose simili, tutto ciò era inutile; e alla fine i cittadini se ne astennero,vinti dal male”.
Poiché del male non si conosceva la causa, come nei nostri dibattiti televisivi e sui giornali, oltre che su social, tutti si sbizzarrivano sulle ipotesi più diverse, pontificando. Sia un medico –racconta Tucidide –sia un profano si permettevano di parlare ciascuno secondo le sue conoscenze”. La situazione arrivò ad una condizione di confusione totale e di gran disordine sociale, talché “la cosa più terribile di tutte, nella malattia, era lo scoraggiamento quando uno si accorgeva di essere ammalato”. Urgeva che una voce autorevole si levasse a portare ordine e a sancire direttive generali rigorose, oltre che a dare parole di speranza. Non mancò chi, nel nostro 2020 auspicasse un intervento di Sergio Mattarella, presidente della Repubblica, simbolo e somma dell’Italia tutta.E Mattarella è intervenuto. “L’Italia – ha detto- sta attraversando un momento particolarmente impegnativo. […] L’insidia di un nuovo virus che sta colpendo via via tanti paesi del mondo provoca preoccupazione. Questo è comprensibile e richiede a tutti senso di responsabilità; ma dobbiamo assolutamente evitare stati di ansia immotivati e spesso controproducenti”. “Senza imprudenze – ha aggiunto – ma senza allarmismi, possiamo e dobbiamo avere fiducia nelle capacità e nelle risorse di cui disponiamo. Possiamo e dobbiamo avere fiducia nell’Italia. Il momento che attraversiamo richiede coinvolgimento, condivisione, concordia, unità di intenti nell’impegno per sconfiggere il virus: nelle istituzioni, nella politica, nella vita quotidiana della società, nei mezzi di informazione”.
Poco si riuscivaa capire in che modo, rimanendo uniti, si sconfigge il virus. Ad Atene si richiese l’intervento di Pericle. Chiamato a rispondere sulla situazione, parlando nel 430 a.C. – ripetiamo:2.450 anni fa -egli spiegò il senso profondo delle parole di Mattarella. Ad Atene, ormai,non c’era più il rispetto della legge. Si andava verso l’anarchia e la negazione dello Stato. “Più facilmente – racconta Tucidide – si osava fare ciò che prima si faceva di nascosto, senza mostrare che si seguiva il proprio piacere”. Volle allora Pericle “infondere coraggio nei cittadini, e, dopo aver sgombrato le loro menti dall’ira, condurli ad una maggiore mitezza e fiducia”. Si fece avanti e così parlò: <<Io ritengo che, se una città è prospera tutta quanta, dà benessere a ciascuno dei suoi cittadini;essa precipita nel suo insieme,compresi singolarmente i suoi cittadini, se va in rovina.Pur se fortunato, ciascuno rovina insieme ad essa ed in egual misura; parimenti, se è sfortunato in una città fortunata, si salva molto egli pure. Poiché, dunque, una città può sopportare le sventure dei singoli cittadini, mentre ciascun individuo non può sopportare quelle della città, come non è possibile aiutarla tutti quanti, invece di fare ciò che ora fate voi, Ateniesi”, chiusi nel vostro individualismo?
Anno del Signore 2020 d.C.Come ad Atene,è facile che vinca, anche da noi, l’idea dell’<<homo homini lupus>> e dello sciacallaggio. Se ne vedono tutti i segni nei primi svaligiamenti dei supermercati e nel commercio delle mascherine e della volgare amuchina. Se così sarà,la rinascita sarà difficilissima, perché troppe rovine, anche sotto il profilo morale, ci si troverà sotto gli occhi. Per l’arricchimento di pochi disonesti, ci sarà stato l’impoverimento ulteriore dei più poveri. Sarà il momento di opporsi ad ogni rivendicazione di categoria o di città o di regione, sempre rattizzata dalla Lega.Arriveranno e stanno arrivando richieste di aiuti incondizionati,con esorbitanti risarcimenti alle imprese del Nord. Nella rinascita bisognerà, invece, partire dal basso. Forse è il caso di far notare che, come si è preteso o si pretende la autonomia differenziata (“Ci penso io”), così si deve,oggi, avere il coraggio di rinunziare agli aiuti dello Stato e adoperarsi con le sole proprie energie.Se si è capaci. La diffusione del virus sta dimostrando che è comunque un errore l’accentramento e la concentrazione della attività produttiva, economica e culturale in poche regioni. Si paghi tutti alla comunità, alla nazione, come si paga tutti in malattia e in morte, vincendo gli squilibri sociali e territoriali che si sono creati in decenni di cattiva politica. La rinascita può e deve essere occasione per una nuova ricostruzione, che si volga a sanare la differenza tra Nord e Sud, tra ricchi e poveri, emarginati e privilegiati. Il secondo dopoguerra suggerì la istituzione della Cassa per il Mezzogiorno.Fu l’unica cosa seria che sia stata fatta in 160 anni di questione meridionale. Dopo lo tsunami di coronavirus, ci si ripensi, soprattutto a sinistra, non dimenticando che Di Vittorio non fu contrario alla Cassa per il Mezzogiorno, ancorché le fosse contrario il suo partito, il PCI, favorevole, invece, in modo insano, alle Regioni. Errori madornali di cui, in tempi difficili, si pagano, oggi, le più tristi conseguenze, soprattutto da chi si è trovato dalla parte dimenticata. Ma esiste la <<eterogenesi dei fini>>, come diceva Wundt, ed esiste l’ “astuzia della Ragione”, come diceva Hegel.