“I numeri rivelati dal Rapporto ‘Italiani nel mondo 2016’, che non riguardano solo i giovani ma quasi tutte le fasce di età, sono estremamente importanti e gravi perché proiettano la Basilicata verso la desertificazione. Le responsabilità sono molteplici. Una fra tutte, un sistema miope e che molto spesso non riesce a far convergere azioni sui territori dove il problema nasce”. È quanto afferma il presidente del Consiglio regionale, Francesco Mollica, all’indomani del dossier sull’emigrazione italiana, presentato a Roma dalla Fondazione Migrantes.
A parere del presidente “il problema principale, oltre alla fuga fuori confine è anche un altro: far sì che chi torna non vada via di nuovo. E come rispondere alla sfida? Un ruolo di primo piano dovrebbero rivestirlo le istituzioni a partire dallo Stato per richiamare a sé i suoi figli. E in questa nuova e auspicabile prospettiva di sviluppo, che vede coinvolti in un progetto sinergico emigrati di ritorno e comunità di origine, non possono restare fuori Comuni, Province, Regioni. Con quale ruolo? Svolgere un’incisiva azione di indirizzo e di supporto magari con agevolazioni e sgravi fiscali così come previsto – precisa Mollica – dalla legge regionale n. 16 del 2002 sulla ‘Disciplina generale degli interventi in favore dei Lucani nel mondo’, secondo la quale la Regione Basilicata opera nel quadro della programmazione regionale per affrontare i problemi dell’emigrazione per agevolarne l’inserimento e il reinserimento nella vita sociale e nelle attività produttive regionali degli emigrati che rientrano in Basilicata”.
“Il dato riguardante la Basilicata – afferma Mollica -, con oltre 6000 emigrati dal 2014 ad oggi, è la fotografia anche della nostra cattiva coscienza. Di un migrante che ci mette di fronte alle realtà del nostro territorio che non funziona. Chiediamoci perché in testa c’è l’abbandono di piccoli e medi Comuni, talvolta con enormi potenzialità come in questo caso Marsico Nuovo e San Fele dove il numero degli iscritti all’Aire tocca il 100%. Potremmo essere una superpotenza economica e culturale, considerate le grandi risorse come il petrolio ed un numero di qualificati ancora maggiore rispetto ad altre aree, ma è la tendenza per il futuro che ci condanna perché evidentemente stiamo investendo meno dell’uno per cento in innovazione e ricerca. Certa¬mente non deve essere un imperativo bloccare l’uscita, ma diventa necessario valorizzare il nostro capitale umano sostenendo la scelta di chi vuole rimanere e favorendo chi vuole tornare con progetti che possano attirare non solo chi ha fallito ma soprattutto chi ha avuto successo, perché possa riportare e rimettere in circolo nel nostro territorio competenze e professionalità maturate all’estero”.
“Oggi purtroppo siamo vittime di procedure farraginose, lungaggini burocratiche, incertezze interpretative, scarse garanzie per il futuro – continua Mollica. I programmi pensati dagli ultimi governi per il rientro dei cervelli si sono rivelati nella maggior parte dei casi dei veri e propri flop. Non basta allora offrire agevolazioni fiscali o stipendi più alti per far tornare chi è fuggito all’estero ma bisogna dare a chi decide di tornare la possibilità di portare avanti i propri progetti e crescere all’insegna della trasparenza e della meritocrazia. E questo non si fa con i provvedimenti spot che abbiamo visto finora, ma con una precisa strategia. Quale? Serve magari un maggiore collegamento tra i piccoli Comuni, il loro tessuto produttivo e le istituzioni tutte”.
“Penso anche a chi va via per scelta – aggiunge ancora il presidente del Consiglio regionale -, pensando di trovare maggiori prospettive, pensando di trovare la propria California e invece poi si ritrova davanti una situazione peggiore di quella lasciatasi alle spalle. E allora perché non pensare di unirci per un recupero dei territori abbandonati; di quelle aree collinari che sono state sconvolte dall’espandersi della vegetazione selvatica, dal degrado per la mancata cura a seguito di eventi atmosferici dannosi piuttosto che lasciare questi terreni come discariche o ad altri utilizzi impropri. Proiettiamoci nel tentativo di un loro ripristino legato a fenomeni di ritorno all’abitazione ed alla coltivazione di aree montane in via di spopolamento, ad opera non solo di abitanti locali ma anche di cittadini provenienti da altre zone, sensibili a obiettivi quali la conservazione del territorio e una maggiore qualità della vita”.
“Sarebbe allora significativo – auspica Mollica – cominciare ad impegnarsi per una nuova concreta ripresa di vita di quei posti in abbandono, farli rivivere a nuovi fasti, nuove possibilità, inventare il futuro. In generale, l’esperienza all’estero può tradursi in modo funzionale nell’avvio di attività produttive in patria o in un investimento del capitale finanziario, per un utilizzo del fenomeno sociale, per stimolare la crescita di nuove idee o l’acquisizione di nuove competenze. Per fare questo servono però investimenti, idee e partecipazione attiva delle istituzioni come garanti ma anche del mondo imprenditoriale. E di questo finora si è visto molto poco”.