Il materano Giovanni Caserta ricorda il 21 settembre 1943 con un documento dedicato a Vincenzo Luisi. Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Giovanni Caserta: Matera, 21 settembre 1943. Come fu che morì Vincenzo Luisi
La medaglia d’oro ai valori della Resistenza splende sul gonfalone della città, arrivata dopo oltre settant’anni. Stia lì a ricordare e ad ammonire. Ciò non toglie che si possa ritornare sui fatti del 21 settembre 1943 per precisare, chiarire, eventualmente arricchire. A partire dal numero dei morti, da alcuni dati per 22, da altri per 26. Qualcuno havoluto legare il numero al piano Kesserling, per cui, per ogni soldato tedesco ucciso da un civile, ci sarebbero stati dieci ostaggi da ammazzare. In realtà il calcolo non quadra. Nonsolo. I primi reclusi nel palazzo della Milizia, infatti, erano lì già nella data del 20 settembre, quando ancora non c’era stato alcun tedesco ucciso. Li chiameremo, questa volta,“reclusi” e nonostaggi, né prigionieri. I prigionieri si fanno in guerra; gli ostaggi si prendono come copertura. Se avessero voluto ostaggi, i tedeschi non avevano che fare un giro nel raggio di cento metri. Avrebbero preso uomini, donne e bambini, per giunta materani, a decine. Di fatto essi avevano semplicemente sequestrato persone che apparivano sospette, solo per il fatto che si aggiravano per luoghi inconsueti, e non per strade battute, alla periferia della città, tra il palazzo della Milizia e il parco dei Monaci.ove’eranogià le prime avanguardie alleate. Dai sequestrati, ritenuti spie, volevanosapere perché non frequentassero le comuni vie. Che se poi i sequestrati esibivano un lasciapassare o la semplice carta di identità, venivano rimessi in libertà. Si sarebbero salvati anche Natale e Francesco Farina, se lasedicenne Carmela Farina, in bicicletta, fosse arrivata in tempo con le carte di identità del fratello e del padre.
Il lasciapassare voleva anche Losurdo Domenico, guardia campestre, originario di Altamura, abitante in rione san Biagio, le cui tre figlie, viventi, risiedono a Lanera. Il giorno 21 settembre, ad Altamura, era morta una sorella del Losurdo; ad Altamura sarebbero avvenuti i funerali. Il Losurdo si recò presso il palazzo della Milizia, per farsi dare un utile lasciapassare. Il tedesco addetto, sicuramente un ufficiale, era al piano di sopra, impegnato con altre persone. Il Losurdorimase al pianoterra, col piantone. Passato inutilmente del tempo, pensòdi tornare a casa, per il pranzo. Si ripromise di tornare il pomeriggio. Non conoscendo egli il tedesco, il piantone, gentilmente, gli disegnò un orologio per terra, tracciando le sfere e l’ora. Il Losurdo tornò a casa. Aveva la sana abitudine di fare un sonnellino pomeridiano. Si accorse, però, svegliandosi, di aver fatto tardi. Si accinse a dirigersi verso la Milizia, quando l’incidente della gioielleriaCaione era accaduto apochi passi, in via San Biagio, sul piano.L’eco, però, era arrivata anche nel vicinatodi Losurdo, nei Sassi. Comarie compari gli sconsigliarono di avventurarsi. Losurdo rinunziò al lasciapassare e, anzi, si asserragliò nella sua casa, che ancora oggi guarda la scalinata che da san Biagio scende a Rione San Biagio. Dalla gattaiola puntòla sua doppietta contro un eventuale arrivo nemico. E’ evidente che, se di ostaggi i tedeschi avessero avuto bisogno, avrebbero trattenuto il Losurdo insieme agli altri reclusi: quatto tarantini e quattro leccesi. I primi erano arrivati a Matera in macchina, per una udienza in tribunale; isecondi erano soldati sbandati. Tutti e otto erano stati fermati alla periferia, tra il palazzo della Milizia e il parco dei Monaci. Alla periferiaopposta sarebbero stati fermati, poco dopo, i materani Natale Farina e Pietro Tataranni, soldati sbandati anche loro, rientrantia casa. Solo più tardi arrivarono Francesco Farina, padre di Natale, con 50.000 lire per il riscattodel figlio, non concesso, e Vincenzo Luisi.
Il caso di Vincenzo Luisi, ragazzo di soli 16 anni, è rimasto avvolto nel mistero. Va innanzitutto premesso che, in quel 21 settembre, la vita, salvo lo stato psicologico di paura, a Matera sistava svolgendo più o meno normalmente. Aprì la gioielleria Caione; era aperta la farmacia Passarelli; eraaperto il salone da barba di Campanaro; era aperta la Prefettura;i ragazzi giocavano per le strade. Uscì di casa anche Vincenzo Luisi.Dappertutto si legge che Vincenzo Luisiera impiegato presso l’UNPA (Ufficio Nazionale Protezione Antiaerea). Avevala funzione di portaordini. Ci si è sempre domandato come finì nel palazzo della Milizia. Alle 13,30 era uscito di casa, in via san Giacomo, nel Sasso Caveoso, per andare in Prefettura. Lo dice la madre. Da Gradoni Duomo, dal Sasso Barisano,saliva intanto il piccolo Francesco Di Caro, ora avvocato, tredicenne, con il fratelloPasquale undicenne. Essendo il padre mobilitato, la madre dei Di Caro aveva pregato i figli di raggiugere l’orto della famiglia, che si trovava nel luogo in cui adesso è l’ospedale. Servivanopomodori per la casa. I fratelli Di Caro, forniti di paniere, si unironocasualmente a Vincenzo Luisi, incontrato in Piazza Duomo, presso la porta di Su. Fecero la strada insieme, per Piazza del Sedile (allora Vittorio Emanuele), via Ridola e via Lucana. Arrivati all’altezza della odierna chiesa di San Rocco, i fratelli DiCaro pensaronodi imboccare unascorciatoia che scavalcava la collina e discendeva verso l’odierno ospedale. Vincenzo Luisi disse che andava a trovare il padre, verso Agna.Continuò, da solo,per via Lucana. Era destinato a passare sotto il palazzo della Milizia. All’interno del palazzo della Milizia, l’unico sopravvissuto, Giuseppe Calderaro, ricorda che, nel primo pomeriggio, arrivò, trai sequestrati, un ragazzo. E’ difficile che egli si sia sbagliato, data la eccezionalità della cosa. In precedenza c’erano stati degli spari.I tedeschi avevano ammazzato, forse, il contadinoAntonio Lamacchia, sempre in zona, e, di certo, avevano fatto saltare in aria il cosiddetto “ponte dei trainieri”. Il mistero della cattura di Vincenzo sarebbe così svelato.
Questa versione, però, cozza contro quanto asseriscono Stefano Santeramoe Francesco Ferrante, impiegati dell’UNPA, i quali dicono di aver visto Vincenzouscire dalla Prefettura verso le 17,quando già in città c’era confusione e paura. Il dr. Beneventi aveva chiuso la farmacia ed era rientrato frettolosamente in casa. Sembra cheil barbiere Campanaro sia rimasto a lavorare.Se fossero vere le testimonianze, come fu che Vincenzo finì nel palazzo della Milizia? C’è, infine, il referto medico del dottor Lopiano. Il corpo di Vincenzo fu trovato dilaniato e nudo. Il medico lo dice morto per un colpo di mitraglia al cervello. Ma, con un colpo di mitraglia al cervello, che ci faceva nel palazzo della Milizia? Come aveva fatto ad arrivarci? In verità, con una testadilaniata, in un momento di grande concitazione, era facile sbagliarsi. Siamo convinti che si sbagliarono, un anno dopo, anche i compagni d’ufficio di Vincenzo. Fornirono la testimonianza più comoda e più tranquilla. La verità più sicura è che Vincenzo eracapitato nell’areasbagliata.Era portaordini, forse con qualche carta in tasca. Viene da pensare che, se Vincenzo Luisi, Francesco e Pasquale avessero fatto la via Lucanainsieme, non avrebbero suscitato sospetti nei tedeschi.Erano pur sempre dei ragazzi con due panieri. Né i tedeschi, fino a quel momento, nutrivano progetti di vendetta. Stavano solo preparandosi ad andare via.