“Il castello Fittipaldi-Antinori di Brindisi di Montagna, una nuova perla restituita alla comunità lucana, italiana e mondiale, ritorni a esserne il fulcro della vita della sua gente che deve ora costruire attorno al potenziale della relazione tra territorio, prodotto, paesaggio ulteriori opportunità da cogliere. Ringrazio l’Amministrazione per l’invito, onorati anche dalla presenza del marchese Antinori che ha espresso la volontà di sostenere altri progetti in Basilicata.”
Lo ha dichiarato l’Assessore alle Politiche Agricole e Forestali, Luca Braia intervenendo alla cerimonia di inaugurazione.
“Il Psr Basilicata – prosegue l’Assessore Luca Braia – vi ha contribuito con circa 430mila euro della Misura 321 della vecchia programmazione a cui si sono aggiunti altri 100mila euro del finanziamento della Misura 7.4 (2014-2020).
È un luogo straordinario che, con lungimiranza, gli amministratori hanno voluto restaurare con un utilizzo sostenibile e integrato delle risorse e dei contributi regionali, comunitari e comunali per complessivi oltre 1,4 milioni di euro che oggi riapre al pubblico dopo una serie di interventi di restauro.
Un’area, questa, che ha da sempre messo al centro la ruralità, a partire dallo stesso parco della Grancia, per lo sviluppo della relazione virtuosa di ambiente, paesaggio, agricoltura, turismo. Se nei prossimi anni, nelle aree rurali della regione, non avremo la capacità di far rivivere questi luoghi e di costruirvi un futuro per i nostri ragazzi e ragazze, nonostante tutte le risorse investite e rinvenute da fondi europei, nazionali e regionali che gli sforzi della politica hanno dedicato ai territori, non avremo raggiunto gli obiettivi. Abbiamo bisogno allora di giovani diplomati e laureati da avvicinare alla terra, che sappiano coniugare lo sviluppo del mondo agricolo e quello dell’accoglienza e del gustare paesaggi e enogastronomia, da legare in maniera indissolubile.
Con il restauro del ricordo e senza una visione in prospettiva, non si produce sviluppo anche in posti dove la comunità vive e partecipa. Location straordinarie e storiche come questo castello se rimangono dopo vuoti e non abitati, non sfruttati per le enormi potenzialità attrattive e di paesaggio, non resi centro di traiettorie che intercettano turismo e possibilità per i giovani, gli investimenti rimangono fini a loro stessi. Il ricordo, il restauro, la bellezza ricreata deve vivere il presente e proiettarsi nel futuro, come accade a Matera dove una comunità nuova acquisisce insegnamento dalla antica storia e prova a creare occasioni per gli anni a venire.
Che Matera Capitale Europea della Cultura 2019, simbolo di resilienza e riscatto della gente lucana, possa diventare il centro della promozione turistica di tutti i luoghi e di tutte le eccellenze di Basilicata che con la città devono fare sistema e rete.
A Brindisi di Montagna e nell’areale delle Dolomiti Lucane ci sono grandi valori e un mondo che si sta accorgendo, oggi ne è la testimonianza, che le tradizioni e i valori di genuinità e originalità della nostra terra di Basilicata non devono andare persi perché diventano valori economici e brand coniugati al futuro.
I valori legati alla dimensione umana ed etica, alle produzioni biologiche, alla valorizzazione di vitigni autoctoni e di grani antichi, una sorta di ritorno al passato con la consapevolezza di poterlo sfruttare economicamente in un mondo che oggi ci regala una nuova chance. In una regione che non ha grandi processi industriali e antropologici ma tanta terra, aria, sole, acqua e 960mila ettari di bosco e foreste contro i soli 60mila ettari urbanizzati, dobbiamo essere capaci di sfruttare tutte le nostre potenzialità e risorse naturali.
Da parte nostra, con il Dipartimento Agricoltura – conclude l’Assessore Luca Braia – stiamo cercando di lavorare attraverso le scelte operate dal Per basilicata 2014-2020 per cercare di orientare il comparto agricolo e agroalimentare lucano a una modalità di utilizzo dei fondi che possa portare a valore a tutti questi aspetti correlati a contrastare anche l’abbandono delle stesse aree interne.
Riorganizzare, quindi, il sistema produttivo attraverso le aggregazioni e le filiere, ma anche la ricerca e, soprattutto, con una comunità di giovani che, grazie ai contributi per il primo insediamento in agricoltura e ad altri contributi loro riservati, nei territori recuperano la voglia di guadagnarsi da vivere attraverso aziende agricole virtuose, innovative, proiettate ai mercati e ai consumatori che chiedono sempre più produzioni tipiche, di qualità, sane e identitarie di una storia locale, quale la nostra.”