In occasione del Matera Pride 2022 in programma dal pomeriggio nella città dei Sassi questa mattina Volt Matera ha organizzato un incontro dibattito sul tema “Peccatori e no. Orientamento sessuale e identità di genere: diritti e convivenza. All’iniziativa, coordinata dal giornalista Michele Cifarelli, hanno partecipato Francesco Lepore, scrittore, già latinista papale, il sacerdote e psicologo materano Francesco Di Marzio, il sindaco di Matera, Domenico Bennardi e Antonella Ambrosecchia per Agedo Matera.
Volt, fondato sui valori della libertà, dell’uguaglianza, dell’equità intergenerazionale, di genere e territoriale, della solidarietà tra e nei popoli, noto per le sue battaglie a difesa dei diritti LGBT+, e forte nel credere fermamente che le differenze arricchiscano e che la società progredisce valorizzando le qualità uniche e irripetibili di ogni individuo ha deciso di scendere in campo e di aderire al Matera Pride 2022 anche con un confronto tra un ex sacerdote, Francesco Lepore, scrittore e caporedattore del sito d’informazione gaynews.it, già latinista del papa, ed un sacerdote, don Francesco Di Marzio, che è anche psicologo e psicoterapeuta.
Le aperture di Papa Francesco verso le persone omosessuali sono state tante in nove anni di pontificato. Le sue parole hanno contribuito a modificare significativamente sia la prospettiva rigida di condanna da parte delle gerarchie ecclesiastiche, sia quella delle persone gay e delle loro famiglie che spesso si sono sentite discriminate dalla Chiesa.
Una posizione che, anche se lascia immutata la dottrina della Chiesa su questo tema, contribuisce, insieme ai tanti interventi eloquenti del Papa, a un diverso atteggiamento pastorale, di accoglienza e non di rifiuto.
Le parole di Papa Francesco sugli omosessuali segnalano, in qualche modo, un certo lento ma progressivo distacco della stessa Chiesa romana dal precedente paradigma della devianza, muovendo anch’essa verso l’idea di una condizione finalmente assunta come naturale, dando conto dell’ammissione che la relazione d’amore merita riconoscimento morale e, per conseguenza, protezione giuridica.
Si avverte, invece, l’inesorabile tramonto del paradigma della devianza, su cui si è fondata e si fonda tutt’ora la discriminazione giuridica delle persone omosessuali, e il passaggio invece al nuovo paradigma della neutralità dell’orientamento sessuale.
Tuttavia, chi si aspettava una svolta progressista di Bergoglio rimarrà deluso. I sacerdoti non possono pertanto benedire le coppie omosessuali che chiedono di essere riconosciute dalla Chiesa: “La benedizione, in qualsiasi forma essa sia, non può essere impartita in nessun modo ad una situazione segnata dal peccato. Quando si invoca una benedizione su alcune relazioni umane occorre che ciò che viene benedetto sia oggettivamente e positivamente ordinato a ricevere e ad esprimere la grazia, in funzione dei disegni di Dio iscritti nella Creazione e pienamente rivelati da Cristo Signore”.
Ciò non “esclude che vengano impartite benedizioni a singole persone con inclinazione omosessuale”, ma a condizione che “manifestino la volontà di vivere in fedeltà ai disegni rivelati di Dio così come proposti dall’insegnamento ecclesiale”.
Un tratto caratteristico dei mutamenti di paradigma è rappresentato dalla difficoltà di comprendersi a vicenda, tra quanti aderiscono all’uno o all’altro paradigma.
Questa transizione richiede ogni volta che le parole assumano un nuovo significato, per spiegare inoltre per quale ragione le tesi precedenti, per quanto sofisticate, appaiano polverose e vuote, addirittura ridicole, a chi appartiene al nuovo paradigma, così come le idee innovative appaiono indisponenti e paradossali a chi è ancora avvinto nell’atmosfera culturale del paradigma precedente.
Va perdendo di consistenza l’idea dell’omosessuale in qualche modo “nemico” del progetto divino di famiglia, mentre si afferma l’idea che l’orientamento omosessuale non è frutto di una scelta, colpevolmente assunta da chi vuole allontanarsi da Dio, ma rappresenta una oggettiva caratteristica umana, una sua variante naturale, che merita rispetto e tutela: la persona omosessuale non fa in effetti alcuna scelta, ma semplicemente è omosessuale.
Una volta appurato che l’orientamento sessuale (etero, bi, omo) è un tratto neutro della persona, come il colore della pelle, appare allora manifesto come la questione omosessuale, da un punto di vista giuridico, non abbia nulla a che fare con i cambiamenti del costume, del comune senso del pudore, degli atteggiamenti dell’opinione pubblica rispetto alla sessualità, ma si iscriva nell’ambito del diritto a non essere giuridicamente discriminati. Non una questione di libertà (sessuale), ma di eguaglianza. .
Nel 2010 la Corte costituzionale con la sentenza n. 138 negò che il divieto di matrimonio fosse incostituzionale e al contempo invitò il Legislatore a provvedere. Così, sei anni dopo e con iter combattutissimo, è stata promulgata la legge n. 76/2016 istitutiva della unione civile fra persone dello stesso sesso.
La legge n. 76/2016, fra pregi e difetti, luci e ombre, ha messo in moto un profondo processo culturale: migliaia di coppie si sono “sposate”, con liberatorie cerimonie in municipio, circondate da genitori commossi, parenti e amici festanti; i mezzi di comunicazione ci hanno rimandato l’immagine di una società in movimento, con migliaia di ragazze e ragazzi che fanno coming out già a scuola, gente che dichiara con naturalezza la propria omosessualità in pubblico e in tv, genitori finalmente meno preoccupati per il futuro dei loro figli gay o lesbiche. La legge ha contribuito a diffondere una maggiore accettazione sociale e, spesso, persino un sentimento di affettuosa condivisione. A tale cambiamento ha corrisposto, tuttavia, un incremento esponenziale dei crimini e dei discorsi di odio: la cronaca riferisce di un aumento preoccupante dei pestaggi, minacce, assalti e persino omicidi di persone che, finalmente, hanno trovato il coraggio di vivere apertamente le proprie relazioni d’amore.
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La fotogallery del convegno (foto www.SassiLive.it)