Maltrattamenti al Centro di Permanenza per i Rimpatri di Palazzo San Gervasio, intervento di Libera Basilicata e Presidio Vulture-Alto Bradano. Di seguito la nota integrale.
Registriamo grande avvilimento e mortificazione nell’apprendere dai mezzi di comunicazione gli esiti dell’indagine condotta dalla Procura di Potenza sulla gestione del Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR) e sui maltrattamenti in via di accertamento verificatisi al suo interno, a Palazzo San Gervasio.
Purtuttavia, non ci dichiariamo sorpresi.
La nostra Associazione aveva già levato la sua voce, insieme a quella di altre sensibilità associative e personali, all’indomani dell’inchiesta giornalistica avviata da Striscia la notizia e da altre fonti formali e informali. Era il 22 febbraio 2023 quando, infruttuosamente, depositavamo insieme ad altre espressioni della società civile una richiesta di Consiglio comunale aperto rivolta all’Amministrazione di Palazzo San Gervasio e quando rilevavamo l’urgenza di provvedere alla nomina di un Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, del tutto assente a livello locale e regionale all’epoca delle vicende emerse.
La vicenda che risulta inquietante su diversi profili: umani, gestionali, legali e istituzionali.
Vi è ragione di credere che nel “segreto” delle mura di cinta del CPR di Palazzo San Gervasio e non solo, a giudicare delle altre inchieste avviate dalla Procura di Milano, siano accaduti fatti inenarrabili, che abbiano non solo svilito la portata del valore umano e costituzionale del significato di “persona”, ma abbiano consentito ad alcune imprese di speculare nell’aggiudicazione delle gare d’appalto di gestione del Centro, così come abbiano consentito di indirizzare le tutele legali delle persone ristrette in via prevalente verso studi legali inspiegabilmente privilegiati, ma soprattutto abbiano consentito anche alle presenze istituzionali preordinate alla sicurezza e alla cura sanitaria, coinvolte sia pure in via squisitamente personale, di imporre regole e di adottare comportamenti che al momento, in attesa che si perfezionino le procedure giudiziarie, non possono che considerarsi decisamente contrarie allo spirito che giustifica l’esistenza di siffatte figure all’interno di questa tipologia di comunità.
Sottolineiamo con preoccupazione quello che ha già lasciato emergere il Procuratore dott. Francesco Curcio nella sua conferenza stampa informativa sul caso: “Sulla gestione dei CPR è in gioco la credibilità dello Stato”, che sulla vicenda, aggiungiamo, non pare sia stato in grado di offrire sufficienti garanzie nella sua plurima organizzazione sul fronte della sicurezza, della legalità, della trasparenza e, soprattutto, nella garanzia dei diritti umani.
Ci risulta davvero insopportabile constatare che da tempo, da troppo tempo, probabilmente, questi Centri voluti dallo Stato, che restringono la libertà personale dei migranti giunti in maniera irregolare per lo più immuni dal punto di vista penale o morale, possano essere lungamente tenuti reclusi in uno spazio ristretto annullando ogni forma espressiva, comunicativa, di impegno di alcun genere, trascinandoli nella vacuità di una vita, prevalentemente giovane e piena di energia, costretta a misurarsi con l’aggravante di maltrattamenti e di azzeramento della propria dignità umana.
La credibilità del nostro Stato coinvolge anche la sua appartenenza ad una dimensione internazionale, all’interno della quale si è reso garante del rispetto delle Convenzioni cui ha aderito e che si è impegnato a rispettare.
La questione, come si comprende, assume una dimensione drammaticamente più ampia rispetto a quella che appare e la nostra Associazione intende rimarcarla, perché ha a che fare con il presunto “diritto di abusare”, con l’irragionevole “diritto di speculare”, con l’insopportabile rivendicazione del “diritto di differenziare fra gli uomini” sul piano dei diritti umani, con la pericolosa “tentazione di imporre,” più che di persuadere.
Vi è un aspetto pedagogico e testimoniale cui sono richiamati tutti gli uomini e le donne dello Stato, i quali, nell’esercizio delle funzioni loro affidate, non possono sottrarsi sul piano della responsabilità giuridica, ma anche sul piano della responsabilità etica, rispetto ad una comunità che ha dato loro fiducia sul versante del perseguimento del bene comune, che è bene di tutti.
Al momento l’indagine ci consegna un arresto di un ispettore della Polizia, tre misure interdittive e una trentina d’indagati, fra cui anche personale sanitario. Risulterebbero in fase di accertamento almeno 35 maltrattamenti ai danni delle persone ristrette nella loro libertà.
Rispetto a queste evidenze, non vi è la possibilità di preservare la propria serenità di cittadini: l’inquietudine rischia di sopravanzare anche le ragioni che completa giustizia possa essere garantita, se si è dovuto attendere che fosse una testata televisiva ad alzare il velo sulle violenze perpetrate.
Esprimiamo pieno e incondizionato sostegno gli organi inquirenti e giudiziari, affinché sulle vicende sinora emerse possano fare adeguata chiarezza giudiziaria e collaborare perché si raggiunga l’effettività della pena. Al tempo stesso, esprimiamo solidarietà alle Forze dell’Ordine implicate nella vicenda e agli Ordini del personale sanitario coinvolti, schierandoci dalla parte dei veri servitori dello Stato, che non meritano di essere vilipesi da comportamenti inqualificabili messi in atto da loro colleghi.
Vi è l’amaro e, riteniamo, giustificato sospetto che altri casi di soprusi siano stati praticati e di cui non sapremo mai nulla, così come temiamo che in altri CPR del nostro Paese vi sia l’esigenza di introdurre forme di controllo sistematiche per scongiurare il prodursi o il ripetersi di tali non commendevoli azioni.
Si tratta di una responsabilità che coinvolge anche il legislatore e tutti gli organi istituzionali, che speriamo non rimangano indifferenti rispetto ad una realtà che ci inorridisce.