Si è spenta all’età di 85 anni Marisa Antonucci, fotografa originaria di Spongano, provincia di Lecce e materana d’adozione.
I funerali si terranno venerdì 15 luglio 2022 alle ore 9,30 nella chiesa di San Francesco da Paola in via XX Settembre a Matera.
All’età di 25 anni Marisa Antonucci si è trasferita nella città di Matera e ha sposato il fotografo materano Rosario Genovese, scomparso nel 1987.
Memorabili gli scatti di Marisa Antonucci sui set cinematografici che hanno svelato Matera al mondo già a partire dagli anni Sessanta.
Marisa Antonucci è considerata una pioniera della fotografia nella città di Matera e punto di riferimento per la carta stampata quando non c’erano le macchine digitali.
Marisa Antonucci e Rosario Genovese sono stati tra i primi a sviluppare le foto a Matera per poi inviarle alla redazione di Bari de “La Gazzetta del Mezzogiorno” dove venivano stampate sulle pagine di cronaca del giornale.
Marisa Antonucci è stata una donna molto amata dai materani per il suo carattere affabile e la sua generosità, lavorando senza sosta fino a quando la salute le ha consentito di continuare l’attività nel solco di suo marito e compagno di viaggio di una vita, Rosario Genovese.
Marisa Antonucci è la mamma di Antonio Genovese, figlio d’arte che ha ereditato dai genitori la passione per la fotografia e ne ha fatto una professione che prosegue ancora oggi con l’attività privata e numerose testate giornalistiche nazionali.
Ad Antonio Genovese le condoglianze della redazione di SassiLive e del direttore responsabile Michele Capolupo
Vincenzo Viti: “Con Marisa Genovese se ne va un mondo silenzioso e antico”
“Dobbiamo decidere. È arrivato il momento di pubblicare qualche frammento di un’attività lunga milioni di pellicole. Dice che ora quelle immagini possono varcare la soglia dello studio. Un lavoro enorme iniziato in via Ascanio Persio, poi continuato in via Roma e, ormai da qualche anno, trasferito in via Lucana. Inizia a tirare fuori buste, scatole e scatolette contenenti negativi che solo lei riesce a riconoscere, al volo. Delicate prove materiali di un’esistenza dura, non sempre prodiga di soddisfazioni, largamente trascorsa in camera oscura, dove non temeva rivali. Ho iniziato a stampare e a sviluppare quando avevo appena 7 anni – ricorda con un velo di nostalgia – adesso sono nonna e continuo a fare lo stesso lavoro di sempre. È una parte di me, non potrei mai farne a meno. Ho imparato da mio padre, Antonio Antonucci, fotografo noto in tutto il Salento…”. E non ha mai smesso – aggiungo a quella mia intervista -. Avanti fino a 85 anni, quando, in punta di piedi, in una serena notte di luna piena, hai deciso per un nuovo viaggio. Sono certo della direzione, per riprendere a scattare fotografie insieme a Rosario, scomparso nel 1987.
Evoco commosso ricordi personali, insieme, di oggi e di qualche anno fa. Del 2008 sono gli appunti rubati durante una selezione di foto poi pubblicate nel volume “Rosario Genovese – Fotografo”. Un’esperienza esaltante. Tra le tante immagini a disposizione, ne proposi una nuova, inedita, dal significato e valore emblematico. Si tratta di un sommesso inno iconico elevato all’onore degli stampatori, in quel frangente particolare volutamente dedicato alla prima donna fotografa professionista di Matera. Le mani in movimento di Marisa immerse nei solventi, tra bacinelle e mollette, immortalate in un istante preciso, nel momento in cui dava corpo allo sviluppo di una fotografia, rappresentano il senso di un generoso lascito. In quel gesto, volutamente sfocato, per la ragione sostanziale di restituire il senso dinamico del movimento. È il sunto di un impegno ultradecennale dedicato alla città, ai suoi eventi, ai suoi volti, ai momenti emozionanti, belli e tragici di una comunità raccontata magistralmente, con la luce. Un archivio della memoria tra i più ricchi e depositario di una narrazione unica nel suo genere, per la ragione che alla fine degli anni cinquanta non è che fossero attivi chissà quanti studi fotografici a Matera. Tanto più che questo nobile mestiere è radicalmente cambiato, rispetto a quando esistevano i rollini da 24 pose e le macchine erano tutte e solamente manuali.
Possiamo dire che oggi è giusto ed è doveroso riconoscere e celebrare una preziosa testimonianza, un patrimonio che abbiamo perso, come città e come lucani. Impossibile per chi l’ha conosciuta non cedere alle emozioni, presi da un turbinio di ricordi, finanche salaci fatterelli, aneddoti, inevitabili in un lavoro di gruppo come quello che richiede una redazione. A livello personale, è normale, prevale la spinta soggettiva, quella di una simpatia contagiosa. Non è scontato trovare le parole giuste. Ma lo devo dire, come collega sono onorato di averti conosciuto e apprezzato: Marisa, non ti dimenticherò mai. Come potrei, dopo tanti anni di lavoro insieme. Il tuo ottimismo, la forza di volontà, l’arguta ironia, il buonumore erano insostituibili vitamine per tutta la redazione della Gazzetta. La tua proverbiale saggezza brillava di luce propria, era un faro, un punto di riferimento non solo per la professione, ma soprattutto per l’umanità che riuscivi a infondere con slancio naturale, specialmente nei più giovani tra di noi.
Con il tuo esempio ci hai insegnato ad essere tenaci, ad avere sempre fiducia nei nostri mezzi, a rafforzare il carattere, a non arrenderci e a non avere paura, a osare. Le tue fotografie, poi, erano bellissime. “Pasquale, avanti devi guardare… e tieni ben aperti gli occhi”, me lo hai ripetuto chissà quante volte. Grazie, per tutti i buoni consigli con quell’accento salentino che non hai mai perso e che ci ha dato la sveglia ogni giorno per tanti anni, anche di notte quando occorreva, non ti stancavi mai.
Ciao Marisa, un abbraccio, ovunque tu sia. Il ricordo continuerà a vivere nelle immagini che ci hai donato, come dicevi bene tu, quelle catturate nel posto giusto al momento giusto.