Quali prospettive di sviluppo per la città di Matera in vista dell’appuntamento del 2019, quando la città dei Sassi sarà capitale europea della cultura? Ecco alcune riflessioni del cittadino materano Valentino Blasone.
“La bella addormentata, il principe azzurro, gli annunci del Sindaco e il Sindaco degli annunci”.
Durante la settimana appena trascorsa, nel mentre una inchiesta de La Repubblica descriveva la città come la bella addormentata, l’open design school, uno dei programmi di punta del famoso dossier di Matera capitale europea della cultura, illustrava i primi risultati della sua attività.
Era peraltro di qualche giorno prima un nuovo comunicato del Sindaco nel quale si elencavano una serie di auspicabili e mirabolanti interventi di ridisegno della città intera.
Infine la nota del caro amico architetto Tonio Acito che, nel commentare i lavori dell’open design school, descriveva una palpabile energia che ormai sembra sprigionarsi a più livelli per la città.
La sua speranza è che grazie a questa neonata e rinvigorita energia, il principe non tardi ad arrivare e col suo casto bacio risvegli la futura principessa che giace ora rapita da un sonno a dir poco profondo.
Non posso a questo punto non far presente (chi ha competenze manageriali questo processo lo conosce bene) che se si continua ad operare senza un disegno strategico coordinato e completo, se non si basa su una reale cognizione delle competenze e risorse necessarie per far fronte a tale disegno, se infine non si pensa e si definisca un puntuale piano d’azione (che vuol dire in altri termini, chi fa cosa e in quali tempi) il tutto rimarrà una narrazione fiabesca e una pressoché liturgica attività di nuovi comunicati stampa.
Il managing complex change (è questo quello che bisognerebbe fare se si vuol cambiare, in meglio, la nostra città) richiede infatti visione, scelta dei progetti fattibili (per competenze e risorse), definizione delle attività e delle responsabilità.
Per rimanere allo spirito diffuso della nostra candidatura a capitale europea, non si può non considerare che il primo passo, quello della costruzione e definizione della visione che si ha del futuro della città, sia frutto non tanto di una illuminazione celestiale di uno o di pochi (seppur democraticamente eletti dal voto degli aventi diritto), ma quanto piuttosto il risultato ad esempio di singole conferenze programmatiche pubbliche, sui diversi aspetti oggetto d’esame:
dal piano del traffico e nuova mobilità e dell’estensione delle zone ad uso pedonale, al progetto di rigenerazione del quartiere Piccianello (incluso l’area dello stadio), ai contenitori culturali (in primis il teatro Duni), al centro storico e ai Sassi, all’inclusione dei quartieri nella vita della città con un programma di delocalizzazione delle funzioni dal centro congestionato alle aree limitrofe, alla gestione del ciclo dei rifiuti e alla raccolta differenziata, al controllo dei livelli di inquinamento cittadini, al sistema dei parchi e al verde pubblico, all’università, al centro di ricerca di geodesia, alle scuole, al tessuto economico e delle imprese, all’inclusione sociale degli ultimi l’integrazione degli immigrati.
I risultati di queste conferenze di programma aperte al contributo fattivo delle intelligenze presenti in città e non solo, andrebbero poi racchiusi in una visione unica e coordinata che sia finalizzata al cambiamento in meglio della nostra città della comunità intera.
Si capisce bene che tutto questo non può essere finalizzato al 2019. Sia perché i tempi non ci sono, sia soprattutto perché è altresì chiaro che la vita della città non può essere focalizzata solo ed esclusivamente sull’evento del 2019.
Stiamo infatti parlando di interventi che riguarderanno i prossimi 20, 30 anni della nostra città.
Sarebbe il caso che il Sindaco, a cui auguro buon compleanno, esca dalla mera logica degli annunci e si adoperi a completare una visione organica del futuro della città includendo in questa definizione progettuale le forze e le energie presenti nella nostra comunità e non solo.
Se vogliamo essere la favola del Sud che è divenuta realtà, dobbiamo avere la capacità di uscire da una logica giornaliera e di “vicinato” della gestione della nostra città e porre finalmente le basi per un futuro diverso e migliore.
L’auspicio è che si finisca di considerare il 2019 così come i predicatori dell’apocalisse facevano con l’anno 1000. “1000 e non più 1000” dicevano, annunciando l’ormai prossima fine del mondo.
Bene, la millenaria Matera ha il dovere di pensare ben oltre il 2019 che di fatto, anche nella favola, è già irrimediabilmente domani.
E del principe azzurro purtroppo non c’è traccia.
Valentino Blasone
Condivido. Solo che con un “bacio”, come i bambini, continuerebbero a dormire. Per svegliarli dal letargo, ormai anche fuori stagione, servirebbero delle “sberle” così forti da tenerli svegli e con il ronzio nelle orecchie per almeno sei mesi.
nino silecchia