Questa mattina, una delegazione composta dai parlamentari Rachele Scarpa (PD), Franco Mari (AVS), Arnaldo Lomuti (M5S), dai consiglieri regionali Alessia Araneo (M5S), Viviana Verri (M5S), Piero Lacorazza (PD) e Antonio Bochicchio (AVS-PSI), accompagnati da avvocati, mediatori, medici, infermieri e operatori principalmente di ARCI e CGIL, ha effettuato una visita ispettiva al Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) di Palazzo San Gervasio. La delegazione è intervenuta in rappresentanza delle organizzazioni del Tavolo Asilo e Immigrazione unitamente a esponenti e dirigenti di PD (il segretario regionale Giovanni Lettieri), M5S (il coordinatore regionale Arnaldo Lomuti) e AVS (Michele Frascolla e Donato Lettieri). L’ispezione ha messo in
luce una situazione di grave degrado e una gestione problematica del centro, elementi che non possono più essere ignorati. Come la presenza di gravi vulnerabilità, di minorenni al momento dell’ingresso e di sempre più persone che – all’improvviso – vengono rinchiuse in cella dopo aver lavorato in Italia per anni. Decisioni che sembrano partire dalla discrezionalità del momento, senza una corretta analisi. Privazione di libertà che appare in questi casi oltremodo ingiustificata e con una privazione della dignità umana in questi non luoghi.
I CPR, affidati a gestori privati su mandato delle Prefetture, sono da tempo al centro di numerose inchieste e denunce riguardanti le condizioni disumane e degradanti in cui vengono trattenute le persone. I visitatori non hanno avuto la possibilità concreta di verificare con puntualità molte delle criticità e irregolarità già segnalate in altri CPR e tuttavia hanno avuto di certo la possibilità di verificare che Il caldo torrido accentua una condizione già estremamente precaria, difficile e inumana. Sì segnala, inoltre, che è stato impedito all’onorevole Rachele Scarpa l’accesso e l’acquisizione di alcuni documenti con ciò stesso limitando le sue prerogative istituzionali. Il CPR di Palazzo San Gervasio, già considerato dal Procuratore come non conforme agli standard di salute e sicurezza, è stato oggetto – nel corso degli anni e da quel che è dato apprendere dalle notizie apparse sulla stampa- di numerose indagini per reati quali maltrattamenti, frode nelle forniture pubbliche, truffa ai danni dello Stato e corruzione.
Nati con l’intento di trattenere temporaneamente gli stranieri irregolari in attesa di rimpatrio, i CPR hanno finito per rappresentare strumenti di politiche securitarie e discriminatorie e con il diventare meri strumenti di propaganda.
Sono attualmente operativi 8 CPR, dove si stima che circa 550 persone possano essere detenute fino a 18 mesi. Questi centri, che rappresentato un fallimento delle stesse politiche securitarie da parte di chi per queste ragioni li ha concepiti, negano i diritti fondamentali e la dignità umana, costituiscono delle vere e proprie aberrazioni giuridiche e sociali. È chiaro che il sistema dei CPR sia irriformabile e che l’unica soluzione possibile sia la loro chiusura immediata. Chiusura che – ribadiamo – si rende ormai indifferibile e urgente, atteso che i CPR rappresentano un fallimento di chi non ha una visione che contempli l’esser parte del Mediterraneo e allo stesso tempo è incapace di mettere mano ad una riforma di sistema in grado costruire accordi internazionali e politiche di cooperazione e sviluppo invece che di ottusa e miope esternalizzazione dei confini. La visita odierna sottolinea l’urgenza di chiudere tutti i CPR. Non si può più consentire che la cattiva gestione di queste strutture distolga l’attenzione dal problema centrale: la criminalizzazione della condizione umana. La presenza irregolare sul territorio è una questione amministrativa, non un reato, e non può essere trattata come tale. La chiusura dei CPR deve essere una priorità assoluta e non ulteriormente rimandabile. E quindi la chiusura del CPR è un modo per rendere il re nudo e misurare il fallimento delle politiche, anzi di annunci e propaganda, della destra italiana.