“Ci ha lasciati il Michelangelo dei minatori, con la scomparsa di Francesco Libonati la Basilicata perde oltre ad un grande artista ed uno dei suoi figli migliori. La sua storia sembrerebbe da romanzo, ma in realtà è la storia di quei tanti lucani che con tenacia e talento hanno tracciato una scia luminosa nel mondo”. Lo dichiara il presidente del Consiglio regionale Francesco Mollica.
“Nato a Rotonda il primo dicembre 1920, Francesco Libonati era un fabbro come il padre, il nonno ed il bisnonno – continua Mollica- eben presto entrò in fucina ad imparare il mestiere tra fuoco, polvere e scintille. Era bravo come artigiano e ben presto si notò anche la sua abilità nel disegno e nel lavorare sculture in ferro. Il suo talento corse il pericolo di fermarsi durante la guerra mondiale, quando fu chiamato alle armi e mandato a lavorare nelle miniere sarde di Carbonia. Sembrava che il suo destino fosse quello di tanti giovani lucani nati in umili famiglie: lavoro duro e mal pagato. Libonati fu presto un emigrante e fece uno dei mestieri più duri, il minatore. Il suo estro sembrava dovesse essere sepolto in una miniera belga, ma qui la fiamma della passione per l’arte diventò tanto forte da dare energie quasi sovraumane al giovane Francesco: il futuro Michelangelo dei minatori di notte lavorava nella miniera ‘L’Esperance’, nel Borinage,poi finito il turno percorreva sei chilometri a piedi per andare a scuola ad imparare l’arte del disegno presso la Reale Accademia di Belle Arti di Mons”.
A parere di Mollica“la vita e la storia del maestro Libonati sono un esempio per tutti i lucani ed in particolare per le nuove generazioni, alle quali è direttamente rivolto il suo messaggio: la passione e la dedizione allo studio sono essenziali per poter concretizzare le proprie aspirazioni. Pur lavorando a 800 metri nel sottosuolo riuscì a prendere il diploma a pieni voti. Aveva del miracoloso quello che il fabbro lucano era riuscito a compiere e la notizia si diffuse anche tra i minatori. Il direttore dell’Istituto minerario della provincia di Mons, Paul Culot, gli commissionò un primo busto, cui fece seguito quello del presidente dei deputati della Regione dello Hainaut, Richard Stievenart. Francesco divenne così in breve tempo il simbolo degli emigrati italiani nelle miniere del Belgio. Ma non lasciò la miniera; di notte scavava e di giorno scolpiva. Poi ebbe l’idea scolpire di la dura vita delle viscere e acquistò un blocco di pietra di quattro tonnellate,dal quale fece uscire una opera d’arte di due metri e sessanta, il simbolo del minatore tenace nel suo lavoro e nella sua energia; lavoro umile ma degno di rispetto. Libonati chiamò il‘Minatore di tutti i Paesi’la sua opera, che venne inaugurata a Quaregnon nel 1954 alla presenza di ben sei ministri del governo belga di allora. Divenne un simbolo per tutti gli italiani del Belgio. Anche il già campione mondiale dei pesi massimi Primo Carnera, un altro emigrante e simbolo per gli italiani di tutto il mondo, durante una tourneè mondiale decise di andare ad ammirare ‘Il minatore di tutti i Paesi’ deponendovi assieme a Libonati una corona di fiori a ricordo di tutti gli sfortunati minatori vittime del lavoro. Libonati in seguito scolpì da un blocco di pietra di 11 tonnellate il ‘Lavoratore Universale’, scultura che fu inaugurata il 16 ottobre 1962 dall’ambasciatore d’Italia. Il giorno successivo venne presentata al re Baldovino. Nel 1958 Libonati fu invitato dal console Camillo Giuriati a rappresentare l’Italia all’Esposizione universale di Bruxelles con il trittico scultoreo ‘La concentrazione’. Libonati poi ritornò in Italia ad insegnare prima all’Istituto statale d’arte di Potenza e successivamente nelle Accademie di Belle Arti di Frosinone, L’Aquila e Roma e si affermò come artista.Il critico Duccio Trombadori ha scritto di lui :’Robusto come Michelangelo, conciso come Desiderio da Settignano, puro come Brancusi e visionario come Fontana, egli sogna e fa sognare ad occhi aperti’”.