Basilio Gavazzeni partecipa a Cagliari all’evento per i 25 anni della Fondazione Antiusura Sant’Ignazio da Laconi, essendo l’unico dei 5 fondatori dell’antiusura ancora in vita. Di seguito l’intervento di Basilio Gavazzeni.
Debiti e antiusura Una testimonianza
Una premessa: questa testimonianza necessariamente è telegrafica, mancandole la narrazione che spieghi la visione cristiana sottesa. Riguarda un passato al cui centro, scusatemi, mi trovo io stesso quale parte nello smascheramento dell’usura e nel momento sorgivo della Consulta Nazionale delle Fondazioni Antiusura. Il filo rosso che la tiene insieme è, comunque, la percezione del peso dei debiti e dell’iniquità dell’usura, con la cura samaritana a sollevare dal primo e il coraggio nel contrastare e prevenire la seconda.
Estate del 1953. Fanciulletto chiedo: Mamma, cosa c’è da mangiare? Risposta: Il pane. Replica: Solo il pane? Controreplica afflitta: Il pane. Figlio mio, c’è il debito!
Anni Sessanta, in Liceo, fra i libri. Nei Canti XI (versi 91-115) e XVIII (versi 28-75) dell’Inferno nella Commedia, pronunciamenti contro usura e usurai da parte di Dante, figlio di Alighiero di Bellincione in odore d’usura. I Malavoglia di Giovanni Verga sono rovinati dal ricorso al credito usurario di Zio Crocifisso. In Delitto e castigo di Dostoevskij, il protagonista Raskòl’nikov uccide una vecchia usuraia per affermare la sua libertà. Nella Letteratura latina c’è Seneca, sommo moralista, che esercitava usura.
Negli anni 1976-1977, in cura d’anime a Napoli, nei Quartieri Spagnoli, scopro che il mio sagrestano è una pulce dell’usura. Nel 1992, a Matera, parroco da 2 lustri, strappo a usurai un imprenditore edile disperato, prestandogli nel giro di 3 giorni 186 milioni di lire. Il 24 ottobre 1993, in un Convegno su economia e usura organizzato da Angelo Festa, Presidente dell’Adiconsum lucana, incontro il gesuita Massimo Rastrelli che, nel 1991, a Napoli, ha inventato una Fondazione Antiusura intitolata a San Giuseppe Moscati. Mi sconsiglia la pratica parrocchiale del prestito diretto. Mi illustra la sua metodologia. Intravvedere l’usura è una grazia, mi confida.
Il 21 gennaio 1994 Angelo Festa, padre Severino Donadoni e io costituiamo il Comitato Lucano Antiusura. Alla fine di aprile convinco una vedova con figlia adolescente a denunciare l’usuraio che le insidia. La Polizia lo coglie in flagrante. Mi giungono avvertimenti inequivocabili. Sono in pericolo. La notte del 6 maggio un chilo di tritolo deflagra contro il portale della mia chiesa. La notizia varca i confini nazionali. C’è un effetto Matera nello stanamento della tigre usura in Italia.
Prefetto, Arcivescovo e Presidente della Camera di Commercio, congiuntamente al Comitato Lucano Antiusura, coinvolgendo la meglio società civile, decidono di costituire una Fondazione Antiusura. È del 29 novembre la presentazione ufficiale dell’Atto Costitutivo della Fondazione Lucana Mons. Vincenzo Cavalla. Il patrimonio iniziale è di lire 49.460.000 deposto sul Banco di Napoli. Il 28 febbraio 1995 ecco il riconoscimento regionale della sua personalità giuridica con D.P.G.R. n.179. Il 10 marzo 1995, su mia indicazione, Angelo Festa ne viene eletto Presidente. Ci gettiamo a corpo morto a soccorrere e a divulgare la giusta cultura antidebito o del debito responsabile. È un periodo di rodaggio. Bisogna raccogliere fondi. Metto all’incanto i vasi sacri preziosi regalatimi da mia madre. Sono fatto segno di grevi provocazioni anonime. Angelo Festa e io partecipiamo alle sedute romane del Cartello Insieme contro l’usura animato dall’Adiconsum nazionale. C’è padre Rastrelli e sopraggiunge don Alberto D’Urso della Fondazione di Bari. Si punta a ottenere dai legislatori una legge antiusura efficace.
Il 16 maggio 1995, a Bari, nasce la Consulta Nazionale delle Fondazione Antiusura, costituita da 5 presbiteri delle prime 5 Fondazioni Antiusura: padre Massimo Rastrelli, Maestro riconosciuto, don Alberto D’Urso, tessitore dell’iniziativa, don Sergio Baravalle, della Caritas torinese, il profetico mons. Luigi Di Liegro, di Roma, e io, testimonial di Matera. Il 7 marzo 1996 viene approvata la Legge 108, la prima vera legge antiusura, a detta di padre Rastrelli. Il 10 novembre 1997 il Ministero del Tesoro comunica alla Fondazione l’iscrizione nell’elenco delle Fondazioni e Associazioni riconosciute per la prevenzione dell’usura ex articolo 15 della Legge 108 e l’assegnazione di lire 2 miliardi e cinquecentomila per il 1996 e di lire 2 miliardi e duecentomila per il 1997 che, a metà dicembre, vengono accreditati sull’apposito conto corrente presso il Banco di Napoli. Essendo regionale la Fondazione ha innalzato il proprio patrimonio a 310 milioni di lire. Il 18 febbraio 1998, a Roma, nella Sala Nervi, per conto della Fondazione e della Parrocchia di Sant’Agnese, l’Arcivescovo di Matera Mons. Ciliberti consegna a Giovanni Paolo II un’artistica medaglia d’oro massiccio e la somma di 5 milioni quale Premio antiusura, perché non cessa di chiedere ai Paesi ricchi creditori di non assoggettare a tassi usurari i Paesi in via di sviluppo debitori.
Il 26 settembre al Presidente, a me e agli altri membri del Consiglio di Amministrazione viene consegnato un avviso di garanzia in cui si ipotizza il crimine di stornamento e malversazione. Il 2 ottobre, il Presidente e io siamo esaminati dal Sostituto Procuratore. Il 21 ottobre il Ministero del Tesoro congela il Patrimonio statale della Fondazione. L’8 febbraio 2000 un nuovo Gup appena insediato ci rinvia a giudizio per rispondere del reato di malversazione e stornamento di 427 milioni e cinquecentomila lire ai danni dello Stato. Si prospetta un processo complesso. Il Presidente e io diamo le dimissioni. Io decado dal Consiglio amministrativo della Consulta. Agli osservatori onesti non sfugge che sconto le mie dichiarazioni in strenua difesa del Cardinale Michele Giordano, ex-Arcivescovo di Matera ingiustamente imputato d’usura, dichiarazioni che mi hanno guadagnato un primo avviso di garanzia dal Tribunale di Lagonegro. C’è dell’odium fidei dietro entrambe le vicende. Au ralenti, come suole, la giustizia farà il suo corso.
La Fondazione riprende in sordina con il Fondo proprio. Nel 2001 il Ministero del Tesoro sblocca il Fondo Statale senza rifinanziarlo. L’attacco giudiziario ha devastato: la Fondazione ha perduto l’aura eroica; benefattori e soci onorari evaporano; i primi beneficiari dei prestiti garantiti si ritengono esonerati dai rimborsi; non è più possibile contare su volontari; i nuovi responsabili, timorosi, evitano di esporsi. Al Presidente appena subentrato già ne succede un altro. Io resto a collaborare. La Questura mi affida addirittura il compito di mediare in un caso drammatico. Un pescivendolo minaccia di far strage dei detentori delle macchinette per l’azzardo che l’hanno spogliato, se non gli restituiscono il denaro necessario per riprendere l’attività. Ottengo e consegno 5 milioni. Il primo marzo 2004 il Tribunale di Matera proscioglie Angelo Festa e me dall’imputazione ascrittaci, perché il fatto non sussiste. Siamo stati nella tormenta giudiziaria 5 anni e 5 mesi. Nessuno chiede perdono. Non c’è risarcimento. Insieme, gli ex-imputati riconoscono a 2 avvocati difensori il compenso di 33.463,46 euro. Nella sentenza appare chiaro che gli inquirenti non avevano compreso lo spirito della legge 108/96 e, in particolare, i 4 criteri di meritevolezza, con i quali, il 13 ottobre 1997, la Commissione istituita ex articolo 15 comma 8 legge n.108/96 aveva suggerito alle Fondazioni e alle Associazioni di integrare gli Statuti.
Concluso il processo, consiglio Angelo Festa di ritirarsi dalla Fondazione, io stesso amareggiato sono sul punto di abbandonarla. Padre Massimo e don Alberto, che in Tribunale hanno testimoniato del nostro procedere secondo legge, si recano dall’Arcivescovo di Matera perché mi persuada a rimanere nella Fondazione, almeno in qualità di Consigliere ecclesiale. Una chicca: il 12 dicembre 2006 mi giunge dal Tribunale di Cosenza il terzo avviso di garanzia, perché a una giornalista ho spiegato la mia odissea con una citazione dall’Uva puttanella Contadini del Sud del poeta lucano Rocco Scotellaro. È così dura che l’uomo che chiamavo il mio ispettore Javert, se ne è risentito. Ne evitiamo le spiacevoli conseguenze facendo pace. Nel 2007 sono obbligato ad accettare la Presidenza della Fondazione. Recupero Angelo Festa come Vice Presidente. Per circa trent’anni non siamo mai mancati al cammino delle Fondazioni radunate in Consulta, condividendo con i suoi uomini e le sue donne la pro-esistenza praticata e insegnata da Gesù Cristo, chiedendoci sempre che cosa fosse possibile fare di più per i sovraindebitati a rischio d’usura.