Lo storico materano Giovanni Caserta ricorda Rocco Truncellito, medico umanista di Valsinni scomparso il 30 novembre scorso presso il Crob di Rionero.
Trenta giorni fa, il 30 novembre, presso il Crob di Rionero, moriva Rocco Truncellito, stroncato da male inesorabile. Come scriveva il conte Monaldo Leopardi a suo figlio Giacomo, subito dopo la morte di Francesco, altro figlio, non c’è maggior dolore, per un padre, che commemorare o apprendere della morte di un figlio. E’ qualcosa che va contro natura. Sia pure alla lontana, una sensazione di tal genere tocca al professore che viene a conoscere della morte di un suo alunno. E quanto mi è capitato, e purtroppo non la prima volta, quando son venuto a sapere della scomparsa, a soli 59 anni, di Rocco Truncellito, mio lontano alunno degli anni 1970. In paese lo chiamavano Ninì; ma io preferivo chiamarlo Rocco, in omaggio alla sua statura fisica e, ancor di più, in omaggio alla sua statura morale e intellettuale.
Rocco erastato, per me, uno degli alunni più diligenti e intelligentiincontrati nella mialunga carriera diinsegnante. Era seduto al secondo banco, alla mia destra. Sempre preparatissimo, era particolarmente versato nelle “mie” materie:italiano, latino e greco. Fu medico, perché così volle il padre. E lui si laureò con 110 elode, presso l’Università di Bari. Successivamente si specializzò inneurologia. Avrebbe potuto trasferirsi altrove, diventare un grande medico e, magari, un accademico; invece aveva il paese nel sangue. Volle rimanere a Valsinni, a fare il medico di famiglia, curando e assistendo i suoi pazienti, tra ambulatorio e strada. Con una tranquilla pronuncia che aveva il sapore del dialetto valsinnese, ma con una precisa ricchezza e proprietà di lingua italiana, dava ascolto a tutti, e a tutti dava fiducia. Continuava, per questa strada, una tradizione che sembra essere propria di Valsinni, che, nella sua storia novecentesca, ha contato almeno due medici di altomerito, radicati tra lagente, punto di riferimento della comunità e motori della vita sociale, culturale e civile del paese. Si vuol dire deldottor Giuseppe Melidoro (1846-1923)e del dottor Domenico Guarino(1873-1956). Erano medici di valore, ma anche cultori delle lettere. Nella loro formazione umanistica,entravatutta la loro carica umana.
Melidoro operò all’inizio del Novecento. Fu tra coloro che, per primi,capirono l’importanza, la novità e la grandezza della poetessa Isabella Morra, morta a meno di trent’anni, uccisa dai fratelli. Si era tra il 1517-18 circa e il 1545, in pieno Rinascimento, quando alla ribalta nazionale salirono molte poetesse, segnando il primo momento del riscatto della donna. Isabella, pur vivendo in un paese di provincia, “denigrato sito”, sorta di “natio borgo selvaggio”, come Leopardi e come Tasso cantò la sua condizione esistenziale, dolorosa e frustrante, collocandosi al di sopra di tanti poeti del tempo, anche di sesso maschile.Fu uccisa dai fratelli, per una presuntastoria d’amore intrecciata con un poeta di origine spagnola, che però si esprimeva inlingua italiana. Si trattava di don Diego Sandoval de Castro, sposato, bello di fama e di fisico. Gli stessi fratelli uccisero il pedagogo della donna e, successivamente, il suo presunto amante.
A sue spese, nel 1922, il dottor Melidoro fece pubblicare il canzoniere di Isabella Morra. Illuminato e dotto, avviò anche una agricoltura di tipo moderno, ammirata da Zanardelli. Tutto, poi, lasciò al Comune e allo Stato. Quanto al dottor Guarino,si adoperò perché Benedetto Croce, il 24 novembre 1928, facesse il suo viaggio Valsinni, sulle tracce di isabella.Ad ospitarlo fu lui.
Rocco Truncellito fu loroepigono. Lo ritrovai negli anni 1990, quando, essendomi occupato di Isabella Morra, fui dalui invitato a sostenerlo e accompagnarlo nella creazione e organizzazione della “Estate di Isabella”. Con me fu l’amico e pittore LuigiGuerricchio, quindi Franco Di Pede e Nicola Pavese. In quegli anni promuovemmo l’istituzione del Parco Letterario”Isabella Morra”, di cuisi occupò la Pro Loco valsinnese, diretta sempre da Rocco. Sognammo, con lui, una Valsinni “piccola Recanati del Sud”. A tal fine, ogni estate si organizzavano mostre di pittura; d’inverno c’erano mostre dedicate a poeti e scrittori che avevano qualche affinità con Isabella,quali, per esempio,Giacomo Leopardi, il conte Monaldo Leopardi e Francesco De Sanctis. Con, lui portammo Isabella Morra a Recanati, in casa Leopardi;con lui portammo Isabella Morra a Milano, presso l’Università Cattolica, poia Roma. Rocco si trovava a suo agio, perché, se è vero che faceva il medico, soleva ripetereche la sua vera vocazione erano lelettere.Faceva il medico, ma divorava libri di letteratura, soprattutto di teatro. E faceva lo scrittore. Fu autore di adattamenti di non poche commedie, tratte dalla migliore tradizione italiana, straniera, latina e greca e rappresentate in ogni Carnevale del paese. Per il prossimo Carnevale 2016 stava lavorando ai Menaechmidi Plauto. In passato, aveva portato sulla scena Shakespeare, Machiavelli e Molière. Nella estate scorsa aveva rappresentato a Matera, nel Sasso Barisano, un dramma ispirato alla triste storia di Isabella Morra.La regia era di Antonio Montemurro, di Talia Teatro. Si spiega perché, in tempi non facili, accadde che Valsinni, rara avis in terra di Lucania Basilicata, diventasse luogo di accoglienza per turisti, visitatori,studiosi che, con la loro presenza, contribuirono non poco ad innalzare il grado civile del paese. Che cosa ci guadagnasse Rocco è facile a dire. Guadagnava la riconoscenza infinita dei suoi “ragazzi” – così lichiamava -, che seguivano la sua “scuola” di teatro, organizzavano feste, incontri, convegni… Oralo piangono. Lo piange e lo ha pianto tutto il paese, nel giorno del suo funerale, affollato e triste per dichiarato lutto cittadino; dovrebberoaverlo ad esempio amministratori e operatori culturali della nostra regione, soprattutto dei piccoli paesi;lo piangiamo noi che lo avemmo alunno, avendo la presunzione di aver contribuito a creare un medico letterato, amante del bello, della cultura e della sua gente.