Francesco Salerno (Associazione Infrastrutture, servizi e mobilità nel Materano): “Dalla parte dei fatti: Matera a pieno titolo tra le Città della Resistenza. Contro l’inaccettabile revisionismo infondato sul 21 settembre 1943”. Di seguito la nota integrale.
Giovanni Caserta si è lanciato nella sua solita disamina volta a liquidare i fatti del 21 settembre come un “incidente di guerra”, una definizione che da un lato nega l’esistenza di una insurrezione materana e dall’altro minimizza le responsabilità tedesche (il termine “incidente” indica un imprevisto che accade accidentalmente, a prescindere dalla volontà di qualcuno). Ancora una volta tocca replicare per rendere giustizia alle vittime dei nazisti e non lasciare nessuno spazio a revisionismi e giustificazionismi errati.
Tutta la teoria di Caserta parte dal presupposto errato che i tedeschi presenti a Matera erano militari qualsiasi impegnati in una tranquilla ritirata. Questo è falso per due motivi. Innanzitutto il capo dei militari occupanti era un criminale matricolato: il maggiore Von Der Schulenburg, un fanatico che aveva abbracciato da giovanissimo le idee del nazionalsocialismo e che prima ancora di entrare nell’esercito aveva militato nelle SA, le camicie brune incaricate di fare il lavoro sporco del Partito di Hitler contro ebrei e oppositori politici. Il soggetto in questione, responsabile anche dell’eccidio di Pietrasantieri, era ricercato a guerra ancora in corso dalle autorità investigative militari alleate e con tutta probabilità se non fosse morto in battaglia in Normandia sarebbe finito alla sbarra a Norimberga con molti suoi più “illustri” colleghi.
Alla natura criminale di Von DerSchulenburg va aggiunto un secondo fattore, la vicinanza degli anglo-canadesi che avanzavano provenienti da Taranto (Operazione Slapstick) che rendeva estremamente nervosi gli occupanti come testimoniato dall’uccisione a sud della Città del pastore Antonio Lamacchia, scambiato per una spia o un militare alleato proveniente da Montescaglioso.
Quello che accadde nella famosa gioielleria non è chiaro a nessuno, di sicuro c’è solo che i Carabinieri che spararono lo fecero gravati dal peso della Operazione Achse il piano tedesco partito dopo l’armistizio di Cassibile che prevedeva il disarmo italiano e l’assoggettamento dei militari italiani, dalle contrastanti e confuse affermazioni dei vertici del Regio Esercito e dalle notizie provenienti da Città come Barletta dove i tedeschi il 12 settembre avevano fatto una strage di vigili urbani e netturbini.
Se l’episodio della gioielleria è da sempre considerato la scintilla che accese l’insurrezione questo fu dovuto alla volontà dei materani di non vivere in un regime di subordinazione a un occupante straniero per un lasso di tempo sconosciuto e indefinibile per gli elementi e le notizie che i cittadini avevano a disposizione. Risulta del tutto evidente che il finanziere Vincenzo Rutigliano non liberò da solo la Città e che i civili presero parte attiva ai combattimenti contro i tedeschi accellerandone la ritirata come è confermato dai rapporti militari degli anglo-canadesi che poterono entrare nella Città dei Sassi senza colpo ferire a differenza di altri casi come Potenza dove dovettero bombardare il quartiere Santa Maria (Caserta dovrebbe saperlo da esperto della materia potentina).
La Resistenza del Sud, come affermano storici importanti come la Professoressa Isabella Insolvibile che ha dedicato molti studi al tema, non viene fatta da militanti, inquadrati politicamente e militarmente in organizzazioni strutturate come al centro-nord. La Resistenza del Sud è caratterizzata dalle “rivolte di popolo”, popolo che maturò il suo antifascismo durante la guerra compresi i militari, sbandati e non, che ebbero un ruolo chiave nella Resistenza del Mezzogiorno.
L’insurrezione di Matera si inserisce perfettamente in questo quadro insieme ad altri episodi come le quattro giornate di Napoli.