“Prendiamo atto ancora una volta dell’assoluta mancanza di rispetto e dell’arroganza del vescovo Ligorio che il 2 novembre ha celebrato Messa nella chiesa della Trinità”. Comincia così il messaggio della famiglia Claps, diffuso da Gildo, fratello di Elisa.
“In un momento in cui milioni di persone seguendo la fiction” – le ultime due puntate sono in programma su Rai 1 martedì 7 novembre – “hanno preso consapevolezza di quanto quella chiesa sia irrimediabilmente macchiata dal sangue e dalle menzogne che tra quelle mura si sono consumate, anziché il silenzio, come aveva peraltro indicato Papa Francesco, la Curia potentina sceglie ancora una volta la rimozione di quanto accaduto. Una preghiera la rivolgo io a quanti entreranno ad ascoltare le funzioni religiose: fermatevi a leggere la targa che celebra le virtù di Don Mimi Sabia e respirate a fondo il messaggio ipocrita che risuona in quella chiesa”, ha concluso la famiglia Claps.
Solidarietà alla famiglia Claps di Arnaldo Lomuti, Alessia Araneo, Viviana Verri (M5S Basilicata): basta strappi, bisogna ricucire come indicato da papa Francesco
Quel senso di profonda ingiustizia che trapela inascoltato dalle parole di Gildo Claps non può lasciarci indifferenti.
È dalle sue parole, fatte risuonare anche attraverso l’associazione Libera, che abbiamo appreso della scelta da parte della Curia potentina di celebrare messa in occasione del giorno dei defunti proprio nella chiesa della Trinità del capoluogo.
Una scelta che sembra far sanguinare ancora la ferita, mai rimarginata, della famiglia Claps che, nel sottotetto di quella chiesa, il 17 marzo 2010, ha ritrovato il cadavere della figlia e sorella Elisa Claps, dopo 17 anni di disperata e osteggiata ricerca.
Una vicenda che ha inesorabilmente colpito la famiglia Claps, ma che ha segnato profondamente anche tutta la comunità potentina e lucana.
La tragedia di Elisa e della sua famiglia hanno così scosso l’opinione pubblica anche e soprattutto a causa dell’inerzia di alcuni poteri, dalla curia alla giustizia. Comportamenti contro cui, malgrado il senso di solitudine e impotenza, la famiglia Claps ha lottato eroicamente, sospinta dall’amore per Elisa e dal più forte dei sentimenti di giustizia.
Ebbene, dopo un calvario trentennale, verità e giustizia sembrano essere compiute solo a metà.
Non tutte le responsabilità sono state acclarate e la riapertura della chiesa al culto riacutizza le profonde ferite della famiglia Claps e addolora la memoria della comunità lucana.
Non sta a noi giudicare le scelte della curia, ma forse sta a noi, come persone e come rappresentanti politici, continuare a chiedere verità e giustizia per Elisa, nonché rispetto per la sofferenza della famiglia Claps.
D’altronde, lo stesso Papa Francesco aveva chiesto – come riportato da “L’Avvenire” – all’arcidiocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo di continuare a praticare “ascolto amorevole” e “un dialogo attento con la famiglia di Elisa Claps” e, alla chiesa della Trinità, di “custodire la memoria di Elisa”, divenendo “un luogo per la preghiera silenziosa, l’Adorazione, la ricerca del conforto interiore e spirituale e per la promozione di una serena riflessione sulla sacralità della vita”. E continuava affermando che la comunità diocesana è “chiamata a offrire la sua vicinanza ai familiari della ragazza, offrendo loro una presenza tenera e discreta” perché il “comune impegno nel sostenere la prova e la preghiera fiduciosa possano favorire cammini di riconciliazione e di guarigione”. Pertanto, “è importante” che nella “chiesa della Santissima Trinità” si “evitino celebrazioni liturgiche di carattere festoso”.
A questa lettera, sempre come riportato da “L’Avvenire”, la famiglia Claps aveva così risposto: “Per quanto riguarda la riapertura della chiesa nei cui locali è stato nascosto per 17 anni il corpo di Elisa non possiamo far altro che registrare la decisione assunta dalla Curia. Non spetta a noi stabilire il destino di quella chiesa, come invece è stato fatto da altri per il destino di Elisa. ‘Signore io non sono mai sola perché tu cammini accanto a me’, scriveva Elisa nei suoi diari. Se pensiamo alla sua profonda fede e al fatto che proprio nella casa di Dio ha trovato la morte, non possiamo essere favorevoli alla riapertura della chiesa. Non tanto perché è lì che è stata uccisa, quanto per il fatto che il suo corpo è stato artatamente occultato e successivamente fatto ritrovare in circostanze e tempi ancora non chiariti e che difficilmente possano escludere il ruolo più o meno attivo di esponenti dell’ambiente ecclesiastico. Come il Santo Padre riteniamo una ‘buona intenzione che la chiesa della Trinità custodisca la memoria di Elisa’ ma ribadiamo che la riconciliazione passa attraverso un’assunzione di responsabilità e di scuse rispetto ai tanti silenzi e alle omissioni che hanno preceduto e seguito il ritrovamento dei resti di Elisa. Senza pentimento non ci può essere remissione”.
Ebbene, quel percorso di riconciliazione pare essere ancora molto lontano e, probabilmente, la scelta di svolgere la funzione religiosa in quel luogo acuisce piuttosto che rimarginare una ferita.
Riteniamo prioritario ricucire lo strappo, nel rispetto del dolore che è stato e di quello che persiste.