Dopo la Santa Messa in Cattedrale la sfilata dei reparti dei Vigili del Fuoco e dei radunisti ANVVF con partenza dalla Cattedrale di Matera e arrivo in piazza Vittorio Veneto ha concluso il 26° raduno nazionale dell’Associazione Nazionale Vigili del Fuoco (ANVVF) nella città dei Sassi. Presenti le delegazioni delle regioni italiane, individuate con i rispettivi striscioni e rappresentanti delle sezioni veterani pompieri del cantone svizzero del Ticino. I partecipanti si sono posizionati nel centro cittadino e hanno ascoltato il discorso finale del comandante provinciale dei Vigili del Fuoco di Matera, Salvatore Tafaro, sul palco insieme alle massime autorità cittadine tra cui il Prefetto di Matera, Demetrio Martino, il vice sindaco Giuseppe Tragni e il consigliere regionale Luca Braia.
Di seguito l’omelia di Monsignor Pino Caiazzo durante la Santa Messa in Cattedrale e la fotogallery della sfilata per il 26° raduno nazionale dell’Associazione Nazionale Vigili del Fuoco
Carissimi, l’occasione del 26° raduno dell’Associazione nazionale Vigili del fuoco, che coincide con il 25° anniversario della nascita della prestigiosa Associazione Nazionale, oggi riconosciuta legislativamente dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e molto apprezzata dallo stesso, negli 80 anni dalla fondazione del Corpo, ci fa ritrovare in questa Basilica Cattedrale per celebrare l’Eucaristia.
Eucaristia è un termine greco che significa ringraziamento. Per noi cattolici l’Eucaristia è fonte e culmine di tutta la vita della Chiesa, quindi ringraziamento in quanto riconosciamo che ogni nostra azione ha in Cristo il suo inizio e il suo compimento.
Questa mattina siamo qui per ringraziare il Signore per la vostra presenza sul territorio nazionale.
Colgo l’occasione per salutare il Sottosegretario agli Interni, Dott. Stefano Candiani, S. E. Il Signor Prefetto, Dott. Demetrio Martino, il Capo del Corpo dei Vigili del fuoco, Fabio Dattilo, il Comandante regionale, Emanuele Franculli,, il Comandante provinciale, Salvatore Tafaro, tutte le altre autorità civili e militari presenti.
La Parola che abbiamo ascoltato ci dona l’opportunità di guardare a S. Paolo, quale prigioniero a causa della fede che professa e a S. Giovanni, quale discepolo che Gesù amava in quanto il più giovane e testimone diretto di fatti e avvenimenti dei quali solo lui ha vissuto.
Paolo, avendo la doppia cittadinanza, è ebreo ma anche romano, è molto rispettoso dell’autorità costituita e a questa si appella per essere giudicato. E mentre vive uno stato di prigionia, diremmo oggi agli arresti domiciliari per due anni controllato da un soldato, continua la sua opera a favore degli altri accogliendo e incoraggiando. Ad ogni persona, piagata nel corpo e nello spirito, viene in soccorso per dare una parola di conforto, di sostegno, aiutandola ad essere liberata dalle tante macerie che a volte gli avvenimenti fanno cadere addosso; dalle fiamme di fuoco delle ingiustizie e delle prepotenze che consumano lentamente la voglia di vivere; dai pericoli di chi vuole sfruttare le debolezze per diventare padrone dell’esistenza altrui.
Paolo, nonostante la prigionia, è un instancabile assertore della vita: la difende, l’aiuta perché sia salvata, la ama al punto tale che è pronto a morire pur di salvare gli altri. Tutto questo lo compie perché animato da un amore grande che lo possiede e lo abita: quello del Cristo che predica, dello Spirito Santo Amore, del Padre misericordioso.
Giovanni, giovane, inesperto e sicuramente incosciente, è quello che tra gli apostoli sfida la paura, entra nel dramma profondo della sofferenza di Gesù, dal momento dell’arresto alla crocifissione, senza mai abbandonarlo un momento.
Non ha paura di morire anche lui insieme al Maestro. Giovanni “è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera”. Una testimonianza, quella di Giovanni, che nasce dalla consapevolezza di essere stato conquistato dall’Amore di Gesù. Non a caso, più volte viene detto nel Vangelo che lui “è il discepolo che Gesù amava”. E’ la potenza di questo amore che lo mette in movimento, in azione, incurante del pericolo per la propria vita ma desiderando il bene degli altri.
Non è successa la stessa cosa alla vostra patrona, S. Barbara, che ha saputo esporre la sua vita a difesa dell’uomo?
Che si chiami Paolo o Giovanni o Barbara, quando si è abitati dal fuoco dello Spirito santo, che è l’Amore, si è capaci di spegnere un altro fuoco che si contrappone a quello che genera vita e che porta alla morte. Il vostro servizio, quotidianamente, è come il fuoco dell’amore di Dio che scende sugli Apostoli, nel giorno di Pentecoste, facendovi comprendere il linguaggio delle necessità degli uomini e parlare con i gesti concreti dell’altruismo.
Sono certo che la maggior parte di voi è credente e che la vostra fede in Cristo, che ha distrutto la morte con la sua risurrezione, vi dà la forza e lo slancio per affrontare con determinazione anche i pericoli che spesso si presentano.
In ogni parte del mondo ci sono persone che quotidianamente tendono le mani o gridano il loro dolore sperando che ci siano altri pronti ad accoglierli, a prendersi cura di loro, a curare le loro ferite e, purtroppo, spesso restano sommersi e bruciati trovando solo la morte. A volte è come se Dio non ascoltasse. E’ come se li avesse abbandonati al loro destino. Si dice: dimenticati da Dio e dagli uomini!
Voi, carissimi, siete le mani di Dio, quando scavate tra le macerie e tirate fuori vite umane che continuano a respirare o trovano una degna sepoltura; quando sulle strade dalle lamiere contorte cercate di ridare speranza a chi con gli occhi sbarrati vi fissa fiducioso; quando sfidate il fuoco e il fumo lottando con tutte le forze per ridare respiro o salvare la nostra amata terra, nostra casa comune, da incendi spesso dolosi; quando, di fronte alle intemperie metereologiche, intervenite con ogni mezzo a vostra disposizione per venire incontro a quanti vivono momenti drammatici e a volte senza speranza. L’elenco sarebbe lungo, ma vi assicuro che Dio opera attraverso le vostre mani.
Concludo con questo pensiero che risale al XIV secolo: “Cristo non ha mani/ha soltanto le nostre/per fare il suo lavoro oggi. Cristo non ha piedi/ha soltanto i nostri piedi/per guidare gli uomini/ sui suoi sentieri/. Cristo non ha mezzi/ha soltanto il nostro aiuto/per condurre gli uomini a sé”.
† Don Pino
La fotogallery della filata nel centro storico di Matera per il 26° raduno nazionale dell’Associazione Nazionale Vigili del Fuoco (foto www.SassiLive.it)