Dopo aver appreso che il provvedimento legato alla soppressione delle Province non toccherà il territorio della Provincia di Matera grazie all’inserimento del criterio legato alla superficie (anche in questo caso è stato decisivo l’intervento della Lega Nord per salvare alcune province del Nord, in particolare Sondrio) il presidente della Provincia di Matera Franco Stella interviene sulle previste soppressioni delle Province per un’analisi della situazione politico-amministrativa
“Questo è il momento di dimostrare impegno e determinazione a perseguire obiettivi importanti per lo sviluppo del territorio.” Questa, in sintesi, la risposta del presidente della Provincia di Matera, Franco Stella, all’ennesima paventata ipotesi di soppressione delle Province.
“La questione degli sprechi, una vera e propria piaga che ha minato la credibilità del pubblico per troppo tempo, – ha sottolineato il presidente Stella – non è un problema da sottovalutare, oggi più che mai diventa indispensabile individuare le voci di spesa inutili o eccessive da tagliare ma, allo stesso tempo, diventa altrettanto improrogabile la necessità di razionalizzare l’intera gestione amministrativa.
Una ottimizzazione che serve al Paese per sopravvivere e per dare il via a un nuovo inizio. In questo scenario, che non può che essere propositivo, l’abolizione delle Province si configura, almeno secondo il Governo, come una possibilità effettiva di risparmiare. Per quanto mi riguarda non credo che il rapporto costi-benefici possa realmente contribuire a soddisfare le richieste dell’Europa e a migliorare i servizi per i cittadini. Quando individui una soluzione, che stravolge un ordinamento costituzionale (la disciplina delle Province è contenuta nel titolo V della parte II della Costituzione – artt. 114 ss.) devi essere certo che le conseguenze non producano una involuzione piuttosto che una evoluzione. Sarebbe qualunquistico, e demagogico, limitarsi all’equazione: meno rappresentanti politici, meno soldi dunque più giustizia sociale.”
“Atteso che questa Provincia non soddisfa entrambi i criteri per essere soppressa, rientriamo per il numero di abitanti ma non per l’estensione della superficie, diventa importante anche la considerazione che, venendo meno la Provincia di Matera, la Basilicata diventerebbe una Regione che coincide con l’unica Provincia che rimarrebbe.
In generale propendo di più – ha proseguito il presidente dell’Ente di via Ridola – per un approccio complesso che per il ragionamento con l’accetta. Riorganizziamo la gestione degli enti, rivediamo le deleghe e attuiamo un Piano di prospettiva che consideri tagli ma anche investimenti. La complessità spaventa certo, ma rispetta il principio delle differenze contenute nella molteplicità dell’esistente.
La nostra Amministrazione sta facendo proprio questo e dopo due anni di grandi sacrifici siamo riusciti a tagliare costi per diverse centinaia di migliaia di euro, pianificando, allo stesso tempo, iniziative che favoriscano la crescita. Non siamo preoccupati che ci possano abolire, il personale, cuore e gambe di questa Provincia, sarebbe comunque tutelato, ma che da questa abolizione possano sorgere nuovi è più gravi problemi. In definitiva, come in tutti gli ambiti non sono gli strumenti a essere sbagliati in sé, ma l’utilizzo che se ne fa. L’uso distorto, a lungo andare, degenera e promuove convinzioni errate, i ben noti pregiudizi. Noi non crediamo utile, ed è l’utilità l’alveo del ragionamento che ci deve appassionare non altro, un provvedimento simile, piuttosto, continuando a lavorare, proseguiamo sulla strada del rigore e della trasparenza offrendo alle persone i servizi per cui le Province sono state create.”
Vincenzo Santochirico, Consigliere regionale interviene sul dibattito legato ai tagli imposti dal Governo nella manovra di Ferragosto
Conti e democrazia: un nuovo algoritmo
Il sospiro di sollievo per l’esclusione di Matera dalla black list delle provincie da sopprimere non esclude, ma anzi aggrava il dissenso verso il pressapochismo di un governo off limits.
Sul mantenimento delle Province si può convenire o meno, ma per ragioni che attengono all’articolazione della rete democratica e di governo non per ragioni di spesa. Fissato il tetto di spesa sostenibile, per equilibri interni di bilancio o vincoli internazionali, decidere se concentrare le risorse su rappresentanze e strutture centralizzate o decentrate ovvero quale mix e bilanciamento creare fra le une e le altre, è decisone che si fonda sulla concezione che si ha dello Stato e del sistema pubblico, non sulle alchimie finanziarie.
Non a caso, per esempio, Formigoni ha lamentato che questa e’ la terza manovra in 12 mesi, e l’ultima ha scaricato già un peso abnorme sulle Regioni: il peso di quella di luglio 2011 e’ del 50 % sulle Regioni che pesano solo per il 16 % sulla spesa totale.
Invece, approfittando della notte della politica vengono accomunati e omologati nell’indistinzione dell’oscurità privilegi di casta e istituti di democrazia.
C’e’ chi, a destra come a sinistra, dopo gli ulteriori tagli decretati a regioni e comuni, recita il Requiem per il federalismo, che da più’ di quindici anni e’ stato il tormentone del dibattito pubblico.
D’altronde, la declinazione in chiave economicistica delle scelte istituzionali e’ una tentazione ricorrente nella decisione pubblica di questo tempo e fu una delle ragioni che ci contrappose decisamente al Presidente De Filippo, in ambito regionale, al procurato e praticato aborto delle Comunità Locali.
E’ evidente il rischio che dalla crisi si tenti di uscire aggravando le ingiustizie sociali, approfondendo i divari, riducendo la democrazia e sacrificando i diritti.
Per toccare solo incidentalmente un diverso aspetto della manovra economica, limitare i diritti del mondo del lavoro o scegliere di gravare di un contributo straordinario il reddito del ceto medio anziché tassare, anche eccezionalmente, i patrimoni e applicare un ulteriore prelievo sui capitali rimpatriati con lo scudo fiscale, non e’ socialmente (e neanche politicamente) indifferente e neutro.
Ma, torniamo al tema della relazione fra crisi e istituzioni, che si dovrebbe ampliare integrandolo con quello del rilancio del progresso sociale (così ridefinerei il profilo che oggi più ambiguamente e riduttivamente viene comunemente chiamato “crescita”).
La vera sfida che sta di fronte a chi oggi é classe dirigente é come – nei nuovi limiti della finanza pubblica, che per brevità possiamo dire di parità di bilancio – vengono riequilibrati e riorganizzati, da un canto, i livelli e gli organismi di partecipazione democratica, dall’altro, gli strumenti operativi dell’intervento pubblico nei diversi campi (da quelli economici a quelli culturali, passando attraverso il welfare, per indicare solo i principali).
A livello regionale, proseguendo un percorso avviato da tempo, ma mutevole nell’ispirazione e incerto nell’applicazione, bisognerà accelerare le riforme, avendo a cuore molto più’ l’attenzione per la funzione e la appropriatezza riguardo alla missione (che deve essere chiara) che per gli organi di direzione.
Per fare qualche esempio, anche in considerazione del dibattito pubblico di questi giorni, i Consorzi industriali, recentemente riformati, diventano carrozzoni se non gestiscono servizi e politiche di promozione e sostegno al sistema delle imprese. E’ legittimo però il dubbio sulla loro utilità se le politiche formative verso le imprese le fanno il Dipartimento e le Agenzie, il sostegno resta di competenza del Dipartimento e dell’indefinita Sviluppo Basilicata, la promozione e l’innovazione sono di pertinenza dell’eterea Basilicata Innovazione.
Cosi come – ci chiediamo – ha senso chiedere le Unioni dei Comuni e criticare il Fondo di coesione dopo aver affossato le Comunità locali? E ancora ci si potrebbe chiedere l’APT cosa fa, come si raccorda alla gestione dei Piot, e si evita che (non senza improvvisazione) si occupi di cose di cui confessa pubblicamente l’incompetenza (Film Commission).
Sono solo esempi, che danno idea del lavoro che si può e si deve fare e che peraltro non necessariamente intersecano l’ormai prossimo avvio del confronto sullo Statuto regionale.
Insomma, come a livello nazionale non si può calare un’indiscriminata scure sul sistema istituzionale per ragioni economiche, ma occorre fare scelte organiche sul sistema democratico, fermo restando l’obiettivo di salvare i conti, nello stesso modo, e con più’ rapidità e incisività, dobbiamo operare in Basilicata.
La rotta è difficile dovendo superare lo stretto fra Scilla, costituita da un sorta di ricetta maltusiana, che ha come oggetto la democrazia anziché la demografia, e Cariddi, data dalla tentazione del ceto politico di emulare Urano, che per autopreservarsi sacrifica i suoi figli.
Salutando positivamente, per quanto detto, la salvezza della Provincia di Matera, non adagiamoci in frasi retoriche, evitiamo dispute campanilistiche (anche se l’aspetto delle dimensioni territoriali degli enti, comprese le provincie, ha un suo rilievo), ma soprattutto ragioniamo e decidiamo di come il sistema pubblico serva meglio le esigenze della collettività, elaborando un nuovo algoritmo che ottimizzi la ricchezza della democrazia e dell’economia con il rigore della finanza pubblica.
Vincenzo Santochirico, Consigliere regionale