Mimmo Centonze ricorda con affetto il suo incontro ufficiale con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Quando risposi alla domanda del Capo dello Stato: “Che fai, l’Istituto d’Arte?”, in un attimo tutto si tramutò in una gran risata tra Sgarbi ed io!.
“Ho incontrato ufficialmente il Presidente della Repubblica Napolitano – ricorda con affetto Centonze – durante l’inaugurazione del Museo della Mafia di Salemi, nel quale era esposto il mio ritratto di Totò Riina, che un anno dopo fu esposto anche alla Biennale di Venezia.
Appena prima che Napolitano entrasse nella sala del museo dov’ero ad aspettarlo accanto al mio ritratto di Riina, c’era un’atmosfera davvero tesa. Tutti si chiedevano come avrebbe potuto reagire il Capo dello Stato davanti al ritratto del boss siciliano.
Invece, arrivato il momento in cui Vittorio gli presentò me e il mio ritratto di Riina, il Presidente non si scompose affatto.
Osservò con grande interesse il dipinto e poi mi chiese con sincera curiosità e gentilezza: «Che fai, l’Istituto d’Arte?». Ed io, antiaccademico come pochi, altrettanto seriamente – con una mano nella tasca e alzando l’altra come a dire ‘per carità!’ – gli risposi: «No, li ho sempre evitati accuratamente!».
Sgarbi, che durante la domanda di Napolitano e un attimo prima della mia risposta ascoltava e annuiva col capo alle mie parole – con la devozione propria di un padre – scoppiò a ridere di gran gusto alla mia replica così sincera e convinta e contagiò anche me, che esplosi in una fragorosa risata”.
Poi il Capo dello Stato replicò dicendo con garbo e con un certo imbarazzo: “Ah! Però hai imparato lo stesso a dipingere!.
Sgarbi sapeva bene che – seppur odiando il mondo accademico – io avevo studiato per conto mio tutti i trattati di pittura dal Quattrocento ad oggi per conoscere a fondo le varie tecniche del Disegno e della Pittura, e ridevamo guardandoci negli occhi come due complici di un’innocente bravata.
Poi Napolitano accennò un sorriso e, indicando il mio ritratto di Totò Riina davanti a sé, dichiarò: “Notevole!”.
E subito dopo mi diede una tenera pacca sull’avambraccio, alla quale risposi a mia volta con una leggera pacca sulla sua spalla, annuendo e complimentandosi con me.
Alla domanda “Perché ritrarre un boss della mafia?”, l’artista ha risposto: “Non puoi rappresentare soltanto cose positive. Perché vai a visitare il Museo della Shoah? Perché ti devi ricordare che l’abisso umano può raggiungere delle malvagità incredibili.
Ho dipinto il ritratto di Riina non su una normale tela preparata ma su una tela grezza, senza alcuna preparazione pittorica. Il suo volto è come se fosse spiaccicato lì sulla tela, duro e implacabile.
Il ritratto del boss quindi non esalta, non celebra e in fondo neppure giudica la sua figura. Racconta, documentandolo, il Male. “Per questo – continua Mimmo – è più utile di un ennesimo ritratto di Marilyn Monroe”.
Di seguito il video dell’incontro tra Napolitano e Mimmo Centonze